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Ousmane /Il catechista / On the road Tanzania

Creato il 18 aprile 2013 da Marianna06

 

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Eccoci giunti al villaggio, accompagnati da un adolescente volenteroso di Kigamboni,cui il parroco, che è il responsabile della missione locale, ci ha caldamente raccomandati, perché ci faccia da guida in un percorso  difficoltoso e assolutamente privo d’indicazioni.

Dopo parecchi chilometri di strada polverosa (è un “classico” sulle strade del Tanzania), tra ripetute curve e ampi fossati, il “nostro” cassonato Toyota, decisamente ansante per gli acciacchi dovuti al logorio dei troppi anni trascorsi a percorrere strade sterrate, finalmente ci scarica.

E siamo accolti da un nugolo di bambini festosi.

E’ un gradevole sabato di inizio aprile (fa caldo e siamo tutti sudati) e abbiamo convenuto, in precedenza, grazie al’uso del cellulare che, quando non fa i capricci, ci consente qualche volta anche qui di  poter comunicare da luogo a luogo, un incontro con Ousmane.

Ousmane è il catechista del villaggio. Una figura molto amabile, ci hanno detto. E particolarmente stimata dalla sua gente.

La fama della sua autorevolezza, infatti, nelle conversazioni dei nostri ospiti, è giunta fino  a Bunju e la voglia di conoscerlo da parte nostra è stata tale che non ci ha fatto mettere affatto in conto il disagio del viaggio.

Ousmane, che intuisce chi possiamo essere, ci viene dritto  incontro con passo sicuro.

E’ un bell’uomo, discretamente alto, dal portamento distinto.

E’ sorridente e ci accoglie proprio come fossimo amici da sempre.

C’invita, senza indugio, a usufruire della frescura della sua stanzetta,un locale attiguo alla cappella, dove egli svolge di solito i suoi uffici.

Gliene siamo grati, prendiamo fiato e cominciamo a sentirci a nostro agio.

Lui ci domanda subito da dove veniamo e giù che ha inizio una vivacissima conversazione a più voci, per raccontargli dell’Italia, di Roma, di Torino e delle nostre città d’arte.

Conversazione cui Ousmane pare particolarmente interessato.

Sbirciando intorno incuriositi dall’ambiente, scopriamo infatti,  per caso , su di uno scaffale e accanto ad una Bibbia dalla copertina nera,da cui fuoriescono alcuni segnalibro, una guida turistica di Roma,dalle pagine un po’ sciupate.

E pensiamo senza esitazione che lo sarà di certo per le eccesive consultazioni.

Ousmane ci confessa che amerebbe tanto visitare la città dei papi, andare almeno una volta in piazza San Pietro,entrare in basilica e che gli piacerebbe anche poter vedere di persona il Colosseo, di cui alla parete ha qualcosa  di simile a un piccolo poster leggermente scolorito dalla luce solare e dal tempo.

Ci rendiamo conto che probabilmente è affascinato dalla storia degli antichi romani, che lui identifica con l’Italia tutta.

Ma, dopo un’oretta di quest’excursus storico-artistico –turistico (ci chiede anche di piazza Navona e di fontana di Trevi, della leggenda metropolitana della “monetina”,del cibo e del vino generoso dei Castelli e naturalmente  non perde neanche una parola delle nostre), siamo noi a chiedere a lui.

E Ousmane ci racconta, con un pizzico di orgoglio, ma molto ben dissimulato, del suo lavoro nel villaggio natio, dove è stato scelto per  fare il catechista, perché stimato dalla gente per le sue doti umane.

E previa, naturalmente, approvazione del  parroco e del  vescovo, che lo hanno tenuto e lo tengono da sempre in buona considerazione.

E, ancora, ci dice della sua presenza  nei villaggi circostanti, che raggiunge periodicamente, quando   lì è richiesta la sua opera in supplenza dei missionari come, ad esempio,in certi giorni festivi,   per leggere e meditare la Parola di Dio. Oppure, il più delle volte, per fare catechismo a chi deve avvicinarsi per la prima voltai ai sacramenti e fare un cammino da catecumeno.

E  chiarisce che i suoi spostamenti li fa in sella ad una vecchia moto, che ha ereditato da un missionario amico, ritornato in Europa. E aggiunge che è il suo mezzo di trasporto preferito, cui non lesina né  riguardi, né manutenzione.

E poi  ancora ci parla di sua moglie,di Fatima,una donnina deliziosa,che più tardi conosceremo.

E dei suoi cinque figli,che ama più dei suoi stessi occhi.

E che visita tutte le volte che può, periodicamente, non appena gli impegni da catechista glielo consentono.

