Testo introduttivo e intervista di Giovanni Agnoloni
(la versione in lingua spagnola dell’intervista è disponibile qui)
Amir Valle, nato a Cuba nel 1967, è un autore di fama internazionale. Fondatore e direttore di Otrolunes, rivista di cultura ispano-americana e autore di noir che hanno avuto gran successo in America Latina, Spagna e Germania, oggi ci parla della sua attività di scrittore e di giornalista.
- Qual è oggi il senso di una rivista culturale che si propone come una finestra aperta sul mondo culturale latinoamericano?
Nel 2006, quando proposi allo scrittore cubano Ladislao Aguado l’idea di una rivista, ci trovammo d’accordo su un punto: su internet c’erano molte riviste letterarie. Per questo decidemmo che la nostra doveva essere diversa. Così nacque il progetto di realizzarne una in cui gli scrittori riflettessero sulle realtà culturali e politiche dei loro paesi e, più che la risonanza delle loro opere, la cosa importante era che fossero loro, con la loro voce, a parlare dei mondi culturali da cui provenivano. Quest’idea di obbligare lo scrittore a portare alla luce l’intellettuale che molti nascondono dietro le proprie opere è ciò che differenzia OtroLunes da altre riviste. E’ chiaro, conta anche la scelta di ciò che pubblichiamo; infatti possiamo vantare di avere già, tra i nostri autori, la maggior parte dei più prestigiosi scrittori latinoamericani degli ultimi quarant’anni. Credo che a questi due aspetti si debba il prestigio che oggi questa rivista ha in ambito accademico, intellettuale e culturale, in America Latina, negli Stati Uniti e in vari paesi europei, dove OtroLunes è considerata un riferimento imprescindibile per chi studia la letteratura in lingua spagnola.
– In che modo la tua attività e ispirazione di autore si intrecciano con la funzione di direttore di una rivista culturale?
Ho sempre detto che non posso separare la mia identità di giornalista da quella di scrittore. Quando vivevo a Cuba, tentai di realizzare delle mie pubblicazioni, per concretizzare un sogno: avere uno spazio personale, dove letteratura e giornalismo convivessero in armonia. Fu così che raggiunsi il risultato di pubblicare, nel mio paese, trenta numeri di Letras, una piccola rivista d’informazione letteraria che, appunto, arrivò ad avere 30 numeri su internet, quando ancora a Cuba non esistevano riviste letterarie. La censura finì per imporsi, perché a Cuba è legge che tutte le pubblicazioni siano patrocinate e controllate dallo Stato, e la mia rivista era libera; quando però mi censurarono Letras a Cuba, cercai di realizzare un nuovo servizio informativo che chiamai A título personal e del quale riuscii a produrre soltanto due numeri, perché mi bloccarono la casella di posta elettronica dalla quale inviavo “pillole” d’informazione. Perciò, dopo il mio arrivo in Germania, decisi di portare a compimento il mio nuovo sogno, che è OtroLunes: un sogno che si rinnova ogni due mesi, grazie al sostegno di centinaia di amici scrittori, tutti di primissimo piano e di prestigio internazionale, che hanno avuto fiducia in me e con i quali porto avanti la rivista.
– Qual è lo stato di vitalità della letteratura in lingua spagnola in America Latina, e quali sono le differenze principali tra questa e quella iberica, oggi?
Ormai sono passati più di cinquant’anni anni, da quando l’Europa e il mondo scoprirono quello che è stato definito il “boom della letteratura latinoamericana”; da allora la letteratura in lingua spagnola vive una stagione di incredibile fioritura. Ogni anno, in ogni paese latinoamericano, emergono nuovi scrittori che danno un rilevantissimo contributo alla letteratura del loro paese, dell’America Latina e della lingua spagnola in genere. Purtroppo, la maggior parte di questi grandi autori non accede al mercato librario internazionale, perché le grandi case editrici tendono a non correre rischi con nuovi nomi, e negli ultimi anni si sono buttati su tanta spazzatura di mediocre livello per “decerebrati”. Per darti un’idea: solo di autori cubani, ogni anno si pubblicano più di 1200 titoli, nell’isola e fuori, e nonostante tutti i problemi economici e culturali della regione, l’America Latina oggi è una delle aree geografiche dove si pubblicano più libri, a livello mondiale.
E ce ne vorrebbero diversi, di libri, per parlarti di questa letteratura e dei vincoli e delle differenze che presenta rispetto a quella che si scrive in Spagna. Però, se dovessi menzionare un aspetto che possa accomunare tutte le letterature nazionali latinoamericane, ti direi che è la loro preoccupazione di riflettere il più crudamente possibile i gravi problemi delle nostre società. Così, si può dire che la letteratura latinoamericana di oggi si è trasformata nella cronista più fedele della realtà sociale di questa parte del mondo, forse per confrontarsi con quello che ormai, sfortunatamente, è un fatto: il giornalismo che oggi si fa nei nostri paesi risponde più agli interessi delle classi che dominano questi mezzi di stampa che alla verità che dovrebbero difendere. E la letteratura latinoamericana sta facendo emergere e difendendo le nostre dure verità.
In Spagna, mi duole dirlo, non è così e, anche se con qualche eccezione, la letteratura è diventata un mezzo “ludico”, che si rifà alla realtà solo quando le conviene. Per questo in Spagna si pubblica tanta letteratura di basso livello.
