Sono reduce da 2 week-end di fila fuori casa e sono leggermente distrutta, anche se contentissima.
Dal 27 al 29 ottobre infatti sono stata al Salone del Gusto di Torino, di cui parlerò più diffusamente a breve; il 31 ottobre poi, mi ha vista arrivare in ufficio con il trolley in mano, pronta a partire alla volta della splendida Campania per il raduno annuale delle (St)renne. Nel mezzo c'è stata tutta la confusione e la storditaggine che seguono un viaggio e ne precedono un altro a brevissima distanza.Tanto per darvi un'idea, lunedì 29 ottobre sono venuta in ufficio direttamente da Torino, dopo 3 notti in cui avevo dormito poco o nulla. Avevo riposto moltissime speranze di riposo nella notte tra sabato e domenica, quando ci sarebbe stato il passaggio dall'ora legale all'ora solare e avrei potuto dormire un'ora in più, invece sono rimasta sveglia fino alle 5 del mattino in preda ad un attacco di emicrania che è miracolosamente passato il giorno dopo.
Vi lascio immaginare quindi lo stato catatonico in cui versavo lunedì scorso in ufficio, e l'aria sonnambolica con cui ho affrontato e risolto (o forse complicato?) le varie problematiche che mi si sono presentate: non vedevo l'ora che terminasse la giornata.
Alla sera quindi sono arrivata a casa brasatissima, mi sono scaldata una zuppa che avevo preparato e congelato la settimana prima, ho tirato a fatica le 21.30 per non andare a dormire troppo presto e poi sono crollata.
Martedì mattina la sveglia è suonata alle 6.30 e io ero già sveglia da un po' come al solito, anche se avevo voglia di rimanere ancora a letto (sempre come al solito). Mi sono alzata, mi sono stupita per i caloriferi gelidi, ho preso mentalmente nota della segnalazione da fare all'amministratore del condominio, mi sono lavata, ho fatto colazione, mi sono preparata e sono uscita per prendere l'autobus.
Buio pesto, profumo dolciastro di foglie cadute, cinguettio di uccelli... che bello però godere del silenzio al mattino presto...
E a quel punto ho cominciato a fare mente locale.
E mi sono ricordata che tutti gli orologi di casa erano ancora regolati sull'ora legale.
E ho constatato quindi che erano le 6 del mattino e che alle 5.30 giustamente i caloriferi erano gelidi.
E sono tornata su ad attendere che passasse un'ora (senza poter dormire, ché oramai ero sveglissima), molto irritata con me stessa.
Se non altro però il giorno dopo è andata meglio.
Per lo meno non mi sono alzata alle 5:30.
PATE’ DI ANATRA ALL’ARANCIA (Da: V. Allard – S. Vecchio – Terrines et Patés – De Vecchi)
1 anatra da circa kg 1,2, con il fegato 300 g di lardo (io ho usato pancetta tesa) 50 g di polpa di vitello 2 uova 2 arance (succo) 1 rete di maiale* Sale Pepe Noce moscata Timo
* La rete di maiale si trova molto difficilmente, almeno al Nord Italia; io ho usato al suo posto della pellicola per alimenti.
Togliere la pelle dal volatile, prelevare i petti e tagliarli a lamelle. Disossare il resto dell’anitra e tritarne la carne insieme alla polpa di vitello, al lardo e al fegato dell’anatra (io ci ho aggiunto anche il cuore e ho passato tutto al mixer, dopo aver ridotto la carne a dadini). Mescolare le carni e aggiungervi le lamelle ricavate dai petti. Irrorare con il succo delle due arance (la prossima volta voglio provare a metterci anche la scorza grattugiata di 1 arancia), condire con sale, pepe e una punta di noce moscata, coprire e far marinare per 6 ore al fresco. Al termine di questo periodo di tempo sgocciolare le carni dalla marinata e amalgamarvi le uova.
