In una nota stampa, la consigliera regionale tabacciana Maria Luisa Chincarini commenta la sentenza con la quale la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione del Tribunale dei Minorenni di Padova che dispose, in ragione di un sospetto caso di PAS, l’affidamento di un bambino alla tutela del padre, revocandolo alla madre insieme alla patria potestà. Chincarini si spinge oltre, molto oltre, arrivando a negare la fondatezza scientifico-statistica della PAS, e questo sulla scorta di un impianto documentale del tutto superficiale, lacunoso e affidandosi ad un registro semantico smaccatamente inadeguato alla problematica. Cui prodest? A chi giova?, si chiedeva Seneca? E qui, la nostra indagine si imbatte nel cardine e nell’atomo della “quaestio”; la consigliera è donna, e la PAS, nell’80% dei casi, ha come responsabile primo e sviluppatore il genitore affidatario, il quale, ancora, nel 90% dei casi è donna. Chinchiarini chiude la nota auspicando la centralizzazione degli interessi del minore (“…il nostro auspicio, infatti, è che la sentenza della Corte di Cassazione faccia da apripista per i tanti casi di affidamento ancora irrisolti affinché via sia un vera tutela dei diritti e della volontà del minore..”), ma in realtà, la sua è squisitamente una crociata di genere a trazione misandrica, volta non già agli interessi del soggetto realmente debole ed indifeso, ovvero il bambino, ma a quello della comunità sessuale cui appartiene. Cui prodest? Giova a lei, al suo genere (o almeno questa è l’intenzione); che importa, nella sostanza, del beneficio del piccolo? L’interesse di pentola prevale sulla ragione morale e sul buonsenso, con il bambino che si vede penalizzato due volte, senza possibilità di difesa ed opposizione alcune, stretto tra le morse di un torchio che ha da un lato il volto della follia più revanscista e frustrata, dall’altro quello di un politicamente corretto malato, irrobustito da una cintura culturale mitologica di stampo mariano-mammista sublimante il ruolo della donna e della madre. Il minore, non dimentichiamolo, non dispone del diritto di voto, di conseguenza non ha un potere contrattuale specifico da mettere in campo per far valere le proprie esigenze e rivendicazioni. Siamo noi adulti a doverci far carico dell’onore e dell’onere dei suoi interessi. Trasformarlo in un ariete per sfondare la porta dell’assennatezza così da raggiungere i nostri propositi particolari, è un atto criminale, prima ancora che irresponsabile. Come non mi stancherò mai di ripetere, la strada per porre fine o rimediare ad ad un torto non passa attraverso la realizzazione di una disparità in senso opposto. In questo caso, il messaggio che passa, sottotraccia ma a ventaglio, è la classificazione degli esseri umani sulla base di una gerarchia genetico-biologica in senso qualitiativo assegnante al genere femminile il primato. Il modus cogitandi atque operandi non diverge, nel metodo e nel merito, dal razzismo classico e dalla biopolitica nazista.
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