L’autorevole rivista The Lancet ha pubblicato un rapporto di 4 diversi documenti che esaminano gli ultimi studi e indagini sull’obesità, ormai accertata come pandemia mondiale. I dati sono allarmanti, pertanto gli studiosi auspicano delle misure globali, condivise a livello mondiale, per il controllo e il cambiamento di questo ambiente “obesogenico” venutosi a formare nel mondo occidentale (ma anche nei paesi cosiddetti in via di sviluppo) e che rappresenta uno tsunami di fattori di rischio per l’insorgenza di malattie cronico-degenerative nelle generazioni future. Con l’attuale andamento si stimano per il 2030 più di 65 milioni di obesi negli Stati Uniti, più di 11 milioni in UK, dove si aggiungerebbero 8.5 milioni di diabetici, 6-8 milioni con malattie cardio-circolatorie e più di 500 mila malati di cancro. La figura in alto mostra il livello di obesità (misurato come Indice di Massa Corporea della popolazione sopra i 15 anni) nei vari paesi del globo. Gli Stati Uniti naturalmente guadagnano il primo posto con una percentuale di obesi che si attesta al 31% della popolazione. Segue il Messico, con il 24% che supera il Regno Unito (23%) di soltanto un punto percentuale. Subito dopo sorprende trovare alcuni paesi dell’Est Europa come Slovacchia, Repubblica Ceca e Ungheria, e anche la Spagna, si classifica nella prima metà con il suo 13% di obesi. L’obesità si concentra maggiormente nei Paesi occidentali o comunque fortemente occidentalizzati. E i più magri? In assoluto i Coreani (appena il 3% della popolazione è in eccesso in termini di grasso corporeo), seguiti dai Giapponesi con la stessa percentuale, dai Norvegesi (8%) e da noi Italiani con il 9% (Source) Nella maggior parte dei Paesi nella CE, l’obesità è più frequente tra le comunità socialmente svantaggiate, caratterizzate da livelli inferiori di reddito, educazione e accesso all’assistenza. Difatti l’Italia pur essendo in fondo alla classifica degli obesi, ribalta la situazione se si prendono in esame le nuove generazioni. Tra i bambini della scuola primaria (di entrambi i sessi), i tassi di prevalenza più elevati di sovrappeso sono stati riscontrati in Portogallo (7-9 anni, 32%) Spagna (2-9 anni, 31%) e Italia (6-11 anni, 27%); tassi meno elevati si evidenziano in Germania (5-6 anni, 13%). Ed è proprio il sovrappeso e l’obesità infantile che deve preoccupare in nostro paese. Secondo il settimo rapporto dell’ Istituto Auxologico di Milano sull’ obesità, reso noto quest’ anno, a otto anni, età in cui si raggiunge il picco, il 36 per cento dei bambini è in sovrappeso o obeso: un dato che ci fa guadagnare il primo posto in Europa per obesità infantile. (Source) I picchi maggiori di eccesso si registrano in Campania, seguono il Molise, la Sicilia e la Calabria, mentre la media nazionale è del 12%. Gli esperti: “Per i bimbi dei Paesi occidentali per la prima volta negli ultimi 100 anni l’aspettativa di vita è inferiore a quella dei genitori”.
E sempre nelle Regioni meridionali si registrano i picchi maggiori di obesità (tranne in Sardegna), soprattutto tra le donne che, in Basilicata, Molise, Calabria, Puglia, Campania e Sicilia raggiungono percentuali sconcertanti. E’ da segnalare che obesità e sovrappeso, soprattutto nel sesso femminile, sono inversamente correlati al titolo di studio conseguito. Tra gli adulti con un titolo di studio medio-alto (diploma o laurea) la percentuale degli obesi è pari al 4,5%, mentre sale al 15% tra chi ha al massimo la licenza elementare. Secondo uno studio finlandese condotto da Aila Rissanen, dell’Università di Helsinki, emerge una stretta associazione della grande obesità con la disoccupazione, l’isolamento sociale e la
sensazione di privazione: un legame forte con lo svantaggio sociale. Questo il quadro, regione per regione a partire dal Nord, degli obesi in Italia (dati Indagine PASSI 2009):