Apre il quinto giorno di sfilate Junya Watanabe. Le bambole viventi del protetto di madame Comme des Garçons si vestono di PVC e tulle e indossano parrucche di gomma. A metà tra una passerella e una performance, il giapponese racconta la sua visione di modernità, quasi come si usava fare a inizio del secolo scorso. Donne pop che attraversano epoche differenti, inclusa una citazione doverosa alla collezione Fall 2012 di Kawakubo, calcano la passerella raccontando uno street style d’alta sartoria, che attinge a piene mani dalla club culture dei primi anni Novanta. Bambole sì, ma pensanti.
Comme des Garçons continua la sua odissea. A cento anni dalla Grande Guerra, Kawakubo riprende le fila del discorso iniziato la scorsa stagione. Un continuo spostarsi dal 2014 al 1914, uno sguardo al passato per capire il presente: rosso sangue, rose rosse, brandelli di vestiti come brandelli di carne, caos ordinato. Un disordine che racconta, spiega la visione del mondo della designer e non ha bisogno di essere ammirato, ma solo compreso. Non c’è intento politico nel lavoro di Kawakubo, solo l’idea che la moda, oltre il trend, vive della Storia.
L’ultima collezione di Pret-à-Porter firmata Jean Paul Gaultier chiude un’era. E proprio in un clima nostalgico, alla presenza di 1500 spettatori, il couturier francese racconta la sua epoca: ad ogni invitato è stato servito del pop corn e dello champagne, come al cinema, per gustarsi lo spettacolo. Divisa in più parti, la passerella vede il rapido susseguirsi dei lavori più rappresentativi del designer: dai bustini con le coppe a cono agli iconici corsetti, si quadra il cerchio e si fa il punto sull’eredità di uno degli stilisti più rappresentativi della sua generazione.
Torna a stupire, invece, Phoebe Philo da Céline. Con Kate Bush in sottofondo, inizia a sfilare una collezione che è un riassunto di più mood: un fluire rapido di idee ed emozioni, capi semplici e dal design essenziale, come solo Philo ha saputo creare in questi anni. Forme pratiche, volumi poco ingombranti, lunghezze misurate. Le calzature sono flat e funzionali. Le inedite stampe floral rompono la secca monocromia a cui eravamo abituati, facendoci assaporare un gusto vagamente borghese e inedito. Rischioso? Forse. Ma di sicuro audace.
A conclusione della sesta giornata di passerelle, Riccardo Tisci per Givenchy racconta la storia di donne guerriere. Senza essere banali, una Giovanna D’Arco della moda, consapevole della sua estrema sensualità e aggressiva quanto basta nei suo mini abiti in pelle. Il designer italiano, però, non ci ha abituati solo a storie suggestive e location inusuali, ma ha anche allenato i nostri occhi a riconoscere la fattura dei suoi capi, che difficilmente possono essere assimilati a quelli del ready to wear. Una demi-couture che si sporca di street, decorata in filigrana e agghindata con enormi medaglioni color oro. Poche le variazioni sul tema, piuttosto coerenti tra loro forme e volumi. Una battaglia estenuante, ma dal glamour estremo.
di Andrea Pesaola