Il blogger Saul Stucchi di Tazzine d’Italia ha visitato, per Five O clock, la mostra sul tè del museo Guimet di Parigi. Ecco il suo racconto:
A giudicare dai commenti lasciati sul libro dei visitatori la mostra Il Tè. Storie di una bevanda millenaria ha diviso il pubblico, deve essere stata comunque un successo, se il museo Guimet di Parigi ha deciso di prolungarla di tre settimane fino al prossimo 28 gennaio. Qualcuno ha commentato che c’è più da vedere che da imparare, altri hanno sottolineato la massiccia presenza di oggetti provenienti dalla collezione permanente del museo (dedicato all’arte e alla cultura dell’Oriente). A questo proposito va però detto che in tempi di crisi le istituzioni culturali si arrangiano come meglio possono e in molte occasioni – come in questa – riescono a realizzare mostre interessanti anche “giocando in casa”.
Il percorso espositivo è anticipato da una lunga teca in cui sono illustrati i “fondamenti” del tè: i Paesi che lo coltivano, le diverse qualità e le tecniche di produzione. Il protagonista assoluto della mostra trova invece posto in alcune bacinelle sistemate su dei tavolini: i visitatori possono avvicinarsi e sentire il profumo di numerose qualità, informandosi sulle caratteristiche leggendo le rispettive didascalie (purtroppo solo in francese).
Entrati finalmente nell’esposizione l’attenzione viene subito attirata dall’ingombrante “Tonnellata di tè” dell’artista cinese e attivista per i diritti umani Ai Weiwei: si tratta di un cubo di tè pressato che intende sottolineare – almeno nelle intenzioni dell’autore – l’importanza del tè nella società contemporanea e la “natura” artistica di tutto ciò che fa parte della nostra quotidianità. I pannelli didattici raccontano le tre principali tappe nella millenaria storia del tè: l’epoca del tè bollito, sotto la dinastia Tang (618-907 d.C.); quella del tè battuto, sotto i Song (960-1279) e quella del tè infuso, sotto i Ming e i Qing (1368-1911).
Molto interessante è il video che mostra all’opera la degustratrice di tè Tseng Yu Hui, capace di distinguere le più labili fragranze racchiuse in una tazzina di bevanda bollente (ma al visitatore profano viene inevitabilmente alla mente la gustosa e dissacrante parodia del sommelier fatta da Albanese…). La mostra naturalmente non ha l’obiettivo di raccontare in modo esaustivo la storia del tè, quanto piuttosto quello di illustrarla per sommi capi, attraverso utensili e documenti. Un manoscritto, per esempio, mette in scena la contrapposizione culturale e letteraria tra il tè e il vino, di natura più spirituale il primo, più legato alla carnalità il secondo: ed ecco perché i monaci bevevano il tè e rinunciavano al vino. Ma non tragga in inganno questa distinzione manichea (come del resto quella che contrappone tè e caffè): il tè fu anche al centro di guerre sanguinose, come quella d’Indipendenza americana. Considerando ingiuste e troppo gravose le tasse che gli Inglesi imponevano sul tè, il 16 dicembre 1773 i coloni americani buttarono a mare oltre 300 casse della preziosa materia prima, accendendo la miccia che di lì a poco avrebbe fatto scoppiare la guerra (episodio passato alla storia come l’incidente del Boston Tea Party).
Per sopire eventuali spiriti bellici i visitatori sono invitati a bersi un bicchiere di tè bollente all’uscita della mostra.
Ecco le foto di Saul:
E ricordatevi di votare Five O clock: http://blogger.grazia.it/blogger?id=685