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Pantani sulla Marmolada

Creato il 11 maggio 2012 da Lundici @lundici_it

Il Passo Fedaia (2.075 metri s.l.m.) è il passo che si percorre andando da Canazei a Cortina d’Ampezzo (o viceversa) e che segna il confine tra Trentino e Veneto. In prossimità della cima, la strada costeggia un lago (il Lago Fedaia) che accarezza le pendici di una montagna candida e gigantesca, che porta il nome dolce e femminile di Marmolada.

Pantani sulla Marmolada

La Marmolada vista dal Lago Fedaia, nei pressi dell'omonimo passo. In basso si nota la strada che costeggia il lago.

La salita del Passo Fedaia è una delle più dure del panorama ciclistico italiano e mondiale e, data l’imponenza e la fama della montagna che le sta accanto, è conosciuta semplicemente come “la Marmolada”. Una lunga striscia di asfalto che sembra essere sempre sul punto d’essere stritolata dalle nevi e dai ghiacci che le premono sopra.

La storia che stiamo per raccontare si svolge durante un Giro d’Italia della seconda metà degli anni ’90. Marco Pantani è già un campione affermato, ma la sua carriera è costellata di incidenti e complicate vicissitudini. Durante un allenamento in vista del Giro del 1995, un’automobile non rispetta lo stop e lo investe. Per i postumi della caduta è costretto a saltare la “corsa rosa”. Rientra in fretta, disputa un ottimo Tour de France e giunge terzo ai Mondiali. Ma il 18 ottobre di quello stesso anno, durante la Milano-Torino, un fuoristrada s’infila nella corsa e lo travolge: frattura scomposta di tibia e perone e carriera a rischio. Invece ritorna in sella e continua ad entusiasmare sulle salite di mezza Europa. Ma in una tappa del Giro del 1997 un gatto gli attraversa la strada e lo butta a terra: dovrà abbandonare la corsa. Si riprenderà anche questa volta e nel 1998 vincerà il Giro e il Tour che era stato vinto l’ultima volta da un italiano (Felice Gimondi) ben 33 anni prima.

Insomma, la vicenda sportiva di Pantani assomiglia all’altimetria di un tappone dolomitico: in discesa e poi in salita, poi ancora giù e di nuovo su: mai tranquillo, mai “in piano”. Al ritorno da ogni infortunio, deve sempre dimostrare di essere tornato “quello di prima”, di essere ancora un campione, di essere ancora all’altezza. Ogni salita è un test decisivo, ogni Gran Premio della Montagna è un banco di prova, ogni volta che la strada comincia a salire, la cantilena è sempre la stessa: sarà tornato il Pantani di una volta? Su questa salita lo scopriremo!

Tra le tappe del Giro durante il quale ha luogo questa storia, ce n’è una in cui si salirà in cima al Passo Fedaia. La Marmolada. Pantani non c’è mai passato in vita sua….

La Marmolada, oltre che per la sua severa pendenza, è famosa per un’altra peculiarità: per salire in vetta non si sono i classici, mille tornanti che avvolgono la montagna come le dolci e soffocanti spire di un serpente e che caratterizzano invece altre salite epiche, quali il Pordoi o lo Stelvio. La Marmolada, per lunghissimi tratti, è una spada dritta infilata dentro ai polmoni dei corridori: un lungo rettilineo in salita senza curve, senza soste, senza fine…

Pantani sulla Marmolada

L'altimetria della salita del Passo Fedaia (Marmolada)

I tornanti offrono un appiglio sostanziale ed “ottico” al corridore: sono precari, ma importanti obbiettivi, donano il piacevole sapore di una ricompensa associata al raggiungimento di una meta, seppure intermedia: “Sono arrivato fino qui; uno in meno!”. Un infinito e monotono rettilineo invece no, un infinito e monotono rettilineo ti chiede solo di pedalare e non fermarti, non c’è altro. Cuore a mille, testa bassa e pedalare: tu, la bici e la salita che non finisce mai. La Marmolada è così.

E allora, durante quella tappa di un Giro d’Italia della seconda metà degli anni ’90, Pantani s’avvicina alla Marmolada. Sia come sia, deve dimostrare di essere uno tosto, tutti l’aspettano al varco anche e soprattutto sulla Marmolada, perché sulla Marmolada non si scherza, sulla Marmolada non si bluffa.

Le mezzore che precedono l’inizio di una salita spacca-gambe sono il piacere del ciclismo. Il gruppo viaggia in pianura, apparentemente calmo, sembra non stia accadendo nulla. Ed in effetti non sta accadendo nullaMa sta per accadere qualcosa. Come uno di quei larghi e placidi fiumi che s’avvicinano inesorabilmente ad una cascata, così i corridori dovranno giungere al momento della verità. Tutti lo sanno e nessuno può sfuggirgli.

