Vi ricordo che gli album secondari sono quelli che mi hanno colpito di meno a livello personale e/o di cui non sono riuscito a fare una classifica delle tracce. La qualità non c'entra, e lo potete notare dai voti
Vi ricordo anche che confrontare album di generi diversi non ha senso. Evitate critiche stupide del tipo "hai dato un voto basso a Pincopanco, che fa musica complessa, e uno alto a Pancopinco, che fa musica easy: sei un ignorante!".
Promossi (da 66 a 100)
- Alcest - Les Voyages De L’Âme (Post-metal, Post-rock, Shoegaze, Atmospheric black metal con influenze Folk) = 78/100Album di altissimo livello, ma inferiore ai due precedenti. Le atmosfere oniriche deliziano l'ascoltatore, ma non riesco a stupire. Alcest, cari, non è che vi siete arenati sulla spiaggia dei cliché da voi stessi creati? Per fortuna Neige se n'è accorto, e quindi per il futuro possiamo aspettarci qualcosa di diverso. Insomma, "Les Voyages De L’Âme" è il canto del cigno di un genere sognante rimasto intrappolato nei suoi stessi sogni.
- AmbraMarie - 3anni2mesi7giorni (Rock) = 70/100
- Blutmond - The Revolution Is Dead! (Avantgarde metal) = 77/100
- Emilie Autumn - Fight Like A Girl (Dark cabaret, Electro-industrial con influenze Sinfoniche/Neoclassiche, Darkwave e Synth pop) = 76/100
- Mika - The Origin of Love (Pop, Synth pop, Dance pop, Pop rock, Power pop) = 66/100
- My Dying Bride - A Map Of All Our Failures (Doom metal) = 70/100
Quest'album è bello, ma puzza di già sentito. - P!nk - The Truth About Love (Pop rock, Synth pop, R'n'B, Dance rock) = 78/100
P!nk è un'artista eclettica che, nel corso della sua carriera, è passata da un'influenza all'altra senza mai perdere di vista la propria personalità musicale. Stavolta, però, il meccanismo si è inceppato e ha iniziato a ripetere soluzioni già usate. Questo è uno dei difetti di "The Truth Abou Love": è prevedibile, sia all'interno delle singole canzoni che considerando la struttura generale dell'album. È sempre la solita solfa, sempre la solita minestrina riscaldata, ma in una versione addolcita. P!nk, tesoro, ma l'originalità l'hai lasciata a casa? Gli altri tre difetti sono legati rispettivamente al singolo di lancio, alla mancanza di una ballad davvero memorabile e alla scelta delle tracce della versione standard. Ma andiamo con ordine. Difetto numero 1: il singolo di lancio. "Blow Me (One Last Kiss)" è una delle canzoni più brutte dell'album e in assoluto il singolo di lancio peggiore di sempre, per lo meno per gli standard di P!nk. Citando solo gli ultimi, vogliamo davvero paragonarlo a "Stupid Girl", "So What" e "Raise Your Glass"? Difetto numero 2: le ballad. "Just Give Me A Reason" ha una melodia molto carina e catchy, ma come carica emotiva siamo distanti anni luce da "Fucking Perfect", "Who Knew", "I Don't Believe You", "Conversations With My 13 Year Old Self ", "Family Portrait" e "Sober". "Try" è davvero bella ed è, insieme a "The Great Escape", una delle poche canzoni con un minimo di carica emotiva. Però l'unica che riesce a emozionare davvero è "Beam Me Up", che comunque è distante dai fasti del passato. "Chaos & Piss" si salva e convince, ma è una bonus track. E qui arriviamo al difetto numero 3: la track-list della versione standard. Una "Here Comes the Weekend", che parte bene e poi si perde nella ripetitività, andrebbe messa nella versione deluxe al posto dell'ottima "Is This Thing On?". Stesso discorso per la stanca e già sentita "True Love", che potrebbe essere sostituita con la trascinante "Good Old Days".
