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Continua l'esplorazione di questo capolavoro.
Il padre dissoluto Fedor ha quattro figli: il primo Dmitrj è impulsivo e passionale e verrà accusato subito del delitto; il secondo, Ivan, è l'intellettuale, il cinico, l'alter ego del Raskol'nikov di Delitto e castigo, ma più incapace di cristallizzare il proprio percorso della ricerca della verità; Aleksej (Alesa), il puro, colui che più di tutti si è messo su una strada di fede facendosi monaco, ma è ancora inesperto e il suo personaggio sembra ancora in via di formazione (all'inizio del progetto, interrotto dalla morte di Dostoevskij, in effetti questo doveva essere solo il primo romanzo che raccontasse la vita di Alesa); moralmente sopra tutti, durante il romanzo fa esperienza del male, lontano dalle celesti e aeree idee che lo dominano e ne viene scioccato, data la sua inesperienza (la morte del suo padre spirituale e la percezione della decomposizione del suo corpo ne sono un esempio); e poi c'è Smerdjakov, il figlio ridotto a essere lo schiavo, l'emarginato instabile ed epilettico.
Tre grandi figure femminili a fare da contrappunto. La prima è Grusencka, la prostituta amata sia da Fedor che da Dmitrij e motore ideale della vicenda: il tema archetipico della lotta per la donna, coinvolgente consenguinei, non trova altrove simile espressività. Proveniente dal lato e oscuro della società, è una "cattiva" ma presenterà una levatura morale e spirituale inaspettata. Il secondo personaggio femminile è Katerina Ivanovna, orgogliosa donna aristocratica, promessa a Dmitrij e legata a lui da complicati sentimenti di amore-odio e intrallazzi finanziari. Questa figura la accumuno all'indimenticabile Nastas'ja Filippovna dell'Idiota, la più bella creazione di Dostoevskij, per capacità di risultare ambigua al lettore fin quasi all'ultima pagina. Al di là di questo paragone, Katerina Ivanovna si rivelerà ben peggiore della "puttana" Grusencka. Terza e forse un pò marginale rispetto alle altre due la figura di Lizaveta, la ragazza che, infatuata di Alesa, cerca di sedurlo nonostante i suoi voti. Quest'ultima la ricordo perchè è al centro di una delle immagini che ho più vivide del romanzo: dopo una discussione con Alesa, frustrata dalla (perlomeno apparente) stabilità di lui, quasi invidiosa della sua esperienza della bontà, si schiaccia volontariamente le dita nello stipite di una porta, in un tentativo di punire la sua inadeguatezza, come donna ma soprattutto come essere umano sordo al richiamo della bene.
L'affresco non è storico in senso stretto, ma qua e là si evince la presenza di una struttura sociale ed economica stritolante, quasi una profezia della rivoluzione imminente. Come altrove Dostoevskij affida questo compito "sociale" del romanzo (ma che è anche e soprattutto spirituale) alle figure emarginate, umiliate, prigioniere dell'alcol e di una condizione disonorevole: a farne le spese in questo romanzo è la tenerissima figura di un bambino, Iljusa, il cui padre è stato sbeffeggiato da Dmitrij e la cui famiglia Alesa cerca di aiutare.
Non posso non fare riferimento alla celeberrima scena in cui Ivan narra a Alesa la leggenda del Grande Inquisitore, in cui si racconta di un ipotetico ritorno di Cristo sulla Terra a cui viene risposto "Perchè sei venuto a disturbarci?". Questa leggenda ha mille livelli di lettura e meriterebbe un post più dettagliato a parte.
Anche il libro, come ho già scritto, ha mille livelli di lettura. Uno dei messaggi che credo di aver trovato io è che una delle istanze per esprimere la propria religiosità è accettare, comprendere, SFRUTTARE la presenza del male non come una punizione, nè acriticamente come una calamità, ma come un'esperienza, uno strumento diverso (spesso necessario) per raggiungere la verità e la felicità. Ma neppure questa ipotetica consapevolezza può impedire allo scrittore e al lettore di rimanere adombrato dal dubbio che alla domanda "Perchè esiste il male?" non esista una risposta, a nessun livello.
Ho ritenuto inutile mettermi a raccontarvi cosa succede per sommi capi, ho preferito presentarvi con un paio di pennellate poco esaustive i personaggi principali. Come vedete di carne al fuoco ce n'è parecchia. Anche questo, credo, caratterizza un grande classico.
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