– Come traduttore (insieme a Marino Magliani) della raccolta di saggi su Roberto Bolaño Bolaño salvaje (Editorial Candaya), che sarà presto pubblicata in Italia dalla Casa Editrice Senzapatria, mi interesso molto a questo autore cileno. La sua lezione di internazionalismo e contaminazione culturale è sempre vitale, nel mondo di lingua spagnola? Esiste un nesso tra il suo spirito e quello della tua rivista?
Sì, Bolaño è presente; in primo luogo, perché due dei nostri collaboratori più stretti sono stati suoi amici personali, e in varie forme sono rimasti suoi “portavoce”, quando è morto: Santiago Gamboa ed Edmundo Paz Soldán [uno dei curatori, insieme a Gustavo Faverón Patriau, della ricordata opera Bolaño salvaje, N.d.T.]; inoltre, perché la rivista è fatta, quasi nella sua interezza, da autori che sono stati contemporanei e colleghi di Bolaño, e conoscono il suo spirito. Questo, senza dubbio, si è convertito in un’idea vitale alla base dell’atto stesso della scrittura. Lui era convinto che tutto potesse essere al tempo stesso oggetto di burla e di rispetto, e questo è certamente uno dei principi che guidano il lavoro su cui si fonda la nostra rivista.
– Le tue opere, e in particolare i romanzi della serie “El descenso a los infiernos”, hanno già avuto grande successo non solo in Spagna e in America Latina, ma anche in Germania. Il pubblico italiano ama molto i romanzi noir, e soprattutto quelli che offrono dettagli sociali e umani su mondi locali. Puoi dirci qualcosa di più sui tuoi romanzi, e – se non chiedo troppo – sul nuovo, che uscirà quest’autunno?
Quando scrissi il primo dei romanzi che ricordi non pensavo davvero che mi avrebbe permesso di essere conosciuto a livello internazionale. Fino a quel momento ero uno scrittore molto noto, ma soltanto a Cuba: lì avevo vinto quasi tutti i premi, pubblicavo con le migliori case editrici e lavoravo anche come sceneggiatore per l’unico importante spazio letterario presente nella televisione cubana. Tutti i romanzi della serie sono basati su fatti reali verificatisi nei quartieri di Centro Habana, vale a dire il cuore della capitale del paese. Il primo della serie, Las puertas de la noche, fu pubblicato in Spagna e selezionato come uno dei due romanzi di maggior impatto lì pubblicati nel corso di quell’anno. Il secondo, poi, Si Cristo te desnuda, ricevette numerose recensioni su tutti i giornali e le riviste culturali spagnoli, con un gran successo di critica; il terzo, Entre el miedo y las sombras, fu uno dei cinque finalisti al Premio Internacional Dashiell Hammett, che ogni anno viene conferito al miglior romanzo noir pubblicato in lingua spagnola; il quarto, Santuario de sombras, vinse il Premio Novelpol dei lettori spagnoli specializzati in romanzi noir, per il miglior romanzo pubblicato nel corso dell’anno; e il quinto, Largas noches con Flavia, ha vinto il Premio Internacional Ciudad de Carmona, uno dei tre premi più importanti del genere noir, in Spagna.
Questi romanzi, poi, sono stati tutti pubblicati in Germania, e adesso è in corso di realizzazione l’edizione tascabile dell’intera serie, e si sta parlando di pubblicare i primi due libri in Francia e negli Stati Uniti. Insomma, non posso lamentarmi.
Il mio prossimo romanzo si chiamerà Nunca dejes que te vean llorar. È una storia che ruota intorno a una coincidenza storica: il film Il grande dittatore, di Charles Chaplin, ha avuto una forte eco in tre momenti fondamentali della storia del XX secolo, e nella trama del romanzo si intrecciano, nelle tre occasioni ricordate, personaggi celebri come Ernesto Ché Guevara, Charles Chaplin e (in questo caso, sinistramente famosi) Adolf Hitler e Joseph Goebbels, oltre a una giovane neonazista, che è colei che racconta la storia: il tutto, basato su fatti assolutamente reali.
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Biografia di Amir Valle
(Cuba, 1967)
Scrittore, saggista, critico letterario e giornalista. È uno degli scrittori più noti della sua generazione, in America Latina. Amir Valle ha scritto più di venti libri, e le sue opere sono state tradotte in varie lingue. Anche anche ottenuto importanti premi letterari (per esempio, il suo libro Habana Babilonia ha ricevuto il Premio Internacional Rodolfo Walsh 2007, per la migliore opera di saggistica pubblicata in lingua spagnola). Elogiato, tra gli altri, da Mario Vargas Llosa, Gabriel García Márquez, Augusto Roa Bastos, Manuel Vázquez Montalbán e José Saramago, ha pubblicato varie opere, soprattutto romanzi noir. Ricordiamo in particolare Entre el miedo y las sombras (Spagna, 2003, Germania, 2007), Santuario de sombras (Spagna, 2006, Germania, 2008) e Largas noches con Flavia (Spagna, 2008), che formano la serie chiamata “El descenso a los infiernos”. Il suo nuovo romanzo sarà pubblicato nell’autunno del 2011.