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Paris les Halles, il "ventre di Parigi"

Creato il 02 marzo 2012 da Eneadiomede

Viaggio fotografico nel cuore di Parigi, alla scoperta dell'anima del quartiere popolare delle Halles

Paris Halles,
E' nel lontano 1933 che il fotografo Robert Doisneau scatta la sua prima foto nel quartiere delle Halles. La mostra "Paris les Halles" si snoda fra 208 stampe in bianco e nero, presentate al pubblico con l'obiettivo di rivelare la vita, il carattere, i colori e le evoluzioni di questo quartiere tra il 1930 e il 1970.
da La Stampa 15/02/2012  ALBERTO MATTIOLI
Parigi perde il suo ventre e un po’ del suo spirito, scrisse Robert Doisneau quando la città prese una delle decisioni più sciagurate della sua storia, «la distruzione tragica», parola del sindaco attuale, Bertrand Delanoë, delle Halles e l’esilio di quel mercato otto volte centenario dal centro alla periferia.
Le Halles erano il ventre di Parigi, certo. Ma anche il suo cuore. Sempre Doisneau: «Penso all’uomo alla deriva, senza amici nella città addormentata dove i telefoni sono muti. Andava alle Halles, un po’ di fortuna, e trovava di che viverci; un altro po’ di fortuna, ed era adottato». Però Doisneau per parlare non usava le parole ma la sua Rolleiflex. Mai una città si è tanto identificata nelle fotografie come Parigi in quelle di Doisneau. Tanto che ancora adesso, quando pensiamo a Parigi, che pure è una metropoli globale, multietnica, coloratissima, la pensiamo in bianco e nero, in «quel» bianco e nero: il bianco e nero di Doisneau. Non è vero che l’arte s’ispira alla realtà: è la realtà che somiglia all’arte. E, di tutta la Parigi che fu, nessun posto come le Halles ispirò Doisneau. Lì, la sua prima foto la scattò nel 1933, a 21 anni. Titolo: «Les filles au diable», ma il demonio non c’entra, il «diable» era il carretto che veniva affittato a giornata ai facchini. Doisneau continuò ad andarci per decenni finché, alla fine degli Anni 60, i meravigliosi padiglioni costruiti da Baltard sotto Napoleone III, tutto un gotico industriale di ferro, furono abbattuti e il mercato spostato a Rungis per le solite ragioni di igiene, ordine, pulizia ed economia. Cervello batte cuore uno a zero.
Non finì un mercato, ma un mondo fatto di macellai rubizzi, prostitute un po’ sfatte, facchini enormi, fioraie civettuole, tenutari di bistrot che ne avevano viste di tutti i colori e zuppe di cipolla buttate giù all’alba. Adesso che l’orrido Forum che ne ha preso il posto fa la meritata brutta fine e verrà a sua volta demolito,
il Comune organizza all’Hôtel de Ville una mostra, «Doisneau - Paris les Halles»
aperta fino al 28 aprile e già presa d’assalto, e non solo perché l’ingresso è libero. La realtà è che i parigini che ricordano le Halles vogliono rivederle; i più giovani e i turisti, scoprirle; e tutti sono affascinati dalla poesia di questi scatti.
Era un ambiente straordinariamente pittoresco, con i suoi usi, le sue regole, perfino il suo vocabolario: il «fort» era il facchino, i «glaneurs» i poveracci che a mercato finito andavano a rovistare fra gli ortaggi scartati o la frutta mezza marcia. Su tutto, domina la passione dei francesi per il cibo, che in fin dei conti li rende così vicini a noi italiani: siamo fra i non molti popoli per cui mangiare non vuol dire solo nutrirsi.
C’è la stessa idea della spesa come rito, festa, recita. Cominciava tutto alle prime ore del giorno, quando arrivavano i camion, i disperati guadagnavano due soldi aiutando a scaricarli, il sangue degli animali sacrificati si spandeva sul selciato, chi aveva fatto la festa passava dalle Halles e quelli che non avevano niente da festeggiare, anzi niente del tutto, dormivano per terra avvolti nell’onnipresente sacco di juta. Poco più in là, in rue Saint-Denis, le prostitute aspettavano i clienti: sempre i piaceri della carne, però le donnine sono ancora lì, le Halles sono sparite.
Queste foto sono così straordinariamente toccanti perché ci si vede tutto l’amore di chi le ha scattate. E anche la sua fatica: per anni, quando capì che le Halles erano condannate, Doisneau andò a passarci una notte alla settimana. Arrivava lì alle tre e iniziava a fotografare. Si chiama passione. Diceva: «Parigi è un teatro dove si paga il proprio posto con il tempo perduto».

Le Halles sono l'argomento principale del libro Il ventre di Parigi di Émile Zola.

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