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Passaggio a sud-est

Creato il 11 agosto 2010 da Paperoga

Passaggio a sud-est

Per un abitudinario con tendenza alla ciclicità, nulla è meglio che consumare i propri riti di stagione, che si ripetono identici da anni. La discesa notturna e automunita in Salento, all’atto dell’inizio ferie estive, è uno di questi refrain sempre piacevoli da preparare e poi affrontare.

La preparazione altro non consta che di operazioni ovvie, come il preparar valigie e sbrinare il frigo, oltre ad un riposo pomeridiano più o meno lungo che mi faccia svegliare in serata pronto ad affrontare dieci-undici lunghe ore di viaggio. Quest’anno ho dormito dalle 18,30 alle 22, e verso le 23 ero in macchina nella piovigginosa Parmaperopoli, a ritirare il biglietto al casello. Come al solito, in questo lungo scivolo on the road, gli aneddoti, gli incontri, scorci ed ombre di una notte in autostrada, si sono accavallati giusto al punto da permettermi un post di mille battute.

1) Ore 00,20 Autogrill nei pressi di Imola: scontri tra maiali e tifosi.

Faccio la prima sosta per mangiare un panino e bere un caffè. Ma scopro ben presto che, a dispetto di un traffico abbastanza tranquillo, le stazioni di servizio sono preda di orde di pulmann che scaricano individui vestiti di una combinazione di colori a me cara, il bianco e nero. Faccio subito mente locale: la Juve ha appena giocato a Modena, dunque quei pulmann hanno una giustificazione spazio-temporale. A parte la coda porca che mi tocca fare per prendermi una rustichella ed un caffè, è sempre molto bello essere attorniato da fratelli gobbi che condividono con me l’amaro calice. Certo, si tratta di primo acchito di individui non propriamente ragionevoli, insomma se non fossi juventino da 35 anni suonati non mi recherei proprio tranquillo al bagno con loro. Fuori dall’autogrill assisto ad una delle scene più surreali della mia vita: un gruppo di 5-6 tifosi si è radunato davanti al camion, e vi inveisce con slogan da stadio. Mi avvicino accorto, e vedo che si tratta di uno dei tanti camion stracolmi di maiali stipati che attraversano l’Emilia notte e dì. A quei maiali, credetemi, davvero, proprio a quei maiali, i tifosi stanno gridando slogan come “inter merda” e “nerazzurri vaffanculo”, con tanto di gesti delle mani non propriamente educati. I maiali non se li filano molto, ma loro continuano e paiono divertirsi. Poi si girano verso di me che evidentemente c’ho scritto nell’espressione facciale un “siete una manica di teste di cazzo, benchè juventine, sempre teste di cazzo siete“. Mi ricambiano sguardi e momenti di silenzio non propriamente piacevoli, al che mi sento di ristabilire la mia vicinanza bianconera con frasi di rito quali “come ha giocato la juve stasera?” oppure frasi più tecniche che nessun dubbio possono alimentare sulla mia juventinità, quali “e motta come ha giocato? e il modulo con diego dietro amauri?“. Insomma si rilassano un attimo, però non sanno rispondermi un granchè: “la partita? e chi cazzo l’ha vista, si cantava, si tifava” e giù ridendo un altro coro contro i maiali. Me ne vado consapevole di essere tifoso di uno sport che produce in catena di montaggio una sesquipedale gragnuola di minchiazze.

Ore 1,50: chiude l’a14 per incidente, si esce a Riccione tra percorsi alternativi e tanta figa.

