La vignetta mostra la fine della Kirchensteuer ,cioè la tassa per la chiesa: il 90 per cento va per la chiesa stessa e solo il 10 per cento per scopi sociali
Il vecchio Bismarck, quello della Kulturkampf contro la chiesa cattolica, si rivolta nella tomba. Ma credo che anche il Cristo seppellito dai mercanti con tonache, zucchetti e tiare avrebbe qualcosa da dire: la conferenza episcopale tedesca ha infatti deciso di “scomunicare” chi decide di non pagare la salata tassa, (Kirchensteuer, e va dal 3 all’8 per cento del reddito) che in Germania viene applicata direttamente dagli uffici tributari qualora ci si dichiari aderenti a una delle religioni del Paese. E scomunicare è proprio il termine giusto, quello usato all’origine e poi attenuato nelle varie discussioni tra i vescovi e infine col Vaticano.
Di fatto chi dichiara di non voler pagare l’obolo, anche solo perché non ce la fa, verrà escluso dai sacramenti, salvo che in punto di morte. O – sempre furbetti – nel caso voglia sposarsi in chiesa, dietro solenne promessa di allevare cattolicamente i propri figli. Per noi è forse un po’ difficile comprendere tutto questo, ma la cosa deriva dal fatto che la Germania è divisa tra due religioni che si sono fatte una guerra spietata, quella cattolica, prevalente nel sud e quella protestante fortissima nel nord: la tassa venne introdotta alla fine dell’Ottocento come risarcimento per la nazionalizzazione dei beni ecclesiastici (che in Germania era smisurati, soprattutto da parte cattolica) al momento dell’unificazione forzata dalla laica Prussia.
Che si tratti di una sorta di anacronismo è fin troppo ovvio, ma in ogni caso, è del tutto evidente che ci troviamo di fronte ad una mutazione profonda della chiesa che si avvia ad essere sempre più un supermercato di indulgenze. La tesi dei vescovi è che chi fa parte della comunità cattolica deve appartenervi in tutto , anche nelle obbligazioni civili, che fede e relativo quattrino viaggiano insieme. Però è del tutto evidente che comportarsi come una specie di banca delle illusioni, negando i sacramenti se non si paga non è affatto un appello alla responsabilità, quanto piuttosto una completa marginalizzazione della fede, ormai ridotta ad accessorio marginale della contribuzione in solido. E se si fosse credenti, ma proprio non si avessero i soldi per pagare l’esoso obolo? O se invece non si credesse affatto, ma si frequentassero i sacramenti giusto per fare affari e affarucci con il clero che anche in Germania possiede molte attività economiche anche di carattere speculativo e persino peccaminoso?
Non c’è alcun dubbio sulle preferenze dei vescovi: ti vuoi confessare? Devi avere la ricevuta del fisco in mano visto che il tuo eventuale bisogno spirituale non conta nulla. E così pure per la comunione e le altre ritualità: ostie e documenti contabili in così amabile disordine che non si sa bene in quali avvenga la consustanziazione. Insomma un mercato in cui la fede individuale o l’adesione a costumi tradizionali, diventa solo un esca per incassare quattrini. Francamente credere che personaggi capaci di simili pensieri e azioni possano essere un qualsiasi ponte col divino o essere custodi di un qualche valore, è al di là o piuttosto al di sotto delle mie capacità di comprensione. Ma comunque sia, è chiaro che la chiesa in Germania, come altrove, ha scelto un nuovo Dio, il mercato onnipotente che è in terra, in cielo e in ogni luogo. Credo nel denaro suo unico figlio della stessa sostanza del padre… Amen.
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