Al fianco di Pantani c’è “il fido” Roberto Conti, gregario romagnolo, affezionato scudiero e compagno di mille battaglie. Conti sa che Pantani dovrà attaccare su questa salita, sa che dovrà farlo, ne hanno anche parlato in albergo prima di partire: “Tranquillo Roberto, vedrai che su questa Marmolada faccio il vuoto”.

Per questo Conti conduce Pantani al riparo da insidie fino alle prime rampe della salita: Conti davanti a “fare il ritmo” e Pantani subito dietro, al coperto, a risparmiare ogni energia per lo scatto decisivo. Uno dei suoi prodigiosi scatti capaci di lasciare tutti sulle gambe.

La Marmolada non comincia in un luogo preciso: non c’è un punto che divida la pianura dalla salita. Di altre ascese mitologiche come l’Alpe d’Huez o il Mortirolo è evidente l’inizio: una curva, un bivio e la strada si fa improvvisamente ripida, esistono anche classifiche dei tempi d’ascesa dei vari corridori del passato, proprio perché c’è un punto di partenza ed uno d’arrivo chiari e definiti. La Marmolada no, la Marmolada non si fa annunciare, la Marmolada non ti dà un preavviso, ma ti stritola piano piano come un mostro marino uscito dalla acque di un placido lago.

Il gruppo comincia a sfilacciarsi: è caldo, la Marmolada inizia a mietere le prime vittime: uno alla volta, dozzine di corridori si staccano, il rettilineo infinito non perdona. Non c’è una curva, non c’è una svolta, non c’è un bivio: la Marmolada è cominciata, aumentando di pendenza metro dopo metro e sta spezzando i muscoli dei corridori come l’acqua quando ghiaccia dentro alle bottiglie.

Pantani sulla Marmolada

Roberto Conti davanti e Marco Pantani poco dietro

Conti e Pantani proseguono, fianco a fianco, Conti leggermente davanti, Pantani un poco dietro. L’espressione corrucciata. La salita prosegue e si fa più dura. Ma Pantani non scatta, è ancora al coperto, mantiene il ritmo, tiene facilmente la ruota, ma non scatta, non si alza sui pedali.

Il battito del cuore sale. Le urla dei tifosi ai bordi delle strade si sovrappongono a quelli dei telecronisti,  l’elicottero volteggia nervosamente in cielo. Il gruppo di testa è ora composto da non più di una ventina di corridori, gli ultimi faticano a rimanere a ruota, stanno per staccarsi, non ce la fanno. Il massacrante rettilineo continua. Ma Pantani non accenna ad alcun cambio di ritmo: tiene le mani basse sul manubrio, lo sguardo fisso sulla strada, suda e spinge in silenzio. Tutti lo attendono: in televisione, in gruppo, sulle poltrone appiccicose in un pigrissimo pomeriggio di maggio. Ma Pantani non si muove, non fa nulla, non prende alcuna iniziativa.

Conti è alla frutta, non ne ha più, il suo dovere l’ha fatto, ora tocca al capitano. Lui è un gregario, lui ha il compito di spremersi sulle prime rampe delle salite, poi ci devono pensare gli altri, i campioni, i capitani…Ma Pantani è ancora fermo e non lo supera.

E allora…e allora anche in Conti comincia ad insinuarsi il dubbio: Pantani non ce la fa, Pantani è cotto, la Marmolada ha fermato anche lui. Forse gli infortuni, forse il recupero affrettato, forse…forse Pantani non è più quello di una volta…sulla Marmolada non si scherza, sulla Marmolada non si bluffa.

E poi una giornata storta può capitare a tutti. Ora si tratta solo di ridurre un po’ il ritmo e portare Pantani senza troppi danni fino in cima. Poi si vedrà, domani è un altro giorno, ci sarà spazio e tempo per una rivincita, si presenterà un’altra occasione per rifarsi, per dimostrare che Pantani è ancora Pantani! Il Giro è ancora lungo.

Prima però, Conti vuole guardarlo in faccia, vuole rendersi conto di come sta, vuole capire quanto è grave la situazione. I ciclisti capiscono tutto da uno sguardo, ci vedono il presente e ci vedono il futuro: le pieghe del viso di chi sta in bici a duemila metri come un pazzo non mentono: si è nudi e senza maschera.

Così Conti fa un ultimo sforzo, un respiro profondo, stringe il manubrio e si volta verso Pantani. E’ un attimo, un accennato movimento del viso, un fugace contatto d’occhi come a chiedergli come sta, cosa vuol fare, cosa diavolo sta succedendo. Pantani spinge un po’ sui pedali, alza gli occhi dalla strada, si gira impercettibilmente verso Conti e con aria interrogativa gli fa: “Oh! Ma quando comincia ‘sta Marmolada!?”


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