Parlando d'altro...

Da Jollyroger
È innegabile che essere a dieta in una regione come le Marche equivalga a un ossimoro o, più precisamente, a un supplizio. Certo, le verdure sono più gustose e fresche, la frutta più dolce e saporita, ma ogni visita al minimarket con gastronomia annessa, si trasforma in un’immersione nel giardino dei supplizi culinari, un nirvana della gola.
Vedere le verdure grigliate, i cremini (cubetti di crema pasticcera) impanati e fritti, le olive ascolane, le lasagne - che qui chiamano vincisgrassi dal nome di un ufficiale austriaco, Windisch Graetz - la porchetta e i supplì di patate e prosciutto, gli arrosticini e altri ben di dio, mi procura sofferenza solo a nominarli.
Non importa se volto lo sguardo e fingo di non vedere il bancone gastronomia, perché, anche fra gli scaffali, si ripropongono i maccheroncini di Campofilone che, a dispetto del nome, sono sottilissimi spaghettini all’uovo, ruvidi come solo una trafila al bronzo artigianale sa produrre, piadine con uova e strutto, come la crescia sfogliata di Urbino, che è a un tiro di schioppo e ha un palazzo ducale che pare uscito da una fiaba, mozzarelle che al solo sguardo trasudano latte come un bambino che arrossisce, pappardelle artigianali all’uovo da far morire nel ragù di papera, tanto simpatica quanto buona, Ciauscoli grossi come zamponi, che poi sono salami a pasta fresca con aglio e spezie da spalmare su fette di pane leggermente tostate alla brace, o i salami di Fabriano - che non produce solo la carta - a grana finissima e spezie, che non c’è nemmeno bisogno di masticare ché si sciolgono in bocca. E un mucchio di altre cose che, in questo bengodi del palato, ho dimenticato, come, per esempio, le caciotte di pecora che produce una famiglia sarda trasferitasi in queste dolci colline da generazioni. C’è quella leggermente rosata, prodotta col latte delle pecore che hanno brucato i fiori di campo a primavera, dolce e profumata, quella stagionata da mangiare col miele o la marmellata, quella fresca che, insieme a un piatto di pomodori e cipolle, ti spedisce direttamente in paradiso. Un’esperienza che deve assolutamente provare chi, come me, ama i formaggi, è un pranzo nella loro fattoria, tutto a base di formaggi e salumi. Dai ravioli ricotta e spinaci - buoni quanto quelli di borragine liguri - al culatello e i salami, per finire con caciotte e miele, e il dolce a base di ricotta e panna fresche con frutti di gelso quando è stagione, oppure con frutti di bosco.
E, anche se non sono un amante del pesce e i frutti di mare, non posso fare a meno di ricordare i moscioli (cozze) del Conero, le uniche che la legge permette di consumare senza lavaggi e sterilizzazioni, o il “brodetto” di pesce di Porto Recanati.
Insomma è davvero duro resistere e accontentarsi, per quanto sia gustosa, della ormai inflazionata “insalatona”, così di moda fra gli inappuntabili borghesucci di Milano.
Il trucco che ho escogitato nel corso degli anni per concedermi, ogni tanto, una di queste opere d’arte culinarie, è piuttosto semplice e, credo, alla portata di chiunque: fare delle lunghe nuotate di almeno un paio d’ore, mattino e pomeriggio. Non serviranno a dimagrire, ma quasi certamente permettono di tornare a casa con l’identico peso di quando si è partiti. Una cosa non da poco se paragonata alla gioia di un piatto di maccheroncini di Campofilone al ragù di papera. Qualcosa che, per ora, non mi sono potuto permettere, visto che con questo schifoso raffreddore fantozziano, non ho fatto ancora un bagno.

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