C’era una volta, tanto, ma davvero tanto, tempo fa, un simpatico movimento di estrema sinistra chiamato Democrazia Proletaria. Faceva pensare, il nome, ad un movimento che avesse a che fare con i proletari e con la democrazia, un insieme di ideali intenzioni condivise da compagni, tutti impegnati a sostenere le lotte della parte più debole della popolazione, quella che più lavora, che più soffre, che più paga. Poi, come succede nella quasi totalità a tutte le cose belle e simpatiche, Democrazia Proletaria scomparve. Quelli che fino ad allora si erano dedicati anima e corpo alla causa popolare presero altre vie e animati com’erano da uno spirito altamente filantropico e di alto profilo politico, si videro costretti a convogliare i loro spiriti in altri partiti, in altre associazioni e in altre mansioni, ma sempre alte e sempre di ispirazione ideale. Fu così che uno dei leader di Democrazia Proletaria, Mario Capanna, già sessantottino, già PDUP, già Verde Arcobaleno, già parlamentare europeo, già questo e quest’altro finì alla regione Lombardia e anche al consiglio comunale, tra le altre cose, della città di Milano – nonché presidente della Fondazione dei Diritti Genetici e via enumerando. Approdato alla regione Lombardia, Capanna finì per maturare un diritto/ vitalizio di diecimila euro mensili, per tutta una vita passata dietro ad uno scranno a sudare sangue e politica. Quando la regione Lombardia ha chiesto agli ex consiglieri di auto/tassarsi e di devolvere il dieci per cento dei loro introiti vitali per altre cause, considerando il periodo di profonda crisi che tutti stiamo vivendo, il buon Capanna ha pensato bene, forte di un profondo sentimento di classe, di fare ricorso per mantenere il suo vitalizio così com’è. Convinta come sono che in tutti i movimenti ci fossero idee/ ideali e persone che si facevano forti di quegli ideali, lascio la bella storia di Democrazia Proletaria lì dov’è a fare la bella storia per sempre. La cosa che mi infastidisce, e mica poco, è toccare con mano un’evidenza fatta di bassi profili, una piccolezza che non ci si aspetta da uno che ha fatto della militanza politica attiva uno stile di vita – almeno della prima parte della sua vita. E se, caspiterina, un Giletti qualsiasi ti fa le pulci in diretta televisiva su un vergognoso diritto acquisito che sicuramente per acquisirlo non ci avrai buttato il sangue, non ti sarai spezzato la schiena o non ci sarai morto di un qualche tumore preso in una fabbrica, allora spiegami un po’, compagno Capanna, come mai tutta la veemenza che hai messo nel difendere te stesso, con soli trentamila euro di contributi versati per tutta la durata del tuo mandato alla regione Lombardia, tanti da permetterti di rimanere ancorato alla tua Befana mensile – che confrontati a quelli versati da ognuno di noi, dal lavoro meno pagato a quello più pagato, grasso che cola se alla fine riusciremo a portare a casa una pensione decente! come mai quella veemenza non t’è venuta in mente di utilizzarla per cospargerti il capo di cenere e ammettere un privilegio vergognoso? Ti sei sentito quando dicevi a Giletti – che nel confronto sembrava molto più a sinistra di te, ammesso che dal qualche parte ci sia una sinistra che ti/vi possa contenere! – “ Quando prende lei dalla Rai? “ senza mai smettere un comportamento volutamente aggressivo e offensivo nei confronti di quelli che stanno a casa senza lavoro? Mi ostino a pensare ogni santissimo giorno che la politica è cosa buona e santa, che c’è politico e politico, che sono in tanti i politici a pensare e a fare in maniera differente ed onesta, ma mi sento derubata quando vedo cose così e non poco, derubata di diritti che non avrò mai e con me milioni di persone in Italia, derubata delle idee che non trovano riscontri nella realtà. Ah, se tu avessi zittito, compagno Capanna, questa fiaba avrebbe potuto avere un altro finale, meno squallido, meno italiano “ tengo famiglia “.
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