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Pensaci, Angelino!

Creato il 02 luglio 2011 da Casarrubea

Pensaci, Angelino!

Il nuovo segretario del PdL, Angelino Alfano

Il discorso tenuto da Angelino Alfano al Consiglio Nazionale del Popolo della Libertà (1° luglio 2011) è stato nelle intenzioni un inno alla musica e alla bontà, nei fatti un canto del cigno del Popolo della Libertà o, se si preferisce, del berlusconismo.

Un atto che si addice più agli artisti che ai politici. Specie quelli che vorrebbero apparire
innovativi e che, per farlo, si mettono a sognare.

Mentre il nuovo segretario parlava a braccio ad una fitta e variegata platea di convenuti, sempre plaudenti, ascoltavo, al contrario di quanti sentivano l’ormai labile inflessione siciliana dell’oratore siculo, il suo caratteristico russare. Bravo ragazzo, l’Angelino. Ha parlato della sua vita di siciliano, di agrigentino, di quando, poco più che ventenne, fu illuminato sulla via di Berlusconi, mentre da uomo del Sud viveva affacciato al mare africano, come Empedocle, Archimede o i grandi uomini della Magna Grecia.

Poi, preso dall’ansia di volare, ha messo le ali ai sogni di ragazzo intraprendendo  un viaggio onirico che solo i siciliani sono capaci d’improvvisare, al momento opportuno, cioè quando sono stanchi e sentono che è arrivata l’ora del loro turno, del tacitiano audens. Infatti, mentre nessuno osava, dopo che su Berlusconi e sulle sue odalische sono calati i sipari della giustizia e della storia, lui Angelino ha preso la palla al balzo e ha sferrato un bel calcio al pallone.

Questi siciliani! Siamo sempre i soliti! Così era capitato a Francesco Crispi, quando da repubblicano era diventato monarchico, o a Vittorio Emanuele Orlando, quando, prima di essere messo a tacere dal fascismo, era stato capo del governo, investendo tutto se stesso nel suo feudo elettorale, ricevendone onori e gloria.

Allo stesso modo Angelino parte da lontano e si butta in politica candidandosi – come afferma in questo suo singolare discorso di segretario nazionale del Pdl – alle provinciali del 1994 per il neonato Forza Italia, all’età di ventitré anni. Epoca di vacche grasse.
A tal punto che alle politiche di quello stesso anno il partito di Dell’Utri non ha bisogno di fare campagna elettorale e stravince con una valanga di voti.

Ma allora regnava il monarca, con le sue relazioni, le sue simpatie e i suoi denari. Oggi non è così. Angelino finge di non saperlo. Vuole vivere il suo sogno scelbiano  pensando, forse, a una seconda Repubblica rianimata dal soffio del suo spiegabile entusiasmo ma che non ha niente a che fare con il Paese reale nel quale stiamo vivendo.

Che il ministro della Giustizia (ancora per poco)  sogni, non c’è dubbio. Anche se non lo dichiara esplicitamente, pensa, come molti uomini del Pdl, di trovarsi di fronte a un semplice e veloce passaggio di consegne. Elogia i fondatori del Partito, quelli che, quand’era ragazzo, guardava alla televisione e di cui si era infatuato. Ma non si rende conto che la sua rappresentazione scenica avviene sotto l’ombra del monarca e che i suoi sogni della primavera del 1994 (altruismo, meritocrazia, solidarismo, il primato della vita e della persona sullo Stato, la famiglia, la libertà dell’educazione e chi più ne ha più ne metta), hanno già passato, nei lunghi anni di governo del centro-destra, il setaccio e la verifica delle scelte già compiute. Quelle che hanno portato l’Italia allo sfascio in cui si trova.  Altro che radicalismo della sinistra!

Ma Alfano è in buona fede.

Una spia è nello stile discorsivo e improvvisato. Il suo intervento di oltre quaranta minuti è infarcito  dal ritornello: “Credevo, presidente, che…” e giù quello che credeva e in cui crede
ancora: la grande Europa, il principio di sussidiarietà, (“la società può fare meglio dello Stato alcuni mestieri che è meglio che lo Stato non faccia”), il diritto, anche dei meno abbienti, di raggiungere i più alti gradi dello Stato, ecc., ecc. I suoi valori sono, a suo dire, opposti ai “tre radicalismi della sinistra”: etico, sociale e giudiziario. Lo comprendiamo. Per questo il giovane di Girgenti, già feudo di Cuffaro e del cuffarismo, pensa ai radicalismi. Perchè sono l’esatto opposto della radicalità cui sono stati spinti i valori etico-sociali propri della sinistra e che il PdL di Berlusconi ha ridotto ai minimi termini o, come dice lo stesso Alfano, all’anarchia.

La differenza tra PdL e Berlusconi è questa: che egli “il monarca, si è stancato di fare il monarca”, mentre i vari rappresentanti del PdL non si sono stancati di fare gli anarchici.

Ed è così, se lo dice Angelino, anche se ad alcune cosucce che afferma è difficile credere.  Ad esempio che il cuore degli italiani batte in modo innaturale a destra e non a sinistra,  e che modelli di eroismo sono personaggi come Verdini e Scaiola o quell’irascibile La Russa che, prima ancora che la Nato intervenisse, aveva inseguito il guerrafondaio Sarkò per non
essere da meno. E’ così che la destra ha messo il Paese al sicuro? E’ così che il nuovo segretario vuole attaccare i “furbetti del quartierino” e tutti quelli che in questi anni hanno lucrato sulla pelle dei lavoratori e persino sulle sciagure che hanno colpito il nostro Bel Paese?

Angelino Alfano dice che sotto il governo Berlusconi (che non è minimamente messo in discussione fino alla sua normale scadenza), si sono varate importanti leggi contro la criminalità organizzata. Ma quali sono tutte queste nuove leggi?  E quali effetti hanno prodotto? La confisca dei beni? Ma di quale mafia  parla il ministro? Di quella di Gaetano Riina e di altri semianalfabeti come lui, o di quella mafia che non risiede più nei suoi luoghi storici, essendo ormai connaturata al potere? E’ forse la mafia delle dozzine di inquisiti all’Assemblea regionale siciliana, o dei parlamentari corrotti, o è sempre la mafia di don Binnu Provenzano che ci hanno fatto vedere intento a mangiare cicoria e ricotta in un misero casolare di campagna del corleonese?

Pensaci, Angelino, perché tu che sei fino di testa e siciliano per giunta, una risposta già ce l’hai.

Giuseppe Casarrubea


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