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Il primo agosto 1894 nasceva a Borgo San Martino di Colle Umberto, in provincia di Treviso, Ottavio Bottecchia. Fin da ragazzo Ottavio partecipava a gare a premio e in una di queste vinse un orologio d’oro per essere arrivato primo. Arruolato allo scoppio della Grande Guerra, fece parte di un corpo speciale: gli “esploratori d’assalto”, equipaggiato di biciclette pieghevoli, dove si distinse per azioni che gli valsero la medaglia di bronzo al valor militare.
Teodoro Carnielli, proprietario di una piccola industria di biciclette e presidente dell’Associazione Sportiva di Vittorio Veneto, fu il primo a regalargli una bici da corsa; ed inviò il futuro campione ai dirigenti dell’Unione Sportiva di Pordenone, dove iniziò a mietere i primi successi.
L’undicesima edizione del Giro d’Italia fu vinta da Costante Girardengo, ma quinto in classifica generale, e, primo in quella degli isolati e degli juniores, c’era Ottavio Bottecchia. Il Giro quindi gli fruttò la consacrazione della stampa come “miglior uomo in gara”. Il quinto posto ottenuto da Ottavio Bottecchia all’11° Giro d’Italia, al suo terzo anno tra i professionisti, furono notate da Aldo Borella della casa francese Automoto che gli propose di entrare nella squadra e di correre il Tour de France al fianco deitemibili fratelli pélissier. Sin dalla prima tappa apparve chiaro che Ottavio Bottecchia fosse un fuoriclasse unico ed un grande campione: al termine della prima tappa, 381 km da Parigi a Le Havre, Ottavio tagliò il traguardo per secondo su oltre 200 partecipanti. I tifosi francesi l’hanno adottato, il suo nome è sulle bocche di tutti “Bottescià! Bottescià!“. Ma la vera sorpresa si rivelò la tappa successiva quando conquistò il primo posto e la prestigiosa maglia gialla. I giornalisti francesi non mancano di esaltare quotidianamente la rilevazione italiana. Il primo Tour deFrance del fuoriclasse italiano, che aveva conquistato il cuore ed il sostegno di tutti gli italiani, si concluse con un fantastico secondo posto alle spalle del capitano della propria squadra, Henri Pelissier.
Nel giugno del 1924, Bottecchia era in piena forma, pedalava senza alcuna fatica su qualsiasi pendenza, il fiato era perfetto, il morale altissimo. L’atleta rivelazione dell’edizione precedente sorprese tutti i partecipanti, tagliando il traguardo per primo sin dalla prima tappa, conquistando la tanto ambita maillot jaune. Quell’anno non ci fu gara né storia per alcuno: Bottecchia si mise lamaglia gialla alla prima tappa e non se lalevò fino a parigi, incoronandosi campionedavanti a Frantz ed instaurando il primato di esser stato il primo atleta ad indossare la maglia gialla del Tour dalla prima all’ultima tappa. Il 22 luglio la prima pagina della Gazzetta dello Sport titola a lettere cubitali: “Bottecchia vince trionfalmente il Giro di Francia e raggiunge la meta che da 20 anni i più forti routiers italiani perseguivano invano”.
Bottecchia non è solo il primo italiano a vincere la prestigiosa competizione francese, ma anche il primo corridore nella storia del Tour ad aver indossato la maglia gialla dalla prima all’ultima tappa. Non contento, dopo il trionfo assoluto del 1924, vinse il Tour de France anche l’anno successivo, nel 1925: al termine del ventesimo Tour de France, su 130 corridori solo 49 ritornano a Parc des Princes. In maglia gialla sin dalla prima tappa, Ottavio sale sul primo gradino del podio anche nella 6°, nella 7° e nella tappa conclusiva del Tour indossando la maillot dalla nona alla diciottesima tappa. Al traguardo di parigi, Ottavio arriva vincitore confermando il primo posto dell’anno precedente inclassifica generale, davanti a Lucien Buysse, staccato di 54’20”, ed a Bartolomeo Aimo (56’17”). L’accoglienza per Bottecchia è da trionfatore e lo sport italiano è sugli allori.
La carriera e la vita di Ottavio Bottecchia si spensero presto, il 15 giugno 1927 a Gemona del Friuli, in provincia di Udine, in un contesto sul quale aleggia ancora il mistero. Uno strano incidente, causato probabilmente da un malessere tutt’ora inspiegato, colpì il 33enne Ottavio mentre percorreva le familiari strade dove era solito allenarsi ed ancora oggi non si hanno certezze a riguardo. Quel che è certo è che quel giorno si spense un grande campione.
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