Chávez rieletto presidente del Venezuela.
54,4% contro il 44,3% del candidato del FMI – Votanti 80,1%
A nulla è servito il lancio solitario dell’ABC di Madrid che -molte ore prima dell’annuncio del risultato ufficiale – aveva sparato che il rampante magnate della hight di Caracas stava vincendo con il 51,3% contro un 48,06 di Chávez. L’avevamo anticipato (qui), ma ai mestatori non è riuscito di provocare tumulti e teppismo giovanile da sfruttare poi contro il detestato “dittatore”. Una affluenza di elettori massiccia 80,1%, senza precedenti in Venezuela, contrasta con il crescente astensionismo e disaffezione esistente in Europa e USA
e conferisce una legittimità inquestionabile alla nuova istituzionalità bolivariana. Chávez è confermato presidente con un consenso sociale d’una ampiezza inarrivabile per la quasi totalità dei suoi colleghi stranieri.
I più di diecimila giornalisti internazionali arrivati a Caracas -più numerosi di quelli che seguirono le Olimpiadi di Londra- per scrutare tra le pieghe e nella penombra, testimoniano dell’importanza geostrategica raggiunta dal Venezuela bolivariano e le implicazioni derivanti dalla rotta che dovevano tracciare gli elettori. Han mostrato il pollice verso al cambio di rotta e a un timoniere fondomonetarista, ostile al welfare, sionista e nemico del blocco sudamericano. Esce riconfermata la continuità, cioè la crescita con redistribuzione sociale, la sovranità come condizione basilare dell’equità, e la difesa a testuggine dei beni strategici come patrimonio collettivo, costituzionale e inalienabile.
Chávez è vittorioso in una campagna in cui hanno partecipato anche gli insidiosi poteri esterni. Esce sconfitto non solo il familio dell’ingorda -ma miope- oligarchia interna. E’ stata ancora una volta sbarrata la strada “ai mercati”, alle elites globaliste occidentali con la bava alla bocca, impazienti di controllare la maggiore riserva di idrocarburi del mondo. E’ una lezione ai loro guardaspalle mediatici, ai maggiordomi politici, alla nebulosa di organismi sovvenzionati dai vari Soros, fondazioni europee e dalle partite segrete degli USA. Dovranno aspettare sei anni, perchè il popolo venezuelano ha dato una lezione morale a tutti costoro, svelandone la natura mercenaria e la faccia di bronzo.
Potranno criticare l’istituzionalità del Venezuela e del suo presidente, solo dopo che i cittadini spagnoli, britannici, olandesi, svedesi, danesi potranno votare quale re li governi.
Quando negli USA la campagna presidenziale non sarà più una caccia grossa ai finanziamenti dei colossi imprenditoriali o finanziari, dove vince chi raccatta di più, in una elezione di secondo grado. I venezuelani hanno dimostrato che c’è un’alternativa al neoliberismo ed è percorribile e vantaggiosa, e che il neo-golpismo finanziario che flagella l’Europa non è una calamità biblica, ma delirio di potenza dell’1%.
Tito Pulsinelli