Magazine Cultura
“I migliori film della nostra vita”,
il nuovo libro di Augusto Porchia.
di Pasquale Allegro
Chi è Augusto Porchia? Un appassionato e romantico amante del cinema, sicuramente.Un po’ naïf pure, quel tantino che basta a vederlo magari come il vicino della porta accanto: non ha di certo l’aplomb elitario del criticone d’arte tutto foulard e merletti. È uno spirito fuori tempo, un impavido cesellatore di memorabilia; uno scellerato impiegato del 1946 incurante della bisbetica canaglia che si ostina ad albergare in lui; perché non di solo popcorn si vive la sindrome di Peter Pan, ma anche di quella magica capacità di provare stupore e meraviglia davanti ad uno schermo luminoso in vena d’illusoria realtà. E quando quel birbante scalmanato gli balbetta dentro il linguaggio trasparente dei film – si vede oltre, ma ci si specchia pure -, allora Augusto smette di tenere il broncio per tutto ciò che lo trattiene al di qua del suo avatar, e inizia a sognare.Considerare la sua storia come all'altezza di un adattamento di celluloide: questa la sua interpretazione dell’esistenza. Del resto, se in questa rassegna di film da lui pubblicata con il titolo I migliori film della nostra vita, edita da Calabria Letteraria Editrice, i prime tre della lista “I miei film del cuore” sono titoli in cui empaticamente l’autore si cala nel ruolo dei protagonisti, affiancandoli idealmente nella loro esperienza e rivivendone magari il tormento e la gioia, il dramma e la speranza, beh, allora questo vorrà pur significare qualcosa. E dirò di più: ne raccolgo l’accorata confessione direttamente dalle sue labbra in un incontro avvenuto nella sua mansarda/cineteca: “8 ½, La dolce vita di Fellini e Viale del tramonto di Wilder – mi dice entusiasta - sono in quest’ordine i tre film che più di ogni altro rappresentano la parte più immutabile dei miei sentimenti. Mi rivedo nei protagonisti. Sono ormai film magnificamente interpretati da me.” Nella sostanza, si tratta per Augusto Porchia di una personale ricerca del tempo perduto, di un tentativo di riscoprire quanto nella sua vita allora – un tempo, c’è sempre un tempo migliore - sembrava fosse vero, e poi purtroppo si è dimostrato essere soltanto apparente e ineludibile eternità: un conflitto fra la vita reale e gli effetti del tempo, per chi, dichiarando semplicemente di occuparsi semplicemente d'amore, tenta di ricomporre gli affetti, e di non invecchiare mai. Questo libro, questo vademecum di nostalgiche sensazioni in forma di pellicola, non è altro dunque che la ricerca romantica di un sentimento che non vorrebbe morire mai, che vorrebbe invece attraversare il tempo per poi trasformarsi in qualcosa di sempre nuovo ogni qualvolta lo si riconsegni alla presenza di un ingenuo spettatore. Ebbene, se così è, che male c’è? Anzi, potremmo tacciare Porchia di essere un selezionatore fedele di sensazioni, perché il cinema - come i romanzi, le poesie e i quadri - è sempre un parlare intorno alle cose; non è la vita, è una lurida/intatta messinscena, un ossimoro dunque, quanto di più vero c’è in una finzione. Dopo “137 per l'eternità, film da non dimenticare”, raccolta pubblicata nel 2001, I migliori film della nostra vita è uscito dalla sala buia, suo luogo di nascita, per regalare agli appassionati di cinema 951 ragioni per cui poter dire che il linguaggio delle immagini rimarrà sempre quello che parla dei sogni. Dal cinema muto dei fratelli Lumière datato 1895 fino alla nuova elegante favola di Woody Allen, quel Midnight in Paris tutto legato ad un passaggio di consegne tra un passato glorioso e un presente tutto da ripensare, questa rassegna di film ci regala un piacere incommensurabile nello sfogliare appunti di storia di quel cinema che tutti noi abbiamo di più caro, ognuno per proprio conto e in tutta libertà, tanta è vasta la scelta. Il tutto cesellato meticolosamente per data, per ordine alfabetico, con tanto di cast principale riportato e voti in centesimi assegnati dallo stesso autore. Questo libro è, insomma, un esaustivo controcanto ad un presente da dimenticare per un paio d’ore.Sembra quasi di assaporare gli applausi, le risate e le attenzioni del pubblico, pare quasi tra le righe di cogliere i ruoli di primo e secondo piano, vedere interpretati gli stilemi della nouvelle vague o dei film di costume; sfilare Mastroianni e De Niro quasi fossero intramontabili i loro viali oltre la pagina, Jacqueline Bisset e la Loren spernacchiate da quella stangona della Ekberg che si pavoneggia tutta in copertina. E poi ci trovi anche Marty McFly, il mitico personaggio interpetrato da Michael J. Fox in Ritorno al futuro - capolavoro del 1985, voto: 75/100 – e ci ritrovi pure l’angelo Damiel, magistralmente interpretato da Bruno Ganz ne Il cielo sopra Berlino – per chi scrive, film indiscutibilmente me-ra-vi-glio-so -; e ancora, spulciando come un farloccone perso tra gli “oh, c’è anche questo!”, ti trovi il palese che più palese non si può, tipo 2001 Odissea nello spazio di Kubrick (anche se non c’hai capito granché o non l’hai mai visto, vai sempre sul sicuro se lo citi come assoluto capolavoro) e poi ti trovi l’imprevisto, tipo Malèna di Tornatore (sopravvalutato oltremodo, a mio avviso).Insomma un interessante compendio di itinerari artistici, nonché un viaggio per immagini lungo la storia di poco più di un secolo: i costumi, gli eventi, le trasformazioni della società, i personaggi sono tutti spiattellati qua e là su pagine da operazione nostalgia. È di certo anche un gran pullulare di lacrime e sangue, se si pensa ad esempio ai titoli riguardanti la grande tragedia delle guerre mondiali o il dramma senza eguali della Shoah, ma il cinema in qualche modo ha ricoperto anche quel ruolo necessario di essere emblema e portavoce di avvenimenti moralmente inconciliabili con l’oblio, per cui raccontare ha lo scopo di tenere viva la memoria.I ricordi, dunque. Augusto Porchia infatti, dicevamo, compie con questo libro un’operazione che potremmo chiamare, senza riserve, introspettiva, perché pretende di sostare al cospetto dei suoi ricordi, di contendersi con l’infinito la parte di vita che gli compete. Chi lo conosce sa anche che questo stralcio di esistenza ha il sapore della sofferenza e dello strappo, di una felicità che è stata labile e provvisoria come un ritratto d’amore appeso alla moquette delle proprie stanze. Chi ha visitato quelle pareti occupate (non c’è spazio per dimenticare) dalle foto più importanti - foto di viaggi e di fiori, di un solo unico fiore - ha letto nei suoi film del cuore la stessa delicata e intransigente smania di sopravvivere al silenzio, al silenzio di ciò che è impietosamente reale.“È un sogno: noi tutti soffriamo dei lati provvisori dei nostri amori, e questo film ci fa appunto sognare di amori eterni”, queste le parole con cui François Truffaut commentava il suo terzo lungometraggio Jules e Jim. Queste le parole con cui penso Augusto Porchia vorrebbe suggellare la sua visione più bella e preziosa.
Titolo: I migliori film della nostra vita
Autore: Augusto Porchia
Editore: Calabria Letteraria
Data di pubblicazione e pagine: 2011, 179 p.
Prezzo: € 15,00
da "Il Lametino", 28 aprile 2012
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