Nella nostra epoca tutto prende così facilmente una forma estremistica e coercitiva che, se venissi a sapere di una riunione moderata di persone moderate, decise a scambiarsi opinioni moderate in vista di un modesto miglioramento dei rapporti fra gli uomini e fra i popoli, neanche di loro mi fiderei e le osserverei con la coda dell’occhio e con gli occhi dell’anima, e guarderei con diffidenza soprattutto agli sviluppi del loro movimento verso il meglio, a tal punto gli uomini di questi anni mi sembrano inesorabilmente votati a rompere le scatole a tutti gli altri individui del nostro piccolo pianeta.
Di Henri Michaux si sono date diverse definizioni. Viaggiatore incallito, genio enigmatico, enfant terrible, pittore di ideogrammi, scrittore esoterico…
Di sicuro Michaux non accettava idee preconfezionate perché intendeva scoprire il mondo da solo, capire se la sua vita si poteva davvero trasformare.
Per Michaux esistere significava “creare” e scoprire attraverso la creazione.
Lo spazio vitale è il mondo intero e quando il mondo sembra non bastare è necessario scoprire il proprio corpo, un universo apparentemente indivisibile che si trasforma e si moltiplica all’infinito. In questo modo, l’approccio dello scrittore dà sempre risultati. Perché la letteratura parla di noi come di un paese da esplorare e di un paesaggio la cui apparente stabilità nasconde piccole o grandi quantità di eventi. Eventi che lo scrittore dovrà osservare per esserne un testimone privilegiato il cui punto di partenza è proprio la volontà di testimoniare.
Henri Michaux
Passaggi
(cura redazionale di Federica Di Lella, Giuseppe Girimonti Greco e Valeria Perrucci)
Adelphi
2012