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Papa Francesco a Lampedusa. Il primo pensiero agli immigrati

Creato il 09 luglio 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

Quando Jorge Bergoglio, divenuto Pontefice, scelse il nome di Francesco, in onore e in ricordo del Patrono d’Italia San Francesco d’Assisi,

Foto Edgar Jiménez, licenza CC BY-SA, modificata

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il mondo intero percepì che quel gesto era la dimostrazione del solco che il neo Vicario di Cristo avrebbe tracciato, un solco segnato dalla volontà di cambiamento. E in questi pochi mesi Papa Francesco ha concretamente intrapreso quella via mostrando all’opinione pubblica, ai credenti e non, il messaggio d’amore e solidarietà sociale contenuto nel Vangelo.

Quella di ieri è stata una bella giornata a Lampedusa. In cielo splendeva il sole e i suoi raggi si riflettevano sulla superficie del mare e nello sguardo delle 10mila persone che assistevano alla Messa celebrata dal Papa, in paramenti viola penitente, su un altare insolito. Non c’era un altare grande, importante, pomposo. Anzi un altare stricto sensu non c’era affatto, ma al suo posto vi era una barca di legno come tante, come quelle che periodicamente arrivano sulle spiagge di quell’isola, colme di persone disperate e di avvilite aspettative, o come quelle che invece arrivano semivuote se non vuote del tutto, inghiottiti dalle acque coloro che trasportavano.  «Immigrati morti in mare, da quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte» ha detto Francesco. «Quando alcune settimane fa ho appreso questa notizia, che purtroppo tante volte si è ripetuta, il pensiero vi è tornato continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza. E allora ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta.»

Con le parole della omelia il Papa ha sottolineato come bisogna ritornare realmente alla solidarietà reciproca, all’aiuto del povero, del bisognoso, e come invece bisogna dimenticare quella mentalità tanto dannosa all’animo e al corpo dell’uomo fatta di egoismi, brama di potere, invidia e isolamento. Papa Bergoglio emette parole di condanna nei confronti della cultura del benessere che ci rende insensibili e ci porta alla globalizzazione dell’indifferenza, biasima ferocemente quella mentalità fatta di ingordigia di denaro, che nutritasi di precise politiche economiche, ha causato – e continua a causare – l’enorme e dilaniante sperequazione fra i più deboli e sfortunati e i più forti e fortunati. «E l’armonia si rompe, l’uomo sbaglia e questo si ripete anche nella relazione con l’altro che non è più il fratello da amare, ma semplicemente l’altro che disturba la mia vita, il mio benessere. E Dio pone la seconda domanda: “Caino, dov’è tuo fratello?”. Il sogno di essere potente, di essere grande come Dio, anzi di essere Dio, porta ad una catena di sbagli che è catena di morte, porta a versare il sangue del fratello!». Perché il nostro mondo, in cui i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sono sempre più poveri, deve  invertire la rotta verso la solidarietà.

Dopo la Messa Papa Francesco ha depositato una corona di fiori in ricordo di tutte quelle persone morte nelle acque di Lampedusa e del Mediterraneo alla ricerca di una vita diversa, migliore. «“Dov’è tuo fratello?”, la voce del suo sangue grida fino a me, dice Dio. Questa non è una domanda rivolta ad altri, è una domanda rivolta a me, a te, a ciascuno di noi. Quei nostri fratelli e sorelle cercavano di uscire da situazioni difficili per trovare un po’ di serenità e di pace; cercavano un posto migliore per sé e per le loro famiglie, ma hanno trovato la morte. Quante volte coloro che cercano questo non trovano comprensione, accoglienza, solidarietà! E le loro voci salgono fino a Dio! “Dov’è tuo fratello?”». Francesco ha poi fatto visita ai lampedusani e ad alcuni immigrati alla parrocchia di San Gerlando.

Il primo viaggio di Papa Bergoglio è terminato nello stesso modo in cui è iniziato: nel segno della sobrietà, in mezzo alla folla e nell’Amore per il prossimo.

Articolo di Stefano Rossa


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