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Parise e la città che vorrebbe

Creato il 14 luglio 2011 da Lapulceonline
Mohamed Aouadiy Simone Lumina corrado Parise

Mohamed Aouadiy, Corrado Parise e Simone Lumina

Mancano ancora parecchi mesi, anzi, un anno circa alle prossime elezioni amministrative, ma il pentolone della politica sta già cucinando da tempo il piatto che ci verrà somministrato nella primavera dell’anno prossimo.

Per il momento siamo all’antipasto. E i primi assaggi di questa portata avranno un primo epilogo nelle prossime primarie, in previsione, pare, il 16 ottobre prossimo.

Uno di questi “antipasti” è stato servito dal primo dei quattro candidati sindaco già scesi in lizza: Corrado Parise, in lista nelle primarie per il PD.

Parise ha fatto una analisi critica impietosa di Alessandria, definita “una città brutta fuori e brutta dentro, per via delle strade rotte e sempre più sporche, ai pavimenti sbagliati di piazzetta della Lega e Corso Roma, all’improbabile foresta di Piazza Marconi, a certi dehors-scatoloni permessi in pieno centro, a un ponte amputato, a un teatro sigillato come una vergogna da nascondere, ai rifiuti per strada, alle rose morenti nelle rotonde e a tanti altri simili trucchi senili”.

E ancora – ” Brutta dentro, se pensiamo al disordine morale che regna nelle amministrazioni, alle casse vuote e ai creditori alla porta, alla situazione delle aziende partecipate, a quella dei loro lavoratori, allo svegliarsi una mattina e ritrovarsi la ‘ndrangheta e la mafia in casa”.
Rivolge quindi un invito agli elettori affinché “si ritrovi la nostra faccia, la nostra identità e la nostra forza. In questi anni ci hanno illuso la vecchia destra e la vecchia sinistra – prosegue Parise – illusioni perdute e un declino che sembra inarrestabile.”

Rileva pertanto la necessità di tornare ad occcuparci di Alessandria per rimetterla in ordine dentro e fuori – aggiunge – “Alessandria deve tornare una grande città, capitale del suo territorio e competitor rispetto alle grandi città del Piemonte, della Lombardia, della Liguria, della Francia. Vogliamo costruire una Nuova Alessandria, bella fuori e bella dentro.”

Per modificare questo stato di cose Parise individua un progetto per la nuova Alessandria dove “è evidente che la priorità della prossima amministrazione dovrà essere un’azione immediata, profonda e rapida di risanamento del bilancio. Non si potrà più scherzare né illudere gli alessandrini”.
Parlando di sviluppo individua Alessandria come città “euromediterranea”, da contrapporre a quella che oggi appare afflitta da “una inarrestabile decadenza”.

Con la cultura invece si vorrebbe creare una sua identità e sviluppo -” mi riferisco – spiega Parise – ad un concetto ampio che riunisce sapere, studio, scambio di idee ed esperienze, ricerca, tecnologia, arte, cultura popolare” contestando un certo modo di pensare secondo il quale con la cultura non si mangia.
Insomma, un progetto – quello presentato da Parise – ampio ed ambizioso, come quello della “costruzione definitva della Cittadella della cultura e delle arti. Un sogno che dobbiamo rendere realizzabile con cinema, teatro, musica, musical, spazi fissi e atelier per gli artisti…” e poi il parco della Cittadella che dovrà essere recuperato così come il rapporto degli alessandrini con il Tanaro e il lungofiume, citando ad esempio quanto già esiste a Torino con i Murazzi, o il lungo Senna di Parigi.
E poi ancora Alessandria città aperta, e l’istituzione della “famiglia anagrafica, basata su vincoli affettivi” come già realizzato a Padova e Bologna.

E poi il tema delle unioni civili. Sulla falsariga di altre città, vorrebbe che Alessandria si dotasse di un registro delle unioni civili, la cosiddetta famiglia anagrafica basata su vincoli affettivi.

Impossibile registrare tutto, al punto che siamo costretti a sorvolare su argomenti importanti che pure si sono dibattuti, come il nuovo ospedale, i centri commerciali e il piccolo commercio, i servizi sociosanitari, il progetto di un nuovo stadio e l’azionariato popolare per i Grigi: “dobbiamo uscire da una logica paternalistica secondo la quale devono essere salvati sempre in extremis dal politico di turno”.


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