Passando alle altre canzoni, "Slut Like You" è la canzone migliore dell'album: travolgente, sfrontata e irriverente. Ci si domanda però se P!nk sia ancora credibile nel cantare canzoni come questa. P!nk, cara, sei una madre e l'adolescenza l'hai passata da un pezzo: ora anche basta! "All We All We Are" parte in modo adorabilmente caotico per poi stamparti in testa il titolo cantato in modo simile alle canzoncine dei bambini. "How Come You're Not Here" parte in modo rock per poi lasciarsi andare a un ritornello allegro: promossa a pieni voti. "Where Did the Beat Go?" ripesca il passato r'n'b di P!nk, e il risultato è ottimo. "Walk of Shame" è molto carina, cattura l'ascoltatore e butta in mezzo anche una citazione degli Aerosmith. Ma anche qui vale lo stesso discorso di prima: ottima canzone, ok, ma è sempre la solita minestrina riscaldata. P!nk, da quanti album ripeti questa formula? Stesso identico discorso per la title-track, che comunque è dotato di un ritmo coinvolgente. Passando alle bonus-track che non ho ancora citato, "Run" è terribilmente anonima e impersonale (l'intro sembra rubato a una canzone di Beyoncé), "My Signature Move" è decente, mentre "The King Is Dead But The Queen Is Alive" ritira fuori il lato rock di P!nk. "Timebomb" merita un discorso a parte: inizia con delle tentazioni elettroniche e si sviluppa con richiami rock, ritornelli energici e perfino un bridge lento. Promossa.
Concludendo, "The Truth About Love" è sicuramente un buon album, ma delude perché da P!nk ci si aspetterebbe l'eccellenza. Inoltre la ripetizione delle solite formule ha stancato. Non pretendo un cambiamento radicale come tra "Can't Take Me Home" e gli album successivi, ma almeno una ventata di novità sarebbe gradita, giusto per non trasformare P!nk nella parodia di se stessa. Stavolta do 78 perché in fondo questo nuovo album è ben fatto, ma sono comunque deluso perché avrei voluto dare almeno 8/9 punti in più. Forse è colpa mia che pretendo troppo da P!nk, non so, ma comunque "The Truth About Love" è inferiore sia a "Funhouse" che ad "I'm Not Dead" (che viaggiano entrambi sopra l'80). - The Faceless - Autotheism (Progressive death metal, Technical death Metal) = 88/100
- Three Days Grace - The Transit of Venus (Alternative rock, Alternative metal, Synth rock) = 71/100
- To-Mera - Exile (Progressive metal) = 80/100
- Wintersun - Time I (Symphonic metal, Symphonic black metal, Folk metal, Power metal, Melodic death metal) = 87/100
Eargasm: la perfetta parola per definire quest'album.
La bellissima strumentale "When Time Fades Away" funge da intro a "Sons Of Winter And Stars". Quest'ultima è la canzone più lunga dell'album (13 minuti e mezzo), ma riesce a mantenere alta l'attenzione e a non annoiare. Ed ecco che inizia un viaggio tra atmosfere folk ispirate all'estremo oriente, orchestrazioni magniloquenti, sfuriate death/black e parti power dal sapore epico. Ed è proprio l'epicità ad avere la meglio nella successiva "Land Of Snow And Sorrow", che è forse l'anello debole della catena. "Darkness And Frost", che ha persino delle influenze elettroniche, è l'intro di "Time". Stavolta, però, il legame tra l'intro e la canzone successiva è più debole rispetto alle prime due tracce, che invece sono state legate benissimo. Un applauso va all'azzeccatissima scelta di terminare l'album richiamando l'inizio.
L'unico vero punto debole di "Time I" è che, talvolta, il sound diventa eccessivo e caotico. Adesso non ci resta che aspettare "Time II".
