Molto interessante la decisione della celebre rivista “Time” e di quella gay “The Advocate” di premiare Papa Francesco come “persona dell’anno”.
Non che avessimo bisogno del “Time” e non che al Pontefice e alla Chiesa importino poi molto gli elogi mediatici e mondani, anzi, probabilmente preferirebbero subire la stessa sorte di Gesù Cristo e di Pietro. «Beati voi quando gli altri vi odieranno, quando parleranno male di voi e vi disprezzeranno come gente malvagia perché avete creduto nel Figlio dell’uomo», ammoniva Gesù ai suoi discepoli pronti a portare nel mondo la Chiesa da Lui istituita. «Quando vi accadranno queste cose siate lieti e gioite, perché Dio vi ha preparato in cielo una grande ricompensa. Guai a voi quando tutti parleranno bene di voi: infatti i padri di questa gente hanno trattato allo stesso modo i falsi profeti». Il mondo applaude solo i falsi profeti perché «se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia» (Gv 15, 18-21).
C’è da preoccuparsi allora se Papa Francesco non subisce l’odio patito dal suo predecessore Benedetto XVI? E’ un falso profeta? Assolutamente no: il Pontefice viene spesso esaltato solo per contrapporlo alla Chiesa, le sue parole vengono strumentalizzate solo per usarle contro i cattolici e le loro convinzioni (in particolare in campo bioetico) e i suoi pensieri più scomodi non vengono riportati diffusamente, correttamente e in modo integrale. E’ sempre guerra alla Chiesa, giocata non più direttamente tramite i fotomontaggi di Papa Ratzinger nazista, ma attraverso una modalità più subdola.
In questo contesto è da leggersi la campagna generata dalla famosa frase di Francesco sull’aereo in ritorno dalla GMG brasiliana: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?». Per questa frase la rivista omosessuale lo ha incoronato persona gay-friendly dell’anno, dimenticando la parte successiva: «Il catechismo della Chiesa cattolica dice che queste persone non devono essere discriminate ma accolte». Ovvero: il Pontefice ha semplicemente ribadito quello che da secoli è scritto nel Catechismo cattolico: condannare il peccato e non il peccatore, l’uomo non va giudicato a questo penserà Dio, piuttosto va aiutato e sostenuto nel cammino.
Va invece sempre giudicato il peccato, perché questo è di aiuto a tutti gli uomini. Papa Francesco lo ha fatto tante volte, anche nei riguardi dell’omosessualità, con parole molto dure: nel luglio 2010, da Arcivescovo di Buenos Aires e Primate dell’Argentina, ad esempio, tramite una lettera ha invitato la comunità cattolica argentina a pregare con fervore per prevenire la legge sul matrimonio e sull’adozione omosessuale: «Nelle prossime settimane, il popolo argentino si troverà ad affrontare una situazione il cui esito potrebbe nuocere gravemente alla famiglia. La posta in gioco è l’identità e la sopravvivenza della famiglia: padre, madre e figli. La posta in gioco sono le vite di tanti bambini che saranno discriminati in anticipo e privati del loro sviluppo umano con un padre e una madre, voluti da Dio. La posta in gioco è il rifiuto totale della legge di Dio incisa nei nostri cuori». Ha proseguito: «Cerchiamo di non essere ingenui: questo non è semplicemente una lotta politica, ma è un tentativo di distruggere il piano divino. Non è solo un disegno di legge ma una “mossa” del Padre della menzogna che cerca di confondere e ingannare i figli di Dio». Nemmeno Benedetto XVI si era espresso con tanta vigorosità, chissà se le riviste gay riporteranno anche queste frasi.
