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PAVIA. 22 posti per Odontoiatria nel 2013-14: ma serve calmierare?

Creato il 15 luglio 2013 da Agipapress
PAVIA. 22 sono i posti assegnati alla Facoltà di Odontoiatria di Pavia per l’a.a. 2012-2013. Dei 984 previsti in Italia dal Decreto Miur del 9 luglio scorso e predisposti per studenti comunitari e non comunitari ma residenti in Italia e 86 per residenti all’estero. Si ripete così anche quest’anno la scelta del Ministero di regolamentare gli accessi alla Facoltà di Odontoiatria, come per altre facoltà. PAVIA. 22 posti per Odontoiatria nel 2013-14: ma serve calmierare?Un metodo, il numero chiuso, importato dagli USA dove era in vigore per verificare la reale attitudine degli aspiranti studenti alle materie performanti di ciascuna facoltà. Un test attitudinale non di cultura generale. Un metodo che però da noi ha incontrato non poche resistenze anzitutto da parte dei diretti interessati, gli universitari che hanno spesso sollevato dubbi sulla validità, utilità e liceità di tale soluzione tanto da far nascere il Comitato “No al numero chiuso” che da anni, con il sindacato studentesco UDU l’Unione degli Universitari, ha affrontato una battaglia legale contro l’uso e l'abuso del “numero chiuso” per consentire a tutti l‘accesso all'università in applicazione del principio costituzionale del diritto allo studio, quindi aperto a tutti. PAVIA. 22 posti per Odontoiatria nel 2013-14: ma serve calmierare? Un’iniziativa che il Tar del Lazio, con una sentenza del 18 giugno 2008, riteneva valida dando di fatto ragione al Comitato e all’Udu e bollando come illogica una “selezione basata sulla risoluzione di quesiti a risposta multipla dichiarando che l’appartenenza alla UE non ci impone, in materia, l’adozione di siffatti sistemi di selezione”. E proseguiva sostenendo che “mai l’Europa ha invitato gli Stati membri a selezionare i propri professionisti con un test a crocette (vd. su www.nonumerochiuso.it). Un metodo che violerebbe il principio della libertà d’istruzione, l’autodeterminazione del singolo limitato nell’esercizio di un proprio inalienabile diritto. Nel 2012, Michele Orezzi rappresentante dell’UDU ribadiva questo principio affermando “Il numero chiuso è sbagliato, non funziona e svilisce il merito e il ruolo dell’università italiana” (Repubblica.it – Scuola - 30 giugno 2012). E invece così non è parso alla Unione Europea visto che, in questa querelle che include anche altre vicende sommatesi negli anni, si deve aggiungere una sentenza, molto recente. Il 2 aprile scorso era diffusa la notizia che la Corte di Giustizia Europea aveva sancito che “il numero chiuso per l’accesso a determinate facoltà non viola il diritto allo studio”. “La soluzione trovata dal legislatore italiano - si legge - per regolare l'accesso all'università è ragionevole e rientra nel margine di discrezione che gli Stati membri hanno in questo ambito” e i giudici hanno ribadito che “il numero chiuso italiano formalmente non limita l’accesso alle Facoltà ma ne regolamenta l’iscrizione in funzione delle capacità formative dell’Ateneo”. Una sentenza che ha raccolto il plauso del presidente di ANDI nazionale che in un intervento sulla stampa, lascia capire di considerare questa sentenza alla stregua di un deterrente alla volontà di fare ricorsi “presentati dagli studenti che non riescono a superare i test di ammissione e cercano di iscriversi ai corsi di laurea appellandosi alla magistratura”. PAVIA. 22 posti per Odontoiatria nel 2013-14: ma serve calmierare? E così, con la benedizione della Corte di Giustizia europea, anche quest’anno il nuovo Ministro del Miur Chiara Carrozza (in foto) ha riproposto la programmazione degli accessi prevedendo appunto 984 posti 22 dei quali assegnati a Pavia. Ma a proposito di accessi, osserviamo le cifre ricavate dal Miur a.a. 2006-2007 - 877 studenti (ex errore 836) (dal 2006 al 2009 sono 4 mila gli odontoiatri iscritti) a.a. 2007-2008 – 848 studenti (782 italiani e CE + 66 stranieri) di cui 19 a Pavia a.a. 2008-2009 – 812 studenti (758 italiani e CE + 54 stranieri) sono 209 gli italiani negli atenei spagnoli a.a. 2009-2010 – 755 studenti (690 italiani + 65 stranieri) di cui 17 a Pavia a.a. 2010-2011 – 789 posti di cui 20 a Pavia a.a. 2011-2012 – 860 di cui 20 a Pavia a.a. 2012-2013 - 931 posti di cui 20 a Pavia a.a. 2013-2014 - 984 posti di cui 22 a Pavia
Ne deriva una riflessione: come mai, nonostante la crisi nera del settore, nonostante i sindacati come ANDI e AIO ripetano come un mantra che gli studi chiudono e la gente non si cura più come prima, che il rapporto cittadino/dentista in Italia è di 1042 rispetto a 2000 come consiglia l’OMS, come mai il Miur aumenta il numero degli accessi ad odontoiatria costantemente, da quattro anni. Perché? In base a quale previsione di pianificazione? Forse prevede una ripresa del settore che altri non vedono? Ma la sentenza della Corte Europea e soprattutto la politica di pianificazione del Ministero - ritenuta da più parti ormai del tutto fallimentare oltre che inutile perché non serve calmierare gli accessi allo studio sbandierando il vessillo della qualità della formazione se poi il lavoro manca, a meno di non subentrare ad un dentista in pensione o avere uno studio “di famiglia”, o viene prospettato solo da catene di cliniche dai nomi ben noti dove però si lavora con la mentalità da “polli da batteria” considerando il paziente solo un conto corrente da spremere e non una persona-paziente da ascoltare – i due fatti dunque, riportano alla memoria un recente quanto accalorato intervento del presidente di ANDIPavia il dottor Giuseppe La Torre che in una lunga lettera aperta, in risposta al presidente di ANDI nazionale Gianfranco Prada esultante per la sentenza della Corte Europea, stigmatizzava invece la scelta del numero chiuso così come è concepita, e una pianificazione che in realtà, come è strutturata, non serve allo scopo. (QUI)  PAVIA. 22 posti per Odontoiatria nel 2013-14: ma serve calmierare?Ad oggi quelle parole suonano attuali seppure scomode; ma il presidente di ANDIPavia (in foto), nonché vicepresidente di ANDI Lombardia, ci ha abituati in questi anni a prese di posizioni scomode o controverse facendosi riconoscere per libertà e autonomia di pensiero e di opinione. “Il dottor Prada esprime soddisfazione per la conferma della Corte UE all’imposizione italiana del “numero programmato” ai corsi di laurea in Medicina e in Odontoiatria: è una sua opinione personale, non la posizione ufficiale di ANDI. Approfitto dell’occasione per esprimere un diverso punto di vista.
