Pellegrino Artusi e i Budini di semolino

Da Alessandratioli

Pellegrino Artusi e i Budini di semolino. Sulla rotta dei mercanti che solcavano il Mediterraneo, dalla Spagna agli affacci mediorientali, dal Maghreb alla nostra Sicilia, questo è


l'itinerario di diffusione del grano duro con tutti i suoi sottoprodotti: semola, semolino ecc ecc...ed i lavorati, tipici delle antiche popolazioni arabe, come il cous cous, che lega le sue origini appunto ai Paesi del Nord Africa, agli antichi Berberi, e alle  schiave  africane presso le tribù nomadi dei Tuareg che vivevano nel deserto del Sahara. Un cibo che dà energia e racchiude nelle sue molecole il segreto del buonumore, il primo a capirlo fu re Salomone che lo usò per guarirsi dalle afflizioni amorose causategli dalla regina di Saba.


657    BUDINO DI SEMOLINO  
Dosi precise:Latte, decilitri 8.Semolino, grammi 150.Zucchero, grammi 100.Uva passolina, grammi 100.Burro, grammi 20.Uova, n. 4.Rhum, 3 cucchiaiate.Sale, una presa.Odore di scorza di limone.

Alcuni aggiungono pezzetti di candito, ma il troppo condimento talvolta guasta. Dopo averlo preparato e tolto dal fuoco cuocetelo in uno stampo liscio o lavorato, unto prima col burro e spolverizzato di pangrattato. Mancando il forno comune o da campagna, i budini possono cuocersi bene anche in un fornello del focolare. Questo budino servitelo caldo.
658    BUDINO DI SEMOLINO E CONSERVE  
Latte, mezzo litro.Semolino, grammi 130.Zucchero, grammi 70.Burro, grammi 15.Uova, n. 2.Una presa di sale.Odore di scorza di limone.Diverse conserve di frutta.
Cuocete il semolino nel latte; aggiungete lo zucchero e il burro quando è bollente; l'odore e il sale quando lo ritirate dal fuoco; scocciate le uova quando è ancora caldo e mescolate ben bene. Preparate uno stampo da budino, liscio o lavorato, unto col burro e cosparso di pangrattato, e versateci a poco per volta il composto diaccio, rifiorendolo via via di conserve a pezzetti o a cucchiaini secondo che esse siano liquide o sode; però avvertite che non vadano a toccare le pareti dello stampo, perché vi si attaccherebbero, e che non siano troppo in abbondanza, ché stuccherebbero. Servitelo caldo dopo averlo cotto nel fornello.Le conserve che, a mio gusto, più si prestano per questo dolce sono quelle di lampone e di cotogne; ma possono andare anche quelle di albicocche, di ribes e di pesche.Per otto o dieci persone raddoppiate la dose.
659    BUDINO DI FARINA DI RISO 
Questo dolce nella sua semplicità è, a mio parere, di un sapore assai delicato e, benché cognito forse ad ognuno, non dispiacerà di sentirne stabilite le dosi nelle seguenti proporzioni, che io credo non abbisognino di essere né aumentate né diminuite.
Latte, litri 1.Farina di riso, grammi 200.Zucchero, grammi 120.Burro, grammi 20.Uova, n. 6.Una presa di sale.Odore di vainiglia.
Sciogliete prima la farina con la quarta parte del latte diaccio, aggiungetene un poco del caldo quando è a bollore e versatela nel resto del latte quando bolle; così impedirete che si formino bozzoli. Quando è cotta aggiungete lo zucchero, il burro e il sale; ritiratela dal fuoco e aspettate che sia tiepida per mescolarvi entro le uova e l'odore. Cuocete questo budino come l'antecedente.La composizione di questo dolce, il quale probabilmente non è di data molto antica, mi fa riflettere che le pietanze pur anche vanno soggette alla moda e come il gusto de' sensi varia seguendo il progresso e la civiltà. Ora si apprezza una cucina leggiera, delicata e di bell'apparenza e verrà forse un giorno che parecchi di questi piatti da me indicati per buoni, saranno sostituiti da altri assai migliori. I vini sdolcinati di una volta hanno lasciato libero il passo a quelli generosi ed asciutti, e l'oca cotta in forno col ripieno d'aglio e di mele cotogne, giudicato piatto squisito nel 1300, ha ceduto il posto al tacchino ingrassato in casa, ripieno di tartufi, e al cappone in galantina. In antico, nelle grandi solennità, si usava servire in tavola un pavone lesso o arrosto con tutte le sue