Dario con altri strumenti di ricerca. Ugualmente utile, ugualmente piacevole.
Dario Bressan, ricercatore in fuga.
In questi giorni su Il Fatto Quotidiano è scoppiata una polemica legata ad un articolo del blogger Andrea Cavezzali dove erano presi di mira i sedicenti comportamenti dei giovani italiani emigrati all’estero. A mio parere un articolo scritto male ed argomentato peggio. A stretto giro di posta, come si dice in questi casi, gli ha prontamente risposto Andrea D’Addio sempre su Il Fatto.
Nel mio piccolo, per stare sul pezzo, ho deciso di intervistare uno dei tanti cervelli in fuga che posso vantare di avere come amico: Dario Bressan, biologo molecolare per lavoro, chitarrista per passione, quasi trentenne per età, laureato con lode alla Normale di Pisa. Adesso è ricercatore a New York, dottorando alla Cold Spring Harbor, uno dei centri d’eccellenza per la ricerca scientifica (otto premi Nobel sono passati da lì) ed anche il posto, per sua stessa ammissione, “dove tutti vanno a letto con tutti”. Ah, qualche volta gironzola in quei laboratori pure James Watson, un simpatico vecchietto che negli anni ’50 non sapendo che fare pensò bene di scoprire il DNA insieme ad un altro vecchietto terribile, Francis Crick.
Riccardo Bartoletti: Dario, noi ci conosciamo da molto tempo ma i lettori de L’Undici forse non sanno chi tu sia. Presentati e dicci che cosa hai fatto finora.
Dario Bressan: Mi sono laureato all’Università di Pisa in Biologia Molecolare, e poi ho conseguito la specialistica in Neurobiologia alla Normale sempre di Pisa. Sono passato dal Dipartimento di Fisiologia Clinica al CNR, dove mi occupavo principalmente di mRNA. Dal 2008 sono dottorando alla Cold Spring Harbor.
Come ti sei trovato a lavorare in Italia?
Mah, nel laboratorio dove lavoravo in Italia avevo mansioni abbastanza ridotte, quindi non ho sentito troppo l’arrivare della crisi. Purtroppo la mancanza di fondi, a lungo andare, ha prodotto un deficit di tecniche, perché è impossibile tenere agganciati i protocolli alle nuove scoperte.
Ed invece come ti trovi in America?
E’ una figata stare qua! E’ molto più alto il livello medio, e poi gli americani hanno “un comportamento da cow boy” anche nella scienza, rischiano di più e si curano meno delle conseguenze. Si è più liberi di sperimentare.
Cambiamo un attimo argomento che mi sono già depresso e parliamo di New York, la Grande Mela. E’ stato da poco eletto un nuovo sindaco, Bill de Blasio, un democratico e per di più con discendenti italiani. Come ti sembra? Che ne dicono i newyorkesi?
Beh, nonostante tutto NY è una città a forte carattere democratico, quindi per loro si tratta di una sorta di ritorno alla normalità, anche se ritengo (e i newyorkesi pure) che Bloomberg abbia fatto bene. La città è una delle capitali mondiali più sicure e meno inquinate, per dire. Ai repubblicani è successo quello che accade ai politici di casa nostra: hanno perso contatto con la realtà, e questo i newyorkesi non te lo perdonano. E infatti li hanno puniti nelle urne.
E invece dello scandalo NSA che mi dici?
Anche qui nessuno scandalo, nel senso che gli americani difendono comunque l’operato del loro governo, sempre. Ed infatti lo scandalo si è subito sgonfiato, nonostante coinvolgesse pure i più importanti leader europei. L’America comunque è un territorio immenso, io ti posso dire cosa accade nel mio laboratorio dove però il 50% dei dottorandi sono stranieri che vengono dalla Cina, dall’India, dal Pakistan…
Dario Bressan in guantoni verdi. Pronto alla ricerca!
Da noi i pakistani vendono solo kebap…
Appunto, ed è questa la forza dell’America, ed insieme la sua debolezza: è un grande contenitore dove ci sta dentro di tutto, sia a livello politico che a livello scientifico.
A proposito di scienza e di attualità: ti sei fatto un’idea del metodo STAMINA?
Ne sto parlando il più male possibile con tutti. “Nature” ha pubblicato degli articoli molto pesanti contro Vannoni ed il suo metodo. E’ l’ennesimo caso in cui ci facciamo ridere dietro dal mondo intero. Non ci sono cellule staminali nei prodotti, è una truffa! Perché sono stati spesi soldi pubblici per la sperimentazione? Perché una commissione scientifica che dice “no” non viene ascoltata?
Chiaro, non t’arrabbiare. Lavoriamo piuttosto di immaginazione e cambiamo argomento: mi dici una scoperta scientifica che ti piacerebbe fare?
Sicuramente il sistema per mappare la connettività del cervello, per riuscire così a bilanciare la durata della vita. Adesso l’età media si è allungata di molto, ma la mente in molti casi non va di pari passo con il corpo. Il vero successo sarà aumentare l’età media del nostro cervello.
Ed invece una scoperta di cui abbiamo assolutamente bisogno?
La fusione nucleare funzionante, l’energia solare funzionante che risolverebbe ogni problema di riscaldamento. E poi lo spazio! Nel futuro succederà che l’uomo dovrà andarsene dalla Terra, e per quanto ci possa sembrare strano siamo solo alla preistoria del nostro sviluppo tecnologico e scientifico, sono convinto che nei prossimi decenni ne vedremo delle belle.
Ora che hai assaggiato l’America, che pensieri ci sono nel tuo futuro?
(Ride) Una volta ho visto un fumetto dove un tizio che dormiva aveva con accanto a sé una sveglia con su scritto VITA ed il bottone dello snooze con su scritto DOTTORATO. Cosa vorrei fare? Ricerca. Ma per tornare in Italia non è un buon momento. Potrei tornare in Europa, in Inghilterra, in Svizzera o in Norvegia, al famoso Karolinska Institute. Di sicuro non tornerò in Italia, ma neanche in Francia o in Spagna. In America il sistema statale non funziona come in Europa, ma funziona molto di più il mecenatismo.
Noi abbiamo Lapo Elkan che potrebbe fare il mecenate…
(Non risponde alle provocazioni)
Bene. Ed ora le tre domande di rito: hai votato alle ultime elezioni?
Sinceramente no, ho avuto di problemi con l’AIRE (Anagrafe italiani residenti all’estero, ndr) e poi non avrei saputo chi votare.
Hai mai letto un libro di Fabio Volo?
… no.
Anche se ti conosco ti chiedo: Beatles o Rolling Stones?
Sicuramente Beatles. Sono un McCartneyniano convinto, Lennon era troppo rivoluzionario.
E detto da uno che punta allo spazio… In realtà la chiacchierata con Dario è stata molto più lunga ed approfondita, ci sarebbero state un sacco di altre cose di cui parlare e con le quali scriverci un giornale intero, uno speciale tv e pure un reality su come vivono i dottorandi a Cold Spring Harbor (ma lo sapete che durante certe cene…vabbè lasciamo perdere). Di sicuro Dario non esce con soli italiani, non si lamenta per il freddo e si cucina qualcos’altro oltre ai wurstel, per tornare all’articolo di Cavezzali. E poi l’intervista gliel’ho fatta prima di Natale. E perché la pubblichiamo solo ora? Perché all’improvviso, e nel modo più sbagliato, cioè a causa di un articolo scritto male ed argomentato peggio, gli italiani in fuga sono diventati di nuovo di attualità, un po’ come i panda quando ne rimane soltanto una coppia sterile in uno sperduto zoo dell’Indocina.