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Peacekeeping, effetti e scenari futuri

Creato il 17 luglio 2013 da Tabulerase

Peacekeeping, effetti e scenari futuri tabule rase

peacekeeping
“Peacekeeping”, il termine in inglese che tradotto significa missione di pace, e che nel gergo militare internazionale sta a rappresentare missioni svolte dalle forze armate per riportare pace ed ordine in territori soggetti a conflitti. Dal 1855 l’Italia è stata impegnata in 225 missioni all’estero attinenti questa tipologia di azione, ad oggi ne contiamo in essere 25 con l’impiego di 9153 militari, anche se il numero è soggetto a continue oscillazioni, con i contingenti più grossi dislocati in Kosovo e Afghanistan.

Queste interposizioni attive vengono svolte sotto diverse egide dall’ONU alla NATO ad una confusa alleanza in Libia, con durate quanto mai varie, dai 50 anni del medio oriente fra Egitto, Israele, Siria e Giordania, al 1991 in Marocco al 2003 dell’Afghanista. Missioni di pace, quale significato possiamo dare a questa parola? Tralasciando il numero delle vittime civili causato che è sempre soggetto a diverse interpretazioni, quello che è certo è il numero dei caduti in Afghanistan che è arrivato alla spaventosa cifra di 53 nostri connazionali, un numero che stride fortemente con la parola tanto abusata “pace”.

E che dire delle spese connesse? A settembre dovranno essere stanziati ulteriori 300 milioni di euro per arrivare a fine anno, la missione in Afghanistan costa sugli 800 milioni annui, in tempi di tagli a scuola e sanità non si tratta di bazzecole. L’attuale ministro della difesa Mario Mauro afferma che con la Peacekeeping portata, in 10 anni sono state costruite la bellezza di 6.500 scuole portando gli iscritti da 900.000 a 6,5 milioni, cifre che se confermate, considerando l’attuale stato di degrado e abbandono dell’edilizia scolastica dello stivale, dovrebbero far sì di affidare al ministro Mauro anche la direzione dei ministeri dell’Istruzione e delle Infrastrutture, sempre che come nuove scuole non si intenda invece attaccare il cartello scuola ad una tenda o ad una stanza, fermo restando che l’istruzione è il primo tassello per formare e far evolvere qualunque società, sembra piuttosto che si voglia a tutti i costi giustificare un intervento che ha portato, a prima vista, ad un bagno di sangue ed un impatto sui conti pubblici cui non è seguita la stabilità promessa. D’altronde lo stesso ministro dovrebbe poi spiegare cosa servano i sofisticassimo e costosissimi F-35 contrattualizzati in tempi di guerra fredda, in questi scenari di Peacekeeping ed Enforcement, che sono l’attuale attività del nostro esercito assieme alle azioni di Search & Rescue per il recupero dei barconi di clandestini, diciamo che un cacciabombardiere usato per localizzare un peschereccio libico pieno di profughi sembra un discreto spreco di risorse….

Risorse, già, quante ne servono? L’ONU spende circa 8 miliardi all’anno per le missioni di pace, e, stando alle dichiarazioni dei responsabili sul campo come ad esempio il comandante Roméo Dallaire, spesso si affoga in un mare di carte e burocrazia anche solo per approvvigionare le truppe. Tali missioni dovrebbero poi essere, a logica, mirate e limitate nel tempo, quando durano anni e anni, se non decenni come abbiamo visto spesso, viene da chiedersi se il risultato sia stato conseguito. Insomma nasce il dubbio che a volte siano più funzionali a giustificare l’esistenza di un apparato militare e a dare lustro alle azioni di politica estera dei vari governi che ad una vero efficiente obbiettivo di pacificazione. Tutto questo trova poi riscontro nei sondaggi che danno, soprattutto negli ultimi anni di crisi economica e sull’onda dei cosiddetti “effetti collaterali” sui civili inermi, il consenso alle azioni di peacekeeping in forte diminuzione con punte molto forti proprio nel nostro paese. Siamo poi sicuri che non si possa andare oltre il rinunciare all’acquisto dei costosissimi F-35? Sono ben 24 gli Stati che hanno già deciso di rinunciare alle forze armate dotandosi solo di corpi di polizia, una forte dottrina di pensiero insegna che se ci si dota di un esercito è perché mentalmente si è già predisposti a valutare l’opzione della forza bruta come soluzione di un contenzioso, un cambio di pensiero non potrebbe essere di giovamento a tutta la società diminuendo l’ascendete armato e liberando risorse economiche da impiegare in modi socialmente più proficui?

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