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Pasolini di Abel Ferrara presentato a Venezia 71 – La recensione

Creato il 04 settembre 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Pasolini: l’hanno ucciso una seconda volta

L’attesa per il film Pasolini di Abel Ferrara è terminata. L’indecente spettacolo si è consumato davanti gli occhi degli spettatori della Mostra del Cinema di Venezia. Il regista italo-americano ha deciso di mostrare al pubblico le ultime ventiquattro ore prima dell’uccisione di uno dei più grandi intellettuali di sempre, interpretato da Willem Dafoe. Il macabro viaggio comincia proprio attraverso le sue parole, quelle dell’ultima intervista che rilasciò ad una rivista francese.

“Scandalizzare è un diritto, essere scandalizzati è un piacere”, afferma Pasolini. Peccato che Ferrara abbia totalmente frainteso il senso delle sue parole, dimostrandosi poco all’altezza della levatura intellettuale del personaggio in questione. Il tormento interiore di un pensatore dall’intelligenza sopraffina si riduce alla rappresentazione di un uomo ucciso dai propri incontrollabili e perversi desideri. Alla ricostruzione degli eventi, Ferrara alterna le fantasiose immagini dell’ultimo film che Pasolini avrebbe voluto girare e che si sarebbe dovuto intitolare Porto-Teo-Kolossal. Si tratta di una fiaba allegorica, simile a Uccellacci e Uccellini, che vedeva un uomo adulto di nome Epifanio e un giovane nunzio che, per inseguire una fantomatica stella cometa avvistata nel cielo di Napoli, intraprendono un viaggio verso l’Oriente. Per i due attori protagonisti Pasolini aveva pensato a Eduardo De Filippo (non sicuro che avrebbe accettato) e Ninetto Davoli. Tra i tanti difetti del film vi è un’evidente confusione linguistica che vede Willem Dafoe e i suoi cari passare dall’inglese all’italiano e viceversa senza alcuna logica, così come Ninetto Davoli, nei panni di Eduardo, si esprime in romanesco e Riccardo Scamarcio, in veste di Ninetto, parla un improponibile napoletano.

Pasolini - Abel Ferrara

Pasolini è un film incredibilmente volgare dove ai discorsi del regista bolognese, recitati in modo grossolano e disattento da Luca Lionello, si alternano scene di masturbazione e dulcis in fundo l’uccisione di Pasolini stesso, che muore sanguinante per la seconda volta davanti i nostri occhi. “Non c’è mistero sulla morte di Pasolini”, ha affermato Abel Ferrara. La verità è che quel 2 novembre 1975 quando Pasolini fu assassinato all’Idroscalo di Ostia rimane una delle pagine più buie della nostra storia. Il suo film accresce il dolore di chi quella notte la ricorda con commozione e lacera chi, come chi scrive, a quei tempi doveva ancora nascere.

Pasolini è un film sulla morte, la morte di un Pasolini vilipeso, percosso e umiliato, la morte dell’autorialità, del talento e, soprattutto la morte del cinema. Affermare che Willem Dafoe interpreta Pierpaolo Pasolini è un’assurdità. Il compito non gli viene facilitato da un regista che non sembra avere bene in mente lo spessore del personaggio in questione. Detto ciò, l’attore statunitense, nonostante l’indubbia somiglianza fisica, offre un ritratto di Pasolini indecoroso, sciatto e semplicistico. Ciò che sorprende di più è che i nostri Valerio Mastandrea, Andrea Bosca, Riccardo Scamarcio e soprattutto il suo caro amico Ninetto Davoli abbiano accettato di prendere parte a questo assurdo teatro di morte. Criticare questo film non è un atto di moralismo, come si potrebbe pensare. E’ un atto di dovere, di rispetto nei confronti di una persona, di un artista, di uno scrittore, di un uomo che ha provato con tutte le sue forze a cambiare un paese, senza riuscirsi, che assiste nuovamente impotente alla sua morte.

di Rosa Maiuccaro per Oggialcinema.net


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