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“Panza e prisenza” – Giuseppina Torregrossa

Da Temperamente

 

panza e prisenza - copertina
Un delitto brutale, un notissimo avvocato ucciso a sprangate, nel parcheggio del Palazzo di Giustizia di Palermo; la caccia a un latitante invisibile e pericoloso, per le strade di una Sicilia calda e assolata; una strana triade di inquirenti: il questore Lobianco, Sasà D’Alessandro e Marò Pirajno, tre poliziotti legati da un’amicizia antica, ma invischiati in un complicato gioco di ruoli sentimentale che finisce per lasciare tutti e tre chiusi nella propria solitudine. E poi Palermo, con le sue ricette, il suo dialetto, il festino di Santa Rosalia, l’afa dell’estate, il profumo dei gelsomini: sono questi gli ingredienti di Panza e prisenza, romanzo rosa in salsa gialla di Giuseppina Torregrossa.

Non esattamente un giallo, quindi: ma una storia d’amore, di amicizia, di malinconia e rimpianto, in cui, quasi per caso, si innestano la sfida di Sasà all’atteggiamento mafioso di molti siciliani e l’indagine di Marò sulla misteriosa morte dell’avvocato Maddaloni, il cui omicidio ricorda molto da vicino un recente caso di cronaca nera palermitana. È un romanzo sicuramente piacevole, Panza e prisenza: ma, come purtroppo capita spesso, non è un vero giallo; la trama delittuosa è quasi un pretesto, una cornice, uno sfondo meno banale di altri per la storia di un amore conteso, della rinuncia a un sentimento per paura, di un’amicizia virile salda e silenziosa, basata su poche parole e molta lealtà. Sembra quasi che a chi indaga non importi più di tanto scoprire la verità: e quindi, mentre Sasà si perde in un gioco di forza con cittadini poco onesti e contadini che si ostinano a guidare il trattore sulle strade statali, Marò sembra impegnata solo a salvaguardare la sua fama – puramente teorica – di sagace inquirente. Al momento di tirare le somme, ricorrendo a un espediente comune ma obiettivamente irritante, l’autrice si trae fuori dall’impasse con un triplo salto mortale: anche perché, effettivamente, non avrebbe avuto altro modo per risolvere il mistero.

Giuseppina Torregrossa scrive in maniera scorrevole, leggera, molto classica; Panza e prisenza è una storia lineare, godibile ma senza un vero guizzo, gradevole ma abbastanza banale. L’idea di far precedere ogni capitolo da una ricetta è un espediente narrativo simpatico, non originalissimo ma ben inserito nella storia.

Maria Di Piazza

Giuseppina Torregrossa, Panza e prisenza, Mondadori, collana Oscar contemporanea, 2013, pp. 189, € 10,00


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