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Paolo Rigo. Anima piange.

Creato il 19 luglio 2011 da Fabry2010

Paolo Rigo. Anima piange.

Cerca che cerca

Cerca che cerca,
attento amico caro a quel che trovi.
Cerca che cerca.

É tutto, è confuso, bussi
alla porta di luce e ne sei invaso.
Magari aspetti
–attendi?-.
Nessuno ha la pazienza.
Nessuno le misura, oh povera donna, la vita sui fianchi.
Nessuno ricerca. Ma tu resta attento amico,
cerca che cerca, prendi fiato.
Rifletti amico caro, chi è che cerca?
Lui, te, noi, voi, io, lei?
Sono in sostanza pronomi,
i nomi che non hanno
le lacrime
delle cose…

***

È solo un gioco lo sparo?

È solo un gioco lo sparo?
O il tocco di qualche creatura.
-vuoi un suggerimento?-
Colma la distanza tra dio e io,
tra i tocchi dei secondi c’è chi aspetta:
il secondo per toccare, come un mistico
sfiorarsi lontano, il grilletto.
L’attrezzo poi si inceppa spesso:
è il momento del riflesso, del tocco tuo perso.

***

Forse ho sbagliato ad amare

«Forse ho sbagliato ad amare»
Dicevo tra me e un vestito nero di pece.
«Hai sbagliato a non amare»
Forse il padre non sa che il continuo cercare
di massi, porpore e urla incessanti di un vecchio
silenzio, tra sistri distratti e donne sudate,
è amare, in parte anche negare è amare.
Perché mi leghi a te?
Non c’è risposta…

***

Il cerchio

Un cerchio infelice perché infinito
di raggio, piange l’unione mortale
con quella celesta, e cori di angeli
urlano con voce silente il viaggio
terreno e celeste di Mario,
nascosto in una poesia, in un gioco
lontano, nella mano sudata
che stringo e che nel mio palmo non trovo.

***

Preghiera per scuse

Nel riverbero di una luce
sfiorato da un letto piombato.
Sento placarsi la sete,
e il solitario appetito spettrale del vecchio.
Perdono. Voglio perdono e non fede,
-non voglio speranze sbagliate, senza termine e
oggetto- . Voglio solo il perdono.
Perdono dio mio, non per me,
per le mie mani, per i miei baci, il mio sudore
ed il mio amore. Perdono per essere uomo,
per i miei amici: Perdono dio cheto
nel verbo, nel verbo dormi e ristori, e vivi.
Tu che sei stato uomo e parola. Tu che mi sei stato
fratello, Perdono. Perdono per le acque del mare,
per i vermi e la terra –la tua prima sposa, la nostra madre
adottiva. Perdono per il vento, le calamità e gli uccelli
del cielo, Perdono per l’acqua, i fiori, Perdono…
Perdono oscura parola, per la paura dell’oscuro cordoglio
del nostro riposo, segnato da pietre. Perdono…
Perdono per ogni significato del tuo inusuale creato…

***

Mario

Sai Mario come funziona da bimbo la religione?
Ricordi? Non funziona nei libri puri o perfetti,
nei silenti tramonti, nell’ammaraggio della ragione.
Funziona nei voli di rondini, nelle cantilene
stonate per una madre più buona.
Nel parlare ai nostri amici già domi,
ai nostri fratelli spezzati, chiedo, a loro e a te
-che li hai raggiunti- come ci si trova
a non essere carne ma musica, note e aria passata.
Urlami nel tuo mondo un suono distratto,
cosicché possa capire che tutto dura e niente è perduto.

***

L’ultima voce di Sakineh

Tu caro fratello, ascolta il suono
solitario del silenzio in una strada
lunga e lontana mentre si è spenta ogni realtà
umana. Tu caro fratello, ascolta
il luogo dove si è spento ogni pentimento,
ascolta, ascolta fratello la voce rauca
di una donna sola. Il suono notturno
di un gatto tra il ferro di polvere
e gelo, e poi il gridare inquieto del gallo
tra le gocce di un fuoco non spento
-sarà giunto l’ultimo rintocco?-

la sua ultima voce. Io qui, a Nomentana,
ti risposi non potendo guardarti negli occhi
per una svelata e banale
vergogna: sai? la nostra generazione
si merita tutti i suoi mali, e forse di più,
non ho neanche ascoltato l’ultimo grido:
-datemi voce!!-
Sakineh…

[l'immagine è tratta da qui]



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