Preriscaldare il forno a 160 °C mettendovi dentro una teglia che possa giustamente contenere la terrina da paté, piena d’acqua per metà altezza circa.
Mettere a bagno la rete di maiale, sciacquarla, asciugarla tamponando delicatamente con carta da cucina, e usarla per foderare la terrina da paté in modo che fuoriesca (non avendo trovato la rete di maiale, ho foderato la terrina con pellicola alimentare; non temete, sopporta tranquillamente le temperature del forno e non si fonde sugli alimenti, a meno di non metterla sotto al grill!). Disporre all’interno della terrina le carni macinate e le lamelle di petto, poi premere bene per compattare la preparazione. Togliere le foglioline a qualche rametto di timo e cospargerle sopra il paté, avvolgere con la rete di maiale (o il foglio di pellicola) e tagliarne l’eccedenza.
Incoperchiare la terrina e metterla a cuocere in forno nel bagnomaria caldo; l’acqua deve raggiungere almeno 1/3 dell’altezza della terrina. Far cuocere per un’ora e mezza, poi togliere il coperchio e posare sopra il paté una tavoletta con sopra un peso (se avete usato la pellicola, sfilatela dal paté prima di procedere a questa operazione. Viene via molto facilmente, perché in cottura il paté si è ridotto e buona parte del grasso si è sciolta). Far raffreddare completamente il paté, poi togliere il peso e coprire. Conservare in frigorifero per 24 ore prima di servirlo.
Il paté NON è una preparazione dietetica: il grasso è fondamentale per assicurare la coesione della preparazione. Senza grasso si ottiene una preparazione friabile, che si presenta mediocremente e soprattutto dai tempi di conservazione inferiori.
La maggiore o minore finezza della triturazione della carne influisce sulla consistenza finale del preparato: Fine: adatta alle mousse e ai paté di fegato, dà una pasta molto omogenea, più o meno aerata, che si spalma e si taglia facilmente. 33; breton, presenta al taglio dei grani di fegato o di carne. Mista: i due modi precedenti coesistono: si notano alcuni gran"IT">Per migliorare la consistenza della preparazione si possono utilizzare mollica di pane inzuppata di latte o brodo, oppure uova, panna o besciamella.
Salare un paté è di fondamentale importanza e richiede una certa esperienza per non sbagliare le dosi; occorre infatti valutare il grado di salinità degli ingredienti nel loro complesso (lardo e pancetta ad esempio sono molto salati, così come le acciughe). Tenere presente che la salatura sarà meno pronunciata dopo una cottura prolungata e un prolungato riposo in frigorifero. La dose media di sale è di 1,5 cucchiaini rasi per kg di carne non salata. <="" alt="*" lessarla="">
Il grado di umidità della preparazione è un altro elemento fondamentalo la preparazione.
E ora passiamo alla cottura: il bagnomaria deve essere già caldo quando inseriamo la preparazione in forno; il livello dell’acqua deve essere tenuto costantemente sotto controllo e deve raggiungere almeno 1/3 dell’altezza della terrina da paté. Coprire sempre con il coperchio del recipiente stesso, oppure con un foglio di alluminio. %0A%0A%0A%0A%0A%0AUna volta cotta, la preparazione deve raffreddarsi (e si ridurrà ancora un poco); per assicurare una migliore presentaziura solo leggermente inferiore a quella del recipiente di cottura e metterci sopra un peso da 1 a 2 kg (dipende dalle dimensioni del vostro paté). Far solidificare il grasso e i succhi che fuoriusciranno, e che costituiranno un’ottima gelatina che circonderà il nostro paté.
Conservazione: Assicurarsi che la superficie del paté sia sigillata e al riparo dall’aria. Terrine e paté a base di carne si conservano fino a 10 giorni; se si vuole conservarli per più di una settimana scolare i succhi al momento in cui li si mettre a meno di ricorrere a questo accorgimento. Se la preparazione contiene grandi quantità di mollica inzuppata, consumarla entro una settimana. %0A%0A%0A%0A%0A%0A