Considero del tutto ingiuste, ingiustificate, criticabili e perfettibili le motivazioni e i criteri d’ammissione adottati, al limite della legittimità: in senso specifico per tipologia procedurale ed in senso più generale per sua intrinseca natura, essendo regolamentazione lesiva della libertà di scelta e contraria al principio di uguaglianza e pari opportunità.
Il corso di laurea in Odontoiatria e Protesi dentaria deve avvalersi di strutture universitarie perfettamente attrezzate, e di un collegio di docenti adeguato al numero degli studenti: prerogative indispensabili per formare dentisti preparati e capaci. Come molti di noi sostengono da sempre, si ammette ora che limitare gli accessi ai corsi di laurea contingentati sia la soluzione non al controllo di un corretto rapporto domanda/offerta secondo normale analisi imprenditoriale, ma più tristemente all’incapacità organizzativa delle strutture universitarie (per indisponibilità progettuale ed economica dello Stato) a soddisfare adeguatamente la richiesta formativa dei neo-studenti, aspiranti professionisti nel loro e nostro futuro.
Pochi posti, troppe richieste: non possiamo concedere a tanti nostri figli la possibilità di realizzare i loro sogni. Si costringe quindi una parte di loro a rinunciare alle proprie aspirazioni, non consentendogli di coltivare personali  inclinazioni e realizzare così importanti obiettivi. Consapevoli che il tempo vissuto sul lavoro (laddove esista il lavoro) assorbe la maggior parte della vita dell’individuo, impedendogli di provare a costruirsi una professione gli precludiamo la possibilità di vivere secondo scelta, smorzandone sogni, entusiasmi ed ideali.
Mentre normative nazionali contingentano il numero di neo odontoiatri italiani, accordi europei impongono di accogliere indiscriminatamente tutti i colleghi stranieri che immigrano dai paesi UE, e sempre più facilmente da Paesi più lontani; colleghi con percorsi formativi e lauree parificabili alle nostre, cui le porte della professione non possono essere né chiuse, né regolamentate; in Europa esistono istituti universitari di ogni livello e tipologia, da ottimi a fasulli, tutti liberamente accessibili.
Così, i più ostinati tra i “candidati italiani non ammessi” cercheranno fortuna all’estero, mettendo a dura prova affetti e risorse economiche delle famiglie di appartenenza; a laurea ottenuta i migliori di loro troveranno soddisfazione nei Paesi che li hanno accolti, gli altri torneranno e opereranno in barba al contingentamento e alle necessità del mercato, col benevolo assenso del Diritto europeo.  Non mi sembra, questa, una politica nazionale accettabile; né può essere questione ignorata ancora a lungo, riconoscendo nella problematica un obiettivo sindacale di primaria importanza.
ANDI potrebbe richiedere un approccio risolutivo del tutto diverso:
1) investimenti strutturali per consentire maggiori chance agli aspiranti, riducendo l’enorme divario tra richieste di iscrizione e posti disponibili;
2) la revisione dei criteri valutativi, assegnando le immatricolazioni per meriti e requisiti, elevandone se necessario il livello; non utilizzando generici quiz, poco o nulla attinenti, che lasciano ampi margini al caso e alla fortuna;
3) il controllo contingentato, questo sì, degli ingressi dall’estero in funzione dell’ottimale rapporto
Sanitari/popolazione, contrastando la “pletora odontoiatrica” non a scapito dei neo Odontoiatri italiani e dando senso compiuto al “patto generazionale” di cui spesso si parla senza peraltro attivare soluzioni concrete e risolutrici.
Questo e molto altro, dovremmo aspettarci dal più rappresentativo Sindacato di Categoria.
A Prada lasciamo le sue opinioni e la soddisfazione per lo “status quo”.
Gli saremmo grati se, quando si esprime in nome e per conto dell’Associazione, specificasse se si tratta, o meno, di sintesi condivise".

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