Ovviamente qualche imprevisto deve sempre capitare, ma in fin dei conti non devo mica correre. Un intero tratto, Cattolica-Pesaro, è chiuso per incidente, esco a Riccione. La statale 16 è ovviamente oberata di auto, dunque decido di crearmi un percorso aggira-ingorgo per arrivare a Cattolica non intontito dai gas di scarico del camion davanti. Ovviamente ho con me tutti i mezzi che la tecnologia ha messo a disposizione, ovvero un atlante dell’italia in una scala ridicola, roba che un mappamondo forse è più accurato. Comunque decido di fare Riccione – Misano Monte, poi qualche paesino sai-il-cazzo-come-si-chiama, infine arrivare a Pesaro e riprendere l’autostrada. Proseguendo comincio a salire sulle colline riccionesi, ed è tutto un bailamme di indicazioni su aquafan e discoteche varie. Di botto sono in coda, ziocane. Sarà l’ingresso per qualche fottuta discoteca, infatti è così. Ma la coda non è per entrarci. Chiunque passa per l’enorme entrata illuminata a giorno come un tempio greco, nota uno spettacolo che, per noi maschi medi e libidinosi, assomiglia quasi al Paradiso terrestre: una mandria, che dico, una flotta, che dico, una smitragliata di gnocca! Una trentina di ragazze, tutte bionde e vestite discintamente da miss, che si fotografano con gli avventori, si strusciano tra di loro, da sole, di gruppo, di sopra, di sotto, di sguincio e di rimando! Anche io proseguo a passo d’uomo col collo incriccato dalla pressione alta, e penso che forse qualche ora di discoteca non mi farebbe male, diamine, sotto ho il mio vestito da DiscoPaperoga sempre pronto! Poi però desisto, anche se mi costerà fatica e non pochi rimorsi lunghi una notte (dove siete, ora, mie slavate dee vestite di strass e pailettes?) Dopo 45 minuti di arzigogoli rientro in autostrada, ancora sospirante per quella visione di abbondanza.

Ore 3,40: Pescara sud, prima pausa sonno, secondo caffè, terzo cornetto.

Ad un certo punto ti senti stanco. Non chiudi mica gli occhi, non scherziamo, però ti senti stanco. Non basta ascoltare le repliche delle radio, non basta nemmeno cantare a squarciagola tutta la discografia di Battiato, da L’esodo a Shock in my town, da Zone depresse a Sentimento nuevo. Ti fermi al primo autogrill, ribalti il sedile a mò di pomiciata, ma ti dedichi ad un casto sonno di superficie, per riposare occhi cervello e membra. Una cinquantina di minuti, una colazione veloce e precoce, e si riparte.

Ore 5,15: nella testa del lungo serpente, dove iniziano i luoghi dell’irragionevolezza.

L’alba è arrivata da una mezzoretta, è lì davanti a me, spostata sulla sinistra, la vedo prima di tutti. Lascio il Molise, lungo 20 minuti, ed entro in Puglia. E’ fatta, direte voi. Studiatevi la geografia, rispondo io! Mancano più di 350 km a casa, maledetta sia questa smilza e lunghissima regione. Il sole comincia all’improvviso a salire vertiginosamente, ed arriva il solito mal di testa. Mi fermo in un autogrill del foggiano, per prendere l’ennesimo caffè. Gli autogrill di queste zone non presentano grandi varianti da quelli del centro nord lasciati alle spalle, se non per il fatto che nei corridoi ci trovi un numero spropositato di pelouche di dimensioni umane, spianate di salvadanai di terracotta a perdita d’occhio, statuette di ogni tipo di santo, foggia e dimensione. E per la cronica disorganizzazione del servizio bar, per cui per prendere un maledetto schifoso caffè ho dovuto aspettare 20 minuti di comiche fantozziane dei due inservienti strappati probabilmente e solo per quel giorno ad altri lavori magari meno di concetto.

ore 7,00: Cerignola est, nel regno delle radio religiose.

La lunga coda e la visione mostruosa di pelouche di orsi grandi come menhir mi hanno completamente risvegliato. Cerco una rassegna stampa in radio, Radio24, Radioradicale, quello che c’è. Ma trovo solo rosari recitati, una nenia quasi ipnotica, un mantra continuo di voci glaciali e melliflue che recitano la stessa preghiera: non c’è solo l’immarcescibile Radio Maria qui tra il foggiano e il barese: no, per le beghine che si alzano presto c’è una scelta che manco Sky Cinema: Radio Mater, Radio Buon Consiglio, Radio Padre Pio, persino Radio Padre Kolbe. Clicco furiosamente sul tasto di ricerca, ma dopo Ave segue un Maria, come un rosario puzzle a più voci, che paiono incatenarti alla superstizione senza alcuno scampo.

Ore 8,30: Tangenziale di Bari (seguirà post a parte)

Ore 10,00: Si torna all’ovile

La superstrada Brindisi Lecce scorre placida come uno squarcio in mezzo gli uliveti. Squillo a mio padre, sa cosa deve fare. Cinque minuti dopo sono davanti al garage di casa aperto. Lui mi aspetta col sorriso dolce con cui ogni tanto mi sbaraglia, ed una guantiera di pasticciotti appena comprati. 11 ore tra ultras, rustichelle, discoteche romagnole, radio religiose, sonni scomodi in un parcheggio, 5 caffè e decine di canzoni urlate alla luna. Per tornare a sud.

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