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Parole in Pellicola – Incontro con Simonetta Lein

Creato il 04 luglio 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

TUTTO-CIò-CHE-SI-VUOLE

Un romanzo, un movimento virtuale – il ‘People Wish Tree’ – e un blog su Vanity Fair Lovelightlein.com per raccontare il potere dei desideri. L’esordio letterario di Simonetta Lein, ‘Tutto ciò che si vuole’, risale al 5 marzo di quest’anno; oggi sono passati quasi quattro mesi e quel romanzo – storia di un viaggio nell’India degli ashram alla ricerca della felicità – è diventato prima un progetto per raccogliere i desideri altrui (‘The People Wish Tree’) poi un blog. Così l’attrice, scrittrice e conduttrice tv racconta il lungo cammino di un libro che le ha regalato tanto, a partire dalla sua protagonista, Sofia.

Da dove arriva l’ispirazione di ‘Tutto ciò che si vuole’?
Nasce da una frase di Nietzsche che cito proprio all’ inizio del libro: “La felicità non è fare tutto ciò che si vuole, ma volere tutto ciò che si fa”.
Il senso è che dobbiamo cominciare a mettere azione nella vita, prendere coscienza e consapevolezza del nostro agire e recuperare la semplicità dei gesti. Molti mi chiedono se questo libro è in parte autobiografico: lo è per metà. All’inizio è ambientato in Friuli: la protagonista, Sofia, cresce nel paese – che fu anche di Pier Paolo Pasolini – in una comune con due genitori fuori dai canoni che le hanno parlato di India sin da piccola. Sofia è una ragazza con il cuore spezzato e per rimettere insieme i frammenti non le resta che partire per l’India degli ashram su suggerimento dell’amica Giulia.
Alle sue spalle si è lasciata tante situazioni difficili, la vita le ha fatto conoscere il dolore di un aborto e l’incubo della droga, ma Sofia non è una che ama guardarsi dentro. L’India la aiuterà sviscerare tutto questo in un luogo spirituale come l’ashram. E’ qui che la protagonista del mio romanzo rimarrà profondamente colpita da un maestro capace di accoglierla, starle vicino e ascoltare le sue emozioni. Da quel momento non potrà fare a meno di capire chi sia quella persona nonostante non abbia la minima idea di come si faccia: Sofia è compulsiva, non si è mai fermata a guardarsi e fino a quel momento ha vissuto vorticosamente tutte le sue esperienze. La parte centrale del romanzo è dedicata a un albero desideri, lo stesso a cui le viene indicato di appendere i propri. A mostrarle la strada sarà un bellissimo uomo che la invita a esprimere i propri desideri come stesse scrivendo una lettera: lui andrà lì ogni sera a ritirarla.
Così Sofia si apre a questo sconociuto e inizia a raccontargli tutta la sua vita: da quando era piccola al ricordo di sua nonna.
‘Tutto ciò che si vuole’ é fatto di vita vera , Sofia é una ragazza normale che fa un grande viaggio.

Sei un’attrice pensante, il linguaggio del tuo romanzo ha molto di cinematografico. È un vero viaggio durante il quale si vedono delle immagini e si incontrano delle persone. Entra nel cuore della gente.
Sì, è vero. E’ una narrazione che procede molto per immagini, puoi sentire i colori e i profumi dell’India, quella che i miei genitori mi hanno fatto conoscere quando ero ancora una bambina. Conosco bene quei luoghi e l’ashram è uno di questi: un posto unico. Al contrario delle caste che non hanno diritto di evolversi, l’ashram è un luogo rivoluzionario, in cui può entrare chiunque. Lì Sofia ritrova se stessa e la felicità, solo perché sta veramnete volendo tutto ciò che si vuole, vuole capire davvero chi é il maestro spirituale, una figura che in Occidente viene spesso travisata con quella del santone, e che invece è una guida, un insegnante, un faro.

E cos’è la felicità?
Un mondo felice é un mondo salvo. La vera India è spesso dentro di noi, il viaggo è in ogni momento e in ogni luogo. Lo si può fare leggendo un libro o stando fermi. La felicità è a portata di mano più di quanto noi stessi possiamo immaginare, basta volerla. E Sofia l’ha voluta. Il suo personaggio subisce nel corso della storia una grande trasformazione.

Cosa è stato questo libro per te?
Ci sono voluti tre anni per scriverlo, anni durante i quali ho imparato tanto, soprattutto a essere umile.
E alla fine non potevo che dar vita ai desideri di Sofia: così ho fondato il People wish tree un progetto direttamente ispirato dal romanzo e che prevede la creazione di un Albero dei desideri in tutte le città del mondo.
In qualche modo significa ridare – in questo particolare momento di crisi materiale e spirituale – la speranza di riappropriarsi dello spazio pubblico. Il primo Albero dei desideri è stato piantato a Pordenone in una scuola pubblica; è il simbolo dell’uscire e del rincontrarsi, di un mondo più positivo e di conseguenza più salvo. Qui i ragazzi hanno iniziato ad appendere i loro desideri e hanno imparato che condividerli fa bene, come mi insegnò una volta un bramino dicendomi: “Quando appendi il tuo desiderio fai una preghiera perché anche quelli degli altri si possano avverare”.
Il secondo albero sarà piantato a settembre a Roma e il terzo a Milano; con il progetto People wish tree ho dato vita a Sofia e la speranza ora è che arrivi in tutto il mondo.
Ho scoperto che l’arte può fare grandi cose; è bello usarla per veicolare speranza ed è importante fare qualcosa per traformare un pezzettino delle nostre vite.
Sperare è un sentimento, ma perché diventi positivo è necessario che sia seguito dall’azione, perchè l’arte è anche questo: azione.
C’è bisogno che ognuno si renda partecipe di se stesso e di ciò che gli sta attorno. Dovremo tutti rimparare a riconoscere i nostri maestri: a volte può essere la nonna, altre volte il vicino di casa.

di Elisabetta Bartucca


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