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Pensavamo che il "sindacalismo giallo" fosse finito con Bonnanni, ed è arrivata la Furlan

Creato il 20 novembre 2014 da Tafanus

Poletti-furlan
Giuliano Poletti & Annamaria Furlan, fratelli siamesi

Pensavamo che con la dipartita di Bonanni, per anni "sindacalista giallo" di tutti i governi di centro-destra, le cose sarebbero cambiate. Avevamo sbagliato. Al posto di Bonanni è arrivata Annamaria Furlan. Al posto di Angeletti è arrivato Carmelo Barbagallo. Ai tempi di Bonanni "pizzo di ferro" e del superfluo Angeletti, la politica era stata quella si isolare la CGIL. Bei tempi, quando Angeletti&Bonanni si presentavano umilmente, di nascosto, in Via dell'Umiltà, per andare a firmare di nascosto improbabili "patti per l'Italia" (mai attuati) col pregiudicato Silvio Berlusconi.

Adesso, con l'arrivo di Barbagallo al posto di Angeletti, e della Furlan al posto di Bonanni, si sperava che le cose avrebbero potuto cambiare. In effetti sono cambiate: Barbagallo sciopera con la CGIL, la CISL di questa sosia di Poletti "non partecipa". Sciopera a parte (speriamo che siano quattro gatti), in data diversa, e solo in difesa del corporativismo del suo elettorato di riferimento: gli impiegati dello Stato, quelli nati democristiani, e destinati a morire renziani.

Guardatela bene, la foto in alto. Furlan & Poletti, se non fosse per il sesso diverso, si direbbero due fratelli siamesi. Mettete una barbetta bianca alla Furlan o un paio di occhiali rossicci a Poletti, e poi vi sfido ad indovinare chi sia luno, e chi sia l'altra. Ecco cosa scrive, del nuovo sindacalismo all'amatriciana, l'ANSA. Secondo me, vanno dalla stessa parrucchiera, Ogni tanto si guardano come "les amoureux de Peynet". Povera Italia... Tafanus

 

Sciopero: Poletti, da parte mia nessuna rottura
"Nessuna rottura da parte mia, se ci saranno le occasioni per discutere nel merito le cose lo faremo e in maniera del tutto normale". Così il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti a chi gli chiedeva un commento sugli avvenimenti di ieri al congresso Uil. Dopo la rinuncia del ministro al suo intervento al congresso della Uil ed i fischi in seguito alla sua decisione, il ministro ribadisce: "Per me non c'è nessuna frattura". A margine del convegno 'Gli attori dell'integrazione', il ministro del Lavoro ha di nuovo spiegato: "Sono andato al congresso della Uil, dove mi hanno invitato, ho ascoltato la relazione e ho valutato che a fronte di quella situazione si fosse modificata la condizione con cui era stata convenuta insieme alla Uil quel tipo di partecipazione. Niente di più".
Sciopero generale di Cgil e Uil il 12 dicembre, sciopero nazionale del solo pubblico impiego della Cisl il primo dicembre. Il fronte sindacale si rompe e si apre lo scontro diretto con il governo ed in particolare con il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. La miccia è proprio la scelta di andare allo sciopero generale, da cui si sfila la Cisl (mentre la Cgil sposta la data dal 5 dicembre inizialmente indicato al venerdì successivo), che i leader sindacali decidono di mettere in campo in un vertice a margine del XVI congresso della Uil. Lo fanno in concomitanza con l'apertura dei lavori, ai quali è invitato anche lo stesso ministro. Decisione che subito Poletti, arrivando, dice di non condividere perché "non ci sono le motivazioni".

Poi il ministro rinuncia a tornare per il suo intervento dal palco previsto nel pomeriggio, visto il "mutato contesto", lo sciopero appunto, e lo fa sapere con un messaggio che viene letto alla platea, dalla quale partono i fischi. Il botta e risposta va avanti, duro: "Ho l'impressione che in questo Governo non ci sia nessun ministro che abbia libertà di parlare", attacca il segretario generale aggiunto (che venerdì sarà eletto alla guida della Uil al posto del dimissionario Luigi Angeletti), Carmelo Barbagallo. Non si fa attendere la replica di Poletti: dopo il "rispetto" mostrato "per un'importante organizzazione dei lavoratori, mi aspetterei analogo rispetto e garbo dai suoi massimi dirigenti". Ma la polemica è anche all'interno del mondo sindacale. Il numero uno della Cgil, Susanna Camusso, ribadisce le ragioni dello sciopero generale contro il Jobs act e la legge di stabilità ma anche a sostegno del rinnovo del contratto del pubblico impiego, bloccato da sei anni. Condivise dalla Uil: "Gli scioperi costano, sono una decisione non piacevole, ma non ci hanno lasciato scelta", dice Angeletti, "vogliamo esercitare tutta la nostra forza per chiedere al governo di cambiare scelte che ci danneggiano".
Al governo, tornando ironicamente sulle parole del premier Matteo Renzi all'ultima Leopolda, dice anche che se c'è "ancora qualcuno che prova a far funzionare l'Iphone con un gettone telefonico, sarebbe altrettanto fuori dalla realtà chi si ostinasse a governare il Paese con un tweet". E chiede, quindi, di "concentrarsi di più sui problemi veri" del Paese, ancora in recessione e con "un disastro" quanto a posti di lavoro persi. E ancora di Renzi parla come "un mago degli annunci" ma con "tutti i suoi limiti nell'affrontare il presente", dice Angeletti sempre nella sua relazione. "Ci rassegniamo e aspettiamo? Non è la scelta che un sindacato può fare perché significherebbe essere parte del problema, noi invece siamo parte della soluzione", afferma Camusso, parlando dal palco tra gli applausi della platea Uil: "Arrivederci al 12 dicembre".

A loro non si unisce la Cisl: "Non ci siamo sfilati", tiene a sottolineare il segretario generale Annamaria Furlan, "noi non abbiamo mai valutato di dichiarare lo sciopero generale", invece "confermiamo lo sciopero del pubblico impiego". Che unitario, però, non sarà più: lunedì primo dicembre scenderanno in piazza tutte le categorie del pubblico impiego della Cisl (compresa scuola e sanità), quelle di Cgil e Uil invece incroceranno le braccia il 12, con lo sciopero generale confederale (che vedrà anche manifestazioni territoriali). La Cisl, nel suo esecutivo, decide anche di scendere in campo con tre manifestazioni in tre città: il 2 a Firenze, il 3 a Napoli e il 4 a Milano. L'Ugl, che aveva già proclamato la data dello sciopero generale per il 5 dicembre, sta decidendo per lo slittamento al 12. Dal mondo imprenditoriale risponde il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi: "In un momento come questo gli scioperi non risolvono nulla. Le attività produttive sono così basse che non fanno sicuramente grandi danni", è - si spinge a dire con ironia - "forse un vantaggio".

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