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Sono queste le parole con le quali milioni di deportati hanno salutato per sempre i loro cari 70 anni fa.
Oggi più che mai è doveroso ricordare le atrocità della Shoa, affinché i dissidi religiosi dell'ultimo periodo non sfocino nella ripetizione dei gravissimi errori compiuti in passato.
Le istituzioni pavesi hanno celebrato oggi 27 gennaio nell'Aula Magna del Collegio Ghislieri, durante un convegno aperto da alcuni brani musicali con testo in lingua ebrea, eseguiti dagli alunni del liceo musicale pavese Adelaide Cairoli.
"La storia certe volte non è magistra di alcunché - ha ironizzato amaramente il sindaco Massimo Depaoli, il primo a prendere la parola - a pochi chilometri da casa nostra si sono verificate atrocità inimmaginabili. La storia recente dimostra che tutto ciò non ci ha insegnato proprio nulla: il male è banale. I giovani spesso si sentono dire che a causare l'Olocausto è stato un momento di irrazionalità: non è vero, non rifugiamoci in questa diagnosi. La pazzia di un solo uomo non lo può portare a guadagnare 300 seggi su 308: esistono cause economiche, storiche e sociali ben precise per quanto accaduto. Spesso i mostri sono dentro di noi e ne diamo la colpa ad altri; la tentazione di dare voce al darwinismo biologico è ancora oggi purtroppo fortissima. La giornata della memoria può servire a riflettere su questo aspetto".
"Quella di oggi non è una ricorrenza qualsiasi - ha sottolineato l'assessore provinciale Francesco Brendolise, presente in sostituzione del presidente Daniele Bosone - ricordiamo in particolare i cittadini pavesi che sono stati coinvolti nella tragedia: la nostra città non vuole dimenticare e ha dedicato loro vie e piazze. I germi di odio razzista che crebbero nella Germania nazista non devono proliferare mai più. Tutti noi dobbiamo imparare a non guardare altrove quando siamo testimoni di ingiustizia.
"Tutte le vittime sono uguali a prescindere dal colore politico - ha sottolineato il Prefetto Peg Strano Materia - l'odio non ha colore. I ragazzi che hanno aperto questa giornata hanno cantato in una lingua che è diventata simbolo di odio. Vorrei che loro, insieme con i loro insegnanti e genitori, imparassero ad amare sempre, affinché non possa mai più accadere qualcosa di simile. Ai miei tempi era molto in voga una bellissima canzone di Francesco Guccini, intitolata, appunto, Auschwitz. Ascoltatela, e fate in modo che ciascuno di voi sia quella fiamma che impedirà all'odio di proliferare ancora".
Dopo aver concluso la sua riflessione, il prefetto ha consegnato le medaglie d'onore ai deportati dei lager nazisti. gli unici a essere ancora in vita sono Carlo Taschieri, presente in aula, e Francesco Passadori, del quale il figlio Giorgio ha fatto le veci.
Ulteriori medaglie sono state consegnate alla memoria di Carlo Bariani, Dino Fagioli, Mauro Ferlini, Francesco Guarnaschelli, Teresio Maggi, Giuseppe Milanesi e Dino Montagna.
"Sono passati 70 anni e oggi siamo qui a testimoniare anche in onore di chi è mancato - ha riassunto Luigi Bozzini presidente provinciale Aned (Associazione Nazionale Ex Deportati) - Sempre più spesso la riflessione intorno alla Shoa viene sganciato dalla sua realtà ultima: non ha riguardato solo gli Ebrei, ma tutti gli esseri umani che ebbero a patire il mostro Hitleriano".
"Quel che resta di Auschwitz siamo noi: l'uomo è ciò che sopravvive all'uomo - ha concluso il presidente del consiglio comunale Antonio Sacchi, che ha visitato più volte il campo di sterminio di Auschwitz - Ricordo che, anche se non potevamo sentire l'urlo delle persone entrate dal cancello e uscite dal camino, io e i miei compagni di viaggio potevamo quasi vedere i loro volti.Siamo rimasti nel campo per molto tempo, orgogliosi di assumerci la responsabilità di parlare in vece dei superstiti, che presto giungeranno alla fine dei loro giorni".
a cura di Serena Baronchelli
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