Quando si parla di bioetica è essenziale avere chiaro il concetto di “piano inclinato”, ovvero il concetto per cui quando si apre una breccia sarà difficile impedire che si apra anche l’intera porta. Un passo tira l’altro, è automatico e obbligatorio. Per chi è scettico si consiglia di visionare quanto accade oggi nei Paesi Bassi.
Nel 2002 è stata legalizzata per i malati terminali che ne facevano richiesta, poi il Canadian Medical Association Journal (CMAJ) ha scoperto che un terzo delle soppressioni avveniva senza autorizzazione da parte del paziente. Nel St Pieters en Bloklands, un centro anziani di Amerfott, si è deliberatamente deciso di non rianimare i pazienti al di sopra di 70 anni, nel 2011 la Royal Dutch Medical Association (KNMG) ha rilasciato nuove linee guida, per cui si dovrebbero includere tra i beneficiari dell’eutanasia anche chi ha “disturbi mentali e psico-sociali” come “perdita di funzionalità, la solitudine e la perdita di autonomia“.
Da pochi mesi è attiva un’unità sanitarie mobili composte da medici e infermieri – tutti volontari – disposti a praticare l’eutanasia a domicilio, mentre il New York Times di qualche giorno fa ha informato che l’associazione Right to Die-NL, promotrice dell’eutanasia, non si accontenta e sta facendo pressione perché tutte le persone sopra i 70 anni, malati o no, possano richiederla. E’ un diritto non soffrire, fisicamente e moralmente, dicono i portavoce della “cultura della morte”.
Ovviamente il prossimo passo di questa corsa verso l’abisso sarà abbassare costantemente il limite di età.