Sempre nel 2010 Bergoglio ha sospeso Jose Nicolas Alessio dal sacerdozio in quanto si era pubblicamente detto favorevole al matrimonio gay. Lo stesso ha fatto da pontefice pochi mesi fa, scomunicando un sacerdote australiano leader di un gruppo in favore del matrimonio gay e dell’ordinazione delle donne. Anche oggi, da pontefice, difende il matrimonio naturale: «La Chiesa offre una concezione della famiglia, che è quella del Libro della Genesi, dell’unità nella differenza tra uomo e donna, e della sua fecondità. In questa realtà riconosciamo un bene per tutti, la prima società naturale, come recepito anche nella Costituzione della Repubblica Italiana. Vogliamo riaffermare che la famiglia così intesa rimane il primo e principale soggetto costruttore della società e di un’economia a misura d’uomo, e come tale merita di essere fattivamente sostenuta», ha scritto recentemente. Certo, non ne parla spesso, come ha spiegato lui stesso: «La Chiesa si è già espressa perfettamente su questo [il matrimonio omosessuale]. Non era necessario tornarci, come non ho parlato neppure della frode, della menzogna o di altre cose sulle quali la Chiesa ha una dottrina chiara! Non era necessario parlare di questo, bensì delle cose positive che aprono il cammino ai ragazzi. Inoltre i giovani sanno perfettamente qual è la posizione della Chiesa! E la mia posizione è la stessa perché sono figlio della Chiesa».
Anche da cardinale combatteva l’aborto e l’eutanasia come fa oggi definendola “cultura dello scarto”. «Questa è una battaglia per sostenere i numerosi attentati contro la vita umana, contro la diffusione della cultura della morte», ricordava nel 2009. Nel 2007 ha tuonato contro l’aborto parlando di “sentenza di morte”, rilevando la contraddizione di chi si oppone alla pena di morte per gli adulti ma non a quella per i bambini. Lo stesso ha fatto recentemente da pontefice spiegando che «la “cultura dello scarto”, «ogni bambino non nato, ma condannato ingiustamente ad essere abortito ha il volto di Gesù Cristo, ha il volto del Signore, che prima ancora di nascere, e poi appena nato ha sperimentato il rifiuto del mondo. Non si possono scartare, come ci propone la “cultura dello scarto”! Non si possono scartare!», ha incalzato. «Per questo l’attenzione alla vita umana nella sua totalità è diventata negli ultimi tempi una vera e propria priorità del Magistero della Chiesa, particolarmente a quella maggiormente indifesa, cioè al disabile, all’ammalato, al nascituro, al bambino, all’anziano, che è la vita più indifesa».
La novità nel pensiero di Francesco è di continuare a sostenere il Magistero della Chiesa in campo bioetico, ma chiedendo allo stesso tempo di non trascurare la tenerezza, la misericordia e la compassione verso gli ultimi e sopratutto verso il vero messaggio evangelico di cui ha bisogno l’uomo: “Gesù Cristo ha salvato anche te”. E’ un insegnamento importante, fondamentale, sopratutto per coloro che vivono il dibattito sui “valori non negoziabili” come ossessione ideologica e questione di vita e di morte. No, ci dice il Pontefice, sosteniamo la verità ma restando liberi dall’esito dei nostri sforzi, non demoralizziamoci e non dimentichiamoci di impegnarci allo stesso modo anche nella carità e nella misericordia.
La provocazione di “The Avocate” è un clamoroso autogol ma anche la decisione della laicissima rivista “Time”. Secondo “Repubblica”, però, quest’ultima avrebbe premiato Francesco perché «parla dei poveri, dei disperati, degli immigrati; perché vuole la Chiesa come un ospedale da campo per curare le ferite di chi soffre, delle vittime di tutte le guerre, degli ultimi», ma anche perché «difende i valori della vita e della famiglia ed ha avviato concretamente un’opera di ricostruzione della credibilità della Chiesa». Queste frasi attribuite al “Time”, tuttavia, non siamo riusciti a trovarle in versione originale. Anche la rivista inglese, probabilmente (a meno che queste frasi esistano davvero), ha perciò preso lo stesso abbaglio, premiando un grandissimo Pontefice per il suo alto profilo morale e, dunque, valorizzando implicitamente anche i suoi pensieri a favore della vita e della famiglia naturale, galvanizzando tutti coloro che la pensano esattamente come lui.
La redazione