Oggi è quasi l’ultimo giorno che passo nell’azienda in cui ho lavorato sette anni e mezzo. Dico quasi perchè domani e venerdi sarò in ferie però domani verrò un paio di ore per l’ultima riunione di passaggio consegne e per i saluti alle persone con cui ho lavorato più da vicino: i magazzinieri, gli impiegati dell’ufficio, i capi. Le altre persone le avrò salutate tutte entro stasera.
Soffro gli addii, perchè non sono nata spigliata nè lo sto diventando con il passare del tempo, perchè tendo ad affezionarmi alle persone e alle cose e perchè qui ho investito tanto, specialmente nei primi anni, e avevo sperato fosse un arrivo e non un punto di passaggio.
E’ andata in altro modo, fa parte delle cose comuni che succedono a tutti. Il cambiamento spaventa, ma è salutare, specialmente per persone come me che, dietro un’apparenza tranquilla, sono spesso inquiete. Il nuovo serve per la mente e per il corpo, per conoscere, sbagliare, mettersi alla prova e lo attendo, a partire dalla prossima settimana, con ansia e desiderio.
Sto cercando di fare un esame di coscienza, qui, per capire cosa è andato male, per indagare un po’ sui se e sui ma e sulle scelte possibili che mi hanno portato qui, non tanto per rimpianti o frustrazione, quanto per cercare di inventariarne i sintomi per poterli riconoscere, in futuro, e prevenirli. Sto anche innervosendomi, perchè so che il racconto di come è andata sta circolando in diverse versioni non tutte veritiere. Anche questo fa parte di ciò che accade, ma mi infastidisce comunque. Tra pochi giorni, però, farà parte del passato: quel che mi aspetta inghiottirà ogni altra cosa, per un pò, e poi riaffiorerà, più avanti, coi toni smorzati, come è giusto che sia.
L’ufficio è deserto: sono tutti ad un corso. Finalmente si fa un po’ di formazione anche a chi non è nei posti di responsabilità. Entrano ed escono due manutentori: stanno montando l’aria condizionata. La chiedevamo da anni, è arrivata. Le sedie intorno al tavolone delle riunioni sono finalmente quasi nuove – riciclate da un ufficio, ma ancora dignitose – e tutte dello stesso colore. Hanno sostituito dei pezzi d’antiquariato luridi. La carta invece regna ancora sovrana: non sono stata in grado se non parzialmente di ridurre l’apporto alla deforestazione che si consuma qui ogni lunedi: uno scempio di carta, forse in alcuni casi inutile, basterebbe osare un po’.
MI mancheranno molto alcune persone; con alcune so che non perderò i contatti; non mi mancherà per nulla il rumore delle macchine: è un sottofondo fastidioso, a norma di legge, a cui però non mi sono mai rassegnata. Si può stare meglio di così. E’ l’ultimo post che scrivo da questo luogo: mi è capitato di inviarne, nelle lunghe ore noiose che hanno caratterizzato questo lavoro, specialmente nell’ultimo periodo. Spero di non sbagliarmi: non credo capiterà dall’altra parte, o, almeno, non per un bel pezzo.