penne, spellato prima di cuocerlo e rivestito dopo, contornato di gelatine a figure colorate con polveri minerali nocive alla salute, e pei condimenti odorosi si ricorreva al comino e al bucchero che più avanti vi dirò cos'era.Le paste dolci si mantennero in Firenze di una semplicità e rozzezza primitiva fin verso la fine del secolo XVI, nel qual tempo arrivò una compagnia di Lombardi, che si diede a fare pasticci, offelle, sfogliate ed altre paste composte d'uova, burro, latte, zucchero o miele; ma prima d'allora nelle memorie antiche sembra che siano ricordati soltanto i pasticci ripieni di carne d'asino che il Malatesta regalò agli amici nel tempo dell'assedio di Firenze quando la carestia, specialmente di companatico, era grande.Ora, tornando al bucchero, vi fu un tempo che, come ora la Francia, era la Spagna che dava il tòno alle mode, e però ad imitazione del gusto suo, al declinare del secolo XVII e al principio del XVIII, vennero in gran voga i profumi e le essenze odorose. Fra gli odori, il bucchero infanatichiva e tanto se ne estese l'uso che perfino gli speziali e i credenzieri, come si farebbe oggi della vainiglia, lo cacciavano nelle pasticche e nelle vivande. Donde si estraeva questo famoso odore e di che sapeva? Stupite in udirlo e giudicate della stravaganza dei gusti e degli uomini! Era polvere di cocci rotti e il suo profumo rassomigliava a quello che la pioggia d'estate fa esalare dal terreno riarso dal sole; odor di terra, infine, che tramandavano certi vasi detti buccheri, sottili e fragili, senza vernice, dai quali forse ha preso nome il color rosso cupo; ma i più apprezzati erano di un nero lucente. Codesti vasi furono portati in Europa dall'America meridionale la prima volta dai Portoghesi e servivano per bervi entro e per farvi bollir profumi e acque odorose, poi se ne utilizzavano i frantumi nel modo descritto.Nell'Odíssea d'Omero, traduzione d'Ippolito Pindemonte, Antinoo dice:
... Nobili Proci,Sentite un pensier mio. Di que'ventrigliDi capre, che di sangue e grasso empiutiSul fuoco stan per la futura cena,Scelga qual più vorrà chi vince, e quindiD'ogni nostro convito a parte sia.Nel Tom. 6° dell'Osservatore Fiorentino si trova la descrizione di una cena, la quale, per la sua singolarità, merita di riferirne alcuni passi:"Tra i piatti di maggior solennità si contava ancora il pavone, cotto a lesso con le penne, e la gelatina, formata e colorita a figure. Un certo senese, trattando a cena un Cortigiano di Pio II (alla metà del 1400 all'incirca) per nome Goro, fu sí mal consigliato in preparar questi due piatti, che si fece dar la baia per tutta Siena; tantopiù che non avendo potuto trovar pavoni, sostituì oche salvatiche, levato loro i piedi ed il becco."Venuti in tavola i pavoni senza becco e ordinato uno che tagliasse; il quale non essendo più pratico a simile uffizio, gran pezzo si affaticò a pelare, e non poté far sì destro, che non empiesse la sala e tutta la tavola di penne, e gli occhi e la bocca, e il naso e gli orecchi a Messer Goro e a tutti..."Levata poi questa maledizione di tavola, vennero molti arrosti pure con assai comino; non pertanto tutto si sarebbe perdonato, ma il padrone della casa, co' suoi consiglieri, per onorare più costoro, aveva ordinato un piatto di gelatina a lor modo, e vollero farvi dentro, come si fa alle volte a Firenze e altrove, l'arme del Papa, e di Messer Goro con certe divise, e tolsero orpimento, biacca, cinabro, verderame, ed altre pazzie, e fu posta innanzi a Messer Goro per festa e cosa nuova, e Messer Goro ne mangiò volentieri e tutti i suoi compagni per ristorare il gusto degli amari sapori del comino, e delle strane vivande.
"E per poco mancò poi la notte, che non distendessero le gambe alcun di loro, e massime Messer Goro ebbe assai travaglio di testa e di stomaco, e rigettò forse la piumata delle penne selvatiche. Dopo questa vivanda diabolica o pestifera vennero assai confetti, e fornissi la cena".Consigliate da La Cucina Economica

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