Pubblicato da giovanniag su gennaio 8, 2012
Di Gianluca Bonazzi
Questo principio intende porre all’attenzione dei lettori una riflessione sul valore del tempo.
Riprende un principio simile che diverse volte si è sentito riportare quando si parla di multietnicità e villaggio globale: AGIRE LOCALMENTE, PENSARE GLOBALMENTE.
Questo si muove nello spazio, l’altro nel tempo.
L’incrocio di tempo e spazio porta armonia indispensabile per la vita di una persona.
Immaginarie rette perpendicolari che formano il qui e ora di antica memoria latina, il cosiddetto Carpe Diem.
Ogni tempo in un spazio e viceversa è unico, e mai più si ripeterà, per sempre.
Quanto accaduto un attimo fa nella vita di ognuno di noi non si ripeterà più.
Solo al pensarlo mi vengono i brividi.
Questa riflessione estremamente semplice, granulare, ma allo stesso tempo di grande e incommensurabile respiro cosmico, dovrebbe porci nei confronti della vita in una condizione di estremo rispetto verso i luoghi, le persone e le loro storie.
Dovremmo porci nei suoi confronti in un’ottica di vero scambio di energia con essa.
Ognuno dovrebbe essere, secondo le proprie capacità e possibilità, prima di tutto con il proprio sé più profondo, cassa armonica e di risonanza delle energie del cosmo, sapendo che per esso noi siamo niente di più che un granello di polvere.
Dalla rivoluzione industriale in poi, sempre più nella logica dell’infinita produzione, arrivando all’apoteosi materica di questi decenni, vincolati a tempi e spazi imposti dall’alto di bieche gerarchie economiche – e che quindi non seguono più armonie cosmiche –, la vita si è smarrita, dispersa; è diventata un flusso ininterrotto di immagini e rappresentazioni vuote, diafane, anemiche, slegate.
Come non pensare che l’umanità, nutrendosi di tali vuoti, si trasformerà anch’essa in involucri vuoti, in gusci senza polpa, in maschere senza anima, in una vita senza vita?
È necessario ritornare al tempo dell’anima, dove si annida ogni risposta alle domande sulla nostra esistenza, se vogliamo credere di avere un futuro che si muova sui binari della dualità.
Realtà e fantasia insieme, complementari, mai più, com’è stato finora, in contrapposizione.
Il tempo dell’anima è quello del bambino, del fanciullino che è in noi, dal momento della nostra nascita, che poi viene facilmente fagocitato nell’età adulta, per offrire bugie su di sé e avere in cambio risultati.
L’età adulta è divenuta sempre più lo spazio e il tempo della menzogna, per ricavarne un tornaconto da qualcuno e/o da qualcosa.
Si è trasformata nella corsia di un supermercato, simbolo di un mondo in compravendita e successiva rovina, per essere sostituito da un’altra compravendita.
Il tempo dell’ anima, del bambino radice del nostro essere più profondo, è custode solo di cose vere,
autentiche, materiali e spirituali insieme, intrecciati.
Il detto riportato nel titolo offre il principio necessario, prima di ogni cosa, di ritornare al pensiero, alla riflessione, alla concentrazione.
Punto di partenza essenziale per il successivo agire.
Quando si tira con l’arco e si vuole essere sicuri dell’unico approdo vincente da parte della freccia,
la persona dev’essere tutta lì: corpo, cuore e mente, a formare un trio inossidabile e concentrato nel qui ed ora.
Poi la freccia viene fatta scoccare e velocemente arriva a centrare la perfezione, segno di armonia.
Oggigiorno non c’è più riflessione e la vita è regolata, condizionata da impulsi i più disparati, come fosse una catena di montaggio.
Ritornare alla facoltà del pensare significa riprendersi il valore del tempo per risistemarsi in uno spazio che sta diventando sempre più angusto e invivibile.
È tempo che l’umano riscopra il principio dell’ascolto di sé e del mondo per scoccare la freccia di se stesso nello spazio, non ai fini di una rappresentazione, ma a quelli dell’intreccio che, unico, rende la vita veramente degna di essere vissuta.