Si lamenta solo che il dover fare di continuo funerali come capita ( nella zona muoiono gli anziani ma anche,a suo dire, troppi giovani e  bambini ) e il dover raggiungere le differenti  cappelle del territorio, spesso molto distanti l’una dall’altra, lo stressa  parecchio.

E questo non gli consente,come vorrebbe, di curare lo studio delle Scritture, che è l’aspetto del suo lavoro che più l’appassiona.

E di cui non ci fa mistero.

Sto leggendo in questi giorni gli Atti degli Apostoli - ci precisa.

E un sorriso gli illumina il volto.

Trovo che sia affascinante come  leggere romanzo- aggiunge. Ma è chiaro – puntualizza subito- che non è un romanzo

E il tono della voce, nella correzione, si fa piuttosto serio.

Quello che è scritto-dice a sostegno del suo pensiero- è un’autentica prospettiva di vita.

E’ un cammino di speranza  per comunità che aspirano realmente alla pace e all’unità.

E, nella nostra Africa, Dio lo sa , se  ce n’è tanto bisogno.

Se fossi vissuto in quel tempo - precisa –dovete sapere che mi sarebbe piaciuto essere Stefano, il primo martire.

Quello che aveva capito bene che Dio non può essere imbrigliato in un solo luogo.

Proprio un po’ come pensiamo noi africani.

E,come credevano ,e  a giusta ragione, i nostri antenati.

Chiuso (si fa per dire) l’argomento, Ousmane ci invita ad uscire per un giro di visita al villaggio.

E  ci inoltriamo tra alberi maestosi, case e animali da cortile, che razzolano liberi.

Ogni tanto è anche possibile che qualche cane sonnacchioso,dinanzi ad un uscio di casa, spalanchi il suo occhio pigro per poi subito richiuderlo e continuare il  letargo.

Ci fermiamo presso alcune abitazioni modeste, di cui il catechista conosce bene gli abitanti.

E   incontriamo sopratutto donne, bambini ed anziani con cui scambiamo sorrisi e offriamo loro qualche caramella.

Caramelle che, con una certa lungimiranza, avevamo portato con noi,  proprio per i più piccini.

Ma che, in situazione,  pare vadano bene un po’ per tutti.

Gli uomini in età da lavoro non ci sono. Sono fuori. Lontano dal villaggio.

Faranno, forse. ritorno in serata. O l’indomani. O molto più avanti nel tempo.

Intanto Ousmane ci fa da traduttore dal swahili, una lingua che per noi è ancora difficile.

Sempre lungo il percorso incontriamo ancora tante altre persone.

Tutti coloro, ad esempio, che da sempre si rivolgono al catechista perché faccia da tramite con il missionario per battesimi , matrimoni e quant’altro riguardi i sacramenti.

E incontriamo anche la famiglia stessa del nostro catechista.

Dopo avere salutato con affetto la moglie Fatima, lui, Ousmane, ci parla subito dei figli.

E c’informa che i due maschi, i più grandi, frequentano già la scuola della missione.

E aggiunge,con legittimo orgoglio di padre, anche con buon profitto.

Come ogni buon genitore non bada ai sacrifici, che pure ci sono, e sogna semmai un avvenire  di successo per i propri figli.

Io non mi meraviglio. E non si meravigliano neanche gli altri che sono con me.

Mentre Ousmane parla, mi viene in mente il burkinabé Ki Zerbo, il grande storico dell’Africa nera, figlio di un catechista anch’egli.

Per meglio dire del primo catechista cattolico, in Burkina Faso,all’interno del suo villaggio e quando il paese cioè si chiamava ancora Alto Volta ed era una colonia.

E, allora, auguro, in cuor mio, tanta fortuna a questi  ragazzi anche se non li conosco.

Loro certamente riusciranno davvero ad arrivare in Italia e a visitare Roma. E non solo.

Il tempo intanto scorre rapido e non  fa credito a nessuno.

E’ giunta inevitabile, anche se un po’ ci dispiace, l’ora del commiato.

Bisogna fare ritorno a Kigamboni, pranzare in fretta qualche cosina,tanto per tacitare lo stomaco e avviarsi, poi, a prendere il traghetto.

E proseguire, infine,  per Bunju.

Il tragitto è lungo e le ombre della sera, le mascalzone, giungono sempre di sorpresa in terra d’Africa.

Così ,con una calorosa stretta di mano e un sorriso cordiale, salutiamo Ousmane e lo ringraziamo di tutto cuore per l’accoglienza.

E, tempo qualche minuto successivo, un colpo di piede sull’acceleratore da parte del nostro autista , per noi, di nuovo stipati nella cabina del Toyota, è già subito ripartenza.

 

   di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


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