Magazine Diario personale

Pausa di riflessione.

Da Suster
Pausa di riflessione.
Un pochino mi sforzo di scrivere questo post anche se non ho ben chiara l'idea di "cosa" scrivere.
Mi sforzo perché non voglio lasciar languire troppo a lungo questo mio archivio di pensieri e di annotazioni, e di sproloqui e di emerite... sciocchezzuole.
Mi sforzo perché so che tra non molto potrei essere impossibilitata per un tempo indefinito ad accedere a queste mie pagine virtuali, e sarebbe il caso che sfruttassi questi ultimi giorni di relativo relax e libertà per dedicarmici come ordinariamente vorrei fare senza per altro riuscirci.
Mi sforzo perché cerco di attutire il rammarico di non esser riuscita a metter mano a quei post che da tempo mi riprometto di scrivere, che da tempo ho tutti in mente, che rimando, da tempo, aspettando il momento di potermici applicare con calma e presenza, ma niente, rimarranno in cantiere finché non mi saranno venuti pure loro a noia e finché non avrò perso interesse a dar loro una forma reale, a dar loro vita.
Sarà il metabolismo rallentato da tanti eccessi alimentari, dalla digestione impegnativa di una quantità continua e cospicua di dolci assortiti, pregni di uvette e frutta secca.
Sarà la stasi domestica di giornate che si susseguono tutte più o mano uguali l'una all'altra, scandite solo dal sonnellino pomeridiano della pupa e dai pasti, sempre eccedenti.
E così ritaglio tempo tra una pausa familiare e l'altra. Sento la pupa che, al piano di sopra, gioca con la nonna, la vedo mentalmente avvicinare una conchiglia all'orecchio e usarla come un telefono:
"Pottooo! Nonnaaa! Benee!"
La vedo come se l'avessi davanti agli occhi cacciarsi in testa le tende della portafinestra, lavorate all'uncinetto da una zia lontana, e invitare la nonna a cercarla, invocando lei per prima il proprio nome, col suo inconfondibile idioma: "Aminneeee!" Per poi spuntare fuori all'improvviso con un sorriso briccone stampato in viso, come se avesse realizzato chissà quale inimmaginabile scherzo, e ogni tanto la senti ridacchiare anche divertita da sotto quel drappo, compiacendosi della propria presunta invisibilità.
Scrivo perché in fondo sento l'urgenza di siglare in qualche modo una fine e un inizio, per quanto sappia e senta assai più forte la continuità delle feste, di questi nostri momenti passati in famiglia, in un limbo di non-fare, non-inizio di nulla di nuovo, in realtà, e mi sia potuta anche crogiolare nel lusso di non festeggiare, se non a modo mio.
La sera del 31 dicembre 2011 Suster ha iniziato l'opera di addormentamento pupa verso le 10, mentre in tv Herby, il Maggiolino tutto matto deliziava i suoi compagni di bagordi, sorella e cognato, con le sue irresistibili imprese, tanto per dare una nota di svecchiamento anche ai palinsesti televisivi.
E' riemersa a riveder le stelle, e i presunti fuochi, giusto giusto alla mezzanotte meno 5 minuti, piuttosto rincoglionita causa inevitabile suo addormentamento, per empatia, con la bambina che aveva intenzione di addormentare.
Dallo sprofondo della Valle dell'Aniene, nebbiosa pianura acquitrinosa su cui affaccia la casa di nonna, i fuochi di benvenuto al nuovo anno, ci apparivano come lontani puntolini luminosi all'orizzonte, la cui visuale era per la metà ostacolata da matasse confuse e aggrovigliate di boscaglia ramificata e priva di fogliame, ma ci siamo accontentati anche di quel minimalista spettacolo pirotecnico.
Mia madre, che aveva ceduto al sonno assai prima della mezzanotte, ci aveva lasciato sul tavolo una bottiglia di spumante, rigorosamente a temperatura ambiente, e un panettone da inaugurare, ma nessuno di noi tre si è sentito nello spirito e nella disposizione gastrica di consumare quell'ennesimo omaggio al cibo. Ci siamo limitati a giustiziare i pasticcini del pranzo e a brindare entro bizzarri e massicci calici dallo stelo tozzo e fantasioso con due dita di vino frizzante, che avanzava sempre dal pranzo.
Lasciatami sola loro, telefonata di rito ad Hasuna, che è già rientrato alla base, non ho trovato di meglio da fare che buttarmi un po' nel mondo virtuale dei miei contatti blog, con la strana sensazione di aggirarmi per stanze vuote e la consapevolezza che trovarmi lì a girovagare a notte inoltrata per un universo virtuale, quando tutti si aspetterebbero di saperti in compagnia di amici o parenti in carne e ossa, un bicchiere in mano a scambiarsi baci e buoni auguri, fosse cosa altamente deprecabile e anche un tantino vergognosa, forse persino un poco triste, per quanto la sola idea di potermi invece trovare, in quello stesso istante, reduce da un'altra cena luculliana a celebrare rituali che da sempre mi hanno profondamente annoiato, solo per adeguarsi alla generale psicosi da festeggiamento, mi risultasse per la verità assai più triste e meno desiderabile.
Ma se un senso può avere per me vedere ancora una volta iniziare da capo il conteggio dei giorni e dei mesi, in successione nota, di un nuovo calendario, credo che tale senso sia più facile da ricercare nel raccoglimento di una contemplazione solitaria, nel cuore di una notte in cui il sonno ti è ormai scivolato via dagli occhi, e fuori senti ancora rimbombare gli ultimi scoppi dei festeggiamenti tardivi, piuttosto che nel chiasso di un'allegra brigata di gente che non si incontra che per queste occasioni.
Non dico che ciò debba esser valido per tutti.
Lo è per me.
In realtà il tempo non ha cesure, non ci sono bufere o squilli di trombe al principio di un nuovo mese o anno, e persino a quello di un nuovo secolo siamo soltanto noi uomini a suonare e sparare.
Così mi apostrofa, quasi in risposta ai miei percorsi mentali, un libro, ad un'ora imprecisata di notte inoltrata, tra il 2011 e il 2012, e mi chiedo perché mai tante volte si senta il bisogno di rimarcare queste cesure fittizie facendo più chiasso possibile.
Forse perché gli anni non ci scivolino via senza che ce ne accorgiamo?
Forse per convincerci che, basta, da questo momento in poi, BUM, si ricomincia, piazza pulita, niente come prima, aria di cambiamento, esattamente da ora: BUM! Lasciamoci alle spalle errori, insoddisfazioni, attriti, delusioni, inadeguatezze, sensi di colpa, crisi, guerre e cataclismi, e pensiamo positivo: sì, va be', sarà difficile, non lo neghiamo, questo l'ha detto anche il Capo dello Stato,  ma ce la possiamo fare.

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