Limbo (da 55 a 65)
- As I Lay Dying - Awakened (Metalcore) = 61/100
- Cradle of Filth - The Manticore And Other Horrors (Thrash metal con influenze Symphonic black metal) = 58/100
- In This Moment - Blood (Metalcore, Synth rock, Industrial metal, Nu metal) = 60/100
- Kamelot - Silverthorn (Symphonic power metal, Progressive power metal) = 65/100
Dopo il capolavoro "Poetry for the Poisoned", Roy Khan ha abbandonato i Kamelot. Come sostituto è arrivato il bravissimo Tommy Karevik dei Seventh Wonder. Premetto che sì, Roy Khan è il mio cantante preferito, ma Tommy sta al secondo posto, quindi non ho alcun pregiudizio verso di lui. Quando canta con la sua voce, intendo. Peccato che in "Silverthorn" Tommy sia stato costretto a cantare imitando Roy. Perché dico costretto? Perché è evidente il tentativo di non scombussolare i fan persino a livello estetico (Tommy si è fatto il pizzetto e ha iniziato a imitare la gestualità di Roy), e credo che tutto ciò sia una scelta imposta dal resto della band. Ok, Tommy è molto bravo a imitare Roy, ma l'imitazione può essere un'idea carina per una/due canzoni, non per l'intero album! Dov'è finita la personalità artistica e vocale di Tommy? Non dico di cantare su linee vocali in stile Seventh Wonder, ma una via di mezzo sarebbe gradita. L'unica traccia cantata con personalità è l'emozionate ballad "Song for Jolee", ma anche nelle adrenaliniche "Torn" e "Ashes to Ashes" lo stile di Tommy è parzialmente riconoscibile. Non è un caso che queste tre canzoni siano le migliori dell'album. Per quanto riguarda l'altra traccia promossa, il singolo "Sacrimony (Angel of Afterlife)", è molto catchy, ha un ritornello killer, il duello chitarra-tastiera nell'assolo ha un delizioso sapore prog, le tre voci sono usate bene (ci sono anche Elize Ryd degli Amaranthe e Alissa White-Gluz dei The Agonist). In compenso, però, si tratta di una canzone un po' banale e che sa di già sentito. Anche l'intro "Manus Dei" è molto carino, ma è totalmente slegato dalla traccia successiva. Riguardo il resto dell'album, la prima cosa che si nota è l'abbandono delle atmosfere tetre e gotiche. Il che non sarebbe stato un male, se al loro posto fosse arrivata qualche influenza fresca e interessante. E invece i Kamelot hanno deciso di tornare indietro ripescando idee superate da svariati album. Questa scelta anacronistica, tra l'altro, porta con sé anche una forte perdita di personalità da parte dell'intera band, che in quest'album si è ridotta a fare un tipo di power scontato e abusatissimo. In un genere catatonico e privo di idee originali, i Kamelot rappresentavano un'ancora di salvezza, un faro di sperimentazione e rinnovamento. Manterranno questo ruolo? Sicuramente non seguendo la scia di "Silverthorn". Ma questo è un album di passaggio, di assestamento. La vera prova arriverà col prossimo. Cosa ci riserveranno i Kamelot? Magari più elettronica, magari più prog, non si sa. Si spera qualcosa di personale e interessante.
Infine, va sottolineato che "Silverthorn" è un concept album legato a una storia originale ambientata in epoca vittoriana. La trama è interessante, ma non auto-conclusiva: terminerà nel prossimo album.
- Christina Aguilera - Lotus (Pop, Dance pop con influenze Country ed R'n'B) = 48/100
Nel tentativo di risollevarsi dal flop di "Bionic", Christina Aguilera ha provato ad accontentare tutti con un album paraculo e vario. Peccato che il risultato risulti impersonale e privo di un filo conduttore. E peccato che, vocalmente, i difetti tipici della Aguilera risultino addirittura amplificati. Le uniche canzoni che si salvano sono "Blank Page" e "Lotus", il resto è bocciatissimo. Stavolta il flop è stato meritato. - Ke$ha - Warrior (Electropop, Dance pop) = 40/100
Si salva solo "Die Young", il resto è incommentabile. - Liv Kristine - Liberine (Pop rock) = 40/100
"Libertine" propone una sfilza di canzoni cantante male e arrangiate peggio, per giunta prodotte da cani. I tempi di canzoni-capolavoro come "The Rarest Flower" sono lontanissimi. Ah, quasi dimenticavo: i tanto decantanti richiami ai Theatre of Tragedy che fine hanno fatto? Sono stati usati per riempire le rughe di zia Livia? - Rihanna - Unapologetic (R'n'b, Dance pop, Electropop con influenze Dubstep e Reggae) = 42/100L'unica canzone vagamente decente è "Diamonds", il resto è rumore, caos, spazzatura sonora. Rihanna ha voluto sperimentare un po'? No, perché fondamentalmente il suo contributo è marginale. Ringraziate i suoi autori e produttori, piuttosto. Che poi questo non è un album sperimentale. Ci sono delle novità, ma limitatamente rispetto ai precedenti album di Rihanna. E comunque sono novità gestite malissimo e senza alcuna logica. Poi quando la cantante barbadiana prova a fare la sofisticata, ad esempio in "Stay", suona davvero ridicola e fuori posto. I suoi produttori dovrebbero fermarsi un po' e darsi più tempo, anziché sfornare un album all'anno. Ma d'altra parte non possono fare diversamente: devono battere il ferro finché è caldo, finché questa tizia senza alcun talento chiamata "Rihanna" ha ancora risonanza mediatica. E alla fine della fiera continuano a proporci musica usa-e-getta da fast food. "Fast music", per l'appunto.
