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Paolo Gentiluomo - da L'onnivoro digiuno

Da Ellisse

Scrittore onnivoro, come è stato definito, e molto altro (come LunettaPaolo Gentiluomo - da L'onnivoro digiuno, vedi post del 2 agosto), Gentiluomo ha detto di sé "Sono un manipolatore di parole, mi piace giocarci, metterci le mani, sporcarmi". Quindi sta bene tra questi post estivi (con Lunetta appunto, e Villa) che riguardano una scrittura di ricerca, che appunto manipola il linguaggio ma che è anche ilare o drammaticamente ironica e che spesso si fa beffe del linguaggio stesso, lo contamina con inserzioni che "stonano" il tessuto poetico (o quel che comunemente si intende tale) e tendono a farlo scoppiare dall'interno. Di modo che poi a chi legge rimane una specie di ansia da completamento, una voglia endogena e maligna di ordine che però, per il bene della poesia, di questa poesia, va fieramente combattuta. "Sul più bello della storia d'amore la memoria / si disfa, si sfilaccia, si tagliuzza e non c'è più modo / di ricordarsi cosa succede dopo". Cosa che in effetti non importa sapere, va bene così, la poesia - come quasi sempre - è "un altro pezzo del mondo staccato e corroso", la parte per il tutto impossibile da abbracciare, da scrivere. Giusto quello che volevo dire. E' ciò che fa il poeta quando, come qui, mette in campo o finge di mettere in campo il proprio io non come "esemplare" (il tutto di una parte come nella lirica), ma come "pezzo del mondo", ivi abitante e (parola che ricorre) in transito. (g.c.)
ALFA CHIARA
a uno.
La gente ha una strana predilezione per i carnai,
quel tanto che non si crede -un respiro maltirato-,
non avendosi a rendere conto del travaglio,
come commiserevole paio io essere umano solo,
nel declino imperdonabile dei suoi simili oranghi...
a due.
...squamandosi per sempre, come una abitudine,
recuperando un cadavere trai rossi cocomeri,
scomposto, eclatante, un pensiero costante,
se dopo ancora non si fa più caso all'odore
della decomposizione, come un amore, dico...
a tre.
...unghie seppellite in giardino tra le rose
in attesa di una concimazione, di una potatura,
in attesa di una bava di vento, e poter dire di sé:
che non sembrava patire, eppure le mancava
un'intera mano e il sangue sgorgava e trascorreva...
mentre e.
Tutto a un certo punto tende a serrarmisi addosso,
come un continuo e incessante richiamo al transito,
e minaccioso quanto dolce, guidato da una voce
che ingiunge un'azione così naturale: rendere conto,
ma ancora una volta non ho sentito nulla e sono
di nuovo qui a chiedermi se qualche allarme ha suonato...
prima di i.
Ed è decesso infine sì ancora e ancora quello che doveva decedere,
quell'io che dico io, e quell'io che dicono io, e quell'io che dico l'altro,
e quell'altro che dice io, intendendo me, e quell'altro che mi tace...
durante i.
...e io che taccio, se possibile, forse, eppure il flusso transita,
di quel sangue, continuo e incessante, mio e non mio, uguale,
e diverso, come un incidente diplomatico tra confinanti,
come un'invidia di ciò che è stato concesso, l'invidia di un niente,
un niente in relazione con niente, un corpo, quel corpo, un peso
in relazione con la sua scomparsa, momentanea e definitiva...
dopo i.
...e nel momento in cui quel corpo è in immersione
mantenetevi lontano da me e procedete adagio,
come una transizione senza memoria, se non il peso
di quella carne, riempita e svuotata, se comunicata,
che riporta al corpo di un cielo stellato vasto quanto
la mia modesta morte...
intanto o.
Come se fosse ancora possibile transitare
da una parte e dall'altra, dico,
da questa parte a quell'altra parte,
e dall'altra a questa, appena fuori
dalla continuità della materia,
e venir detti rimane l'unico tratto,
incessante e continuo, di una comprensione,
testimone d'un prestito subito riscosso,
senz'altro reclamato, una voce che lo ingiunge,
così naturale per me, e per quel corpo che chiamo me,
quel corpo che chiamano me, quello che chiamate me,
un altro pezzo del mondo staccato e corroso, un po' di
oggi, e chiàmati per nome, se mi riesce,
e già sono dall'altra parte,
da questa quel corpo che dice la morte
-stretto o largo- essere un passaggio,
la morte essere un campanello che suona l'adunata,
questa volta ascoltato, e io conto allora:
tre mesi, sette giorni, nove rintocchi
...e quella bava di vento.
infine inversione a u.
Sul più bello della storia d'amore la memoria
si disfa, si sfilaccia, si tagliuzza e non c'è più modo
di ricordarsi cosa succede dopo.
Come se un'orma lasciata incustodita
non potesse proprio più diventare
inamovibile commento del passaggio
(se si può che si passi senza lasciarsi detti)...
Alcoliche renali
[...]
iv. dormendo
Tu non sei in grado di muoverti che retrogrado
pur sei uno a cui le membra fera tabe non doma
eppure avanzi tra una folla di ombre crude
che ti viene incontro senza curarsi di me.
La luce di questo mattino di sole invernale
ti è in faccia e spara e ti si parano davanti
solo contorni senza senso di gente che va
a lavorare stanca e per giunta già decessa.
La calca vuole attraversarti la strada contro
e sai che il covato uomo è assai tanta malapianta
e non si riesce mica infestante com'è a sradicarsi
se non col mastodontico assembramento di membra.
Più gente più gente più gente più gente più gente
fino a non averne più niente. Chi ci poterà oranghi?
Lì dentro l'orlo del mondo e non oltre dogana divina
vivi sì non fino in fondo affondando fermo stando
che qui pare non dolere ma spiace no spes no piacere
se stai lì fuori nesso e non a mollo al confine dei sensi
in contrabbando null'altra res ti sta vicina se non vana
procedendo di notte lungo una strada oltremodo buia.
...con un cane morto sotto braccio
PAOLO GENTILUOMO
è nato a Vercelli nel 1964. Scrittore performativo, ha all’attivo musica industriale (TamQuamTabulaRasa), un collettivo di pronto intervento poetico ("Altri Luoghi"), la partecipazione ai lavori del Gruppo 93, il ruolo di "poeta gentiluomo" e "guardialinee" negli spettacoli Danze minute e sTANZe della coreografa e danzatrice contemporanea Aline Nari, la messa in opera di un varietà patafisico (Mosche Bianche & Pecore Nere). Vive e lavora a Genova. Nel 1995 ha pubblicato il volume Novene irresistibili (Ed. Periferia, Cosenza), nel 1998 Catalogo (Ed. Zona, Lavagna GE), nel 2003 il manualetto per i ragazzi Poemificio (Ed. D'If, Napoli), nel 2005 Dice con quanti denti quest'amor ti morde (Emilio Mazzoli Editore, Modena, finalista al Delfini), e nel 2007 La ragion totale (Zona, Arezzo, finalista al Tassoni 2008, segnalato al Montano 2009). I testi qui presenti sono tratti da L'onnivoro digiuno, Ed. Oedipus 2014. QUI un'intervista all'autore, QUI e QUI altri testi.

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