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Pagato per ogni parola cancellata

Da Marcofre

pagato per ogni parola cancellata

Non sarai mai pagato a parola, come invece accadeva al buon Alexandre Dumas: e allora perché abbondare? Qualcuno ha scritto, e probabilmente anche detto, che per affrontare bene la scrittura bisognerebbe immaginare di essere pagati per ogni parola che si cancella. Non è meraviglioso? E a questo punto sono certo che qualcuno si gratterà la testa, e penserà che queste regole sono troppo ferree. Oppure che sono il frutto dei brutti tempi che viviamo. Concisione, concisione: ma ci manca il tempo che dobbiamo essere per forza concisi?

Hai un problema 

Tanto per cambiare la faccenda non è così semplice come appare. Non significa affatto che devi per forza creare frasi di 4 parole. E poi la letteratura è zeppa di esempi di autori che certe “regole” le hanno ignorate alla grande.
Diciamo allora che si tratta di linee guida? Ecco, così sono certo che sei più tranquillo/a. Però hai un problema…
Innanzitutto, c’è la scuola nel passato di ciascuno di noi; e spesso e volentieri ha premiato quei testi che per dire bene una cosa, hanno finito per dirla male allungando il brodo. Già, perché l’insegnante ama vedere (o almeno, ai miei tempi funzionava così) quei bei fogli protocollo pieni di scrittura fitta fitta.
Inoltre esiste (e resiste) l’idea che un argomento trattato in maniera concisa, sia trattato male. Insomma, le cose semplici (io direi: sobrie, così evitiamo malintesi) sono dimostrazione di scarsa competenza e sicura ignoranza. Per questa ragione si allunga il brodo.

Anna uscì di casa.

No, no, non va bene! È troppo poco! Qui ci vuole ben altro! Per esempio l’introspezione psicologica! E un antefatto scritto per bene!


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