- Whyzdom - Blind? (Symphonic metal con influenze Progressive e Power) = 50/100"On The Road to Babylon" è un piccolo capolavoro, ma non basta a salvare un album così poco interessante. Alcune canzoni sono piene di cliché e soluzioni trite e ritrite, altre si perdono in superflui esercizi di stile. E poi, vogliamo parlare dei testi? Andiamo, non possono essere presi sul serio, sono una trollata di dimensioni galattiche!L'album di debutto dei Whyzdom si salvava per i bellissimi cori, ma in "Blind?" sono stati ridotti in modo da far cantare di più la nuova cantante. Ecco, qualcuno tolga il microfono a quella scimmia urlatrice, vi prego! Tra l'altro le linee vocali sono raramente azzeccate e per lo più fanno venire il latte alle ginocchia. I Whyzdom riescono bene quando si limitano alle bellissime parti orchestrali e ai cori magniloquenti, come ad esempio nell'intro della già citata "On The Road to Babylon". Un altro esempio è il singolo "Cassandra's Mirror": l'intro orchestrale è molto bello, ma subito dopo si viene travolti da un'ondata di banalità e noia. Certo, sempre meglio di “The Lighthouse” e “Dancing with Lucifer”, che fanno cadere le palle a terra. Avete presente lo spam sul fantomatico "penis enlargement"? Ecco, qui siamo nell'ambito dello "scrotal stretching".Concludendo, i Whyzdom hanno un grande potenziale, soprattutto per quanto riguarda i cori e le orchestrazioni. Ed è proprio per questi due motivi che si salvano dal baratro. Ma in sintesi solo una canzone convince del tutto, mentre le altre sguazzano nell'anonimato. La pessima cantante, infine, è la ciliegina sulla torta. Sì, ok, dopo il rilascio dell'album è stata cacciata, ma la sostituta è altrettanto indecente. Dio ce ne scampi e calamari!
- Kylie Minogue - The Abbey Road Sessions (Baroque pop)
Quest'album contiene sedici singoli di Kylie riarrangiati in chiave orchestrale. La bella "Flower" è l'unico inedito, ma la vera perla del disco è "Can't Get You Out of My Head". - Melanie C - Stages (Musical)
In quest'album Melanie C ha coverizzato brani tratti da vari Musical. - Therion - Les Fleurs Du Mal (Symphonic metal, Chanson française)
In quest'album i Therion hanno coverizzato e riarrangiato canzoni di vari cantautori della tradizione francese. Sicuramente una scelta coraggiosa e sperimentale, ma è difficile dire se il risultato sia convincente. Gli arrangiamenti spesso sono troppo scarni e anonimi, distanti sia dall'eleganza di "Lemuria"/"Sirius B" che dalla maestosità orchestrale di "Sitra Ahra". Da applauso la prova dei due cantanti principali, il soprano Lori Lewis e il tenore Thomas Vikström. Quest'ultimo non convince quando urla in falsetto come in "Je N'ai Besoin Que de Tendresse", ma colpisce in positivo nella teatrale interpretazione di "J'ai Le Mal de Toi" (sicuramente la canzone migliore del lotto). Notevoli sono anche le due versioni di "Poupée de Cire, Poupée de Son" (nella prima canta solo Lori, nella seconda interviene anche Thomas), mentre "La Maritza" spicca per la sua raffinatezza.
In generale, comunque, i Therion hanno sformato un album tanto coraggioso quanto controverso, difficilmente valutabile.