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Il mago della medicina interna, ecco cosa volevo diventare. Lei mi dirà che era un’ambizione più che onorevole… No? Sì? Eh?”
“Be’, si sbaglia. In realtà, io sognavo una cosa sola… Quasi non oso dirgliela, tanto è… Da non crederci! Sognavo il mio futuro biglietto da visitai”
E’ uno di quei libri che ti frega. Ingenuamente ti chiedi “cosa mi leggo stasera?”, e allora ravani tra i testi non letti in pila sullo scaffale, vedi questo qui, piccolo, breve, la tipica lettura serale per prendere sonno – semmai ce ne fosse bisogno.
E invece ti ritrovi incollato alle pagine, ad ammirare le performance di giocoleria verbale di Pennac, che ti spara una storia assurda raccontata con arte.
La storia di un aspirante medico, di una sua nottata al pronto soccorso, di un paziente pazzo, di una ossessione per i biglietti da visita – l’unico vero motore dell’impegno medico del protagonista. Tutto raccontato in prima persona, con ritmi incalzanti. La barella che gira fra i reparti, le patologie multiple, laparotomie, elettrocardiogrammi, svuotamento delle viscere (Pennac, ma che ti sei preso una laurea in medicina per scrivere questo pamphlet?). E le ruote. Le ruote della barella oliate. L’unico, vero, sostanziale contributo del nostro aspirante dottore.
Ogni tanto mi sorprendevo a ridacchiare nel silenzio notturno perchè, chettepossino, mentre la notte avanzava non riuscivo davvero a chiudere il libro per dormire.
Ero Galvanizzato (influenza del nome del protagonista? Bho…), sovraeccitato come i ragazzini durante lo scarto dei regali la notte di Natale.
Insomma, in questo testo Pennac comunica pura energia con un format da monologo teatrale e una fantasia linguistica rare. Un libro consigliato per ogni momento, ogni situazione. Dal bagno, al letto, alla sala d’attesa, l’autobus, la biblioteca, la spiaggia.
Ma attenti: difficile chiuderlo e dire “continuo dopo“.