Il continuo tintinnar di turibolo ad ogni parola di papa Bergoglio che d’altra parte non si risparmia in parabole di sapore parrocchiale, in ferventi dichiarazioni in favore dei poveri e in telefonate alle pecorelle smarrite, fa dimenticare che a fronte di questa offensiva mediatica del Vaticano non fa riscontro alcunché di concreto, sempre che non si voglia intendere come “cambiamento della Chiesa” la mutazione degli assetti interni e insomma gli affari loro.
Nell’era mediatica in cui viviamo è facile cambiare immagine o look retorico lasciando immutata la sostanza ed è proprio questo che sta avvenendo. Quando dalle buone parole si passa ai terribili fatti tutto cambia, come dimostra il silenzio di tomba che viene dal Vaticano e dal Papa di fronte alla richiesta ufficiale del Comitato per i diritti dell’infanzia dell’ Onu di estirpare la pedofilia e preoccupato dal fatto “che che la Santa Sede non abbia riconosciuto l’ampiezza dei crimini commessi, non abbia preso le necessarie misure per affrontare i casi di abusi sessuali e per proteggere i bambini, e abbia adottato politiche e pratiche che hanno portato a una continuazione degli abusi e all’impunita’ dei responsabili”.
Le vittime secondo le Nazioni Unite sono decine di migliaia e di qui la richiesta che la Santa Sede apra i propri archivi in modo che chi ha abusato dei bambini, ma anche chi ne ha coperto i crimini possa essere giudicato dalla giustizia civile. Una proposta che naturalmente mette in totale imbarazzo il Vaticano, perché la pratica di nascondere gli atti di pedofilia o i pedofili stessi per sottrarli alle autorità civili, la pretesa di giudicare questi atti solo all’interno della Chiesa stessa non era solo una pratica diffusa, ma addirittura una sorta di imperativo dottrinario che ha coinvolto le gerarchie ad ogni livello e che fu imposto a suo tempo da Ratzinger in qualità di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.
Il documento dell’Onu, dopo essere stato tacciato di essere ideologico (non si capisce però in che senso) e di non prendere in considerazione le novità nella posizione della Chiesa che restano tuttavia a livello di buone intenzioni, non ha avuto nessuna risposta concreta. Solo dopo un pò monsignor Silvano Tomasi, capo della Delegazione della Santa Sede al comitato dell’Onu per i Diritti del Fanciullo, ha fatto sapere che esso sarà sottoposto a una minuziosa indagine e ha sottolineato l’impegno della Chiesa contro questo crimine “orrendo” ipotizzando l’approvazione di Linee guida per le chiese locali. Qualcosa insomma di molto vago che prelude a un rifiuto delle richieste dell’Onu e la disponibilità a patteggiare regole più severe in cambio di una pietra tombale sul passato.
Insomma la Chiesa vuole fare penitenza con un pater aver e gloria e un mucchio di buoni propositi tuttavia insostenibili, perché la radice del problema è quello del celibato dei preti. Cioè di qualcosa che ha poco a che fare con i principi di fede, ma molto invece con una struttura di potere che si fonda proprio – per dirla in soldoni – su uno stato di separazione dalla società e della relativa connivenza difficilmente raggiungibile senza l’imposizione di una comune condizione innaturale.