Ernest Borgnine, l’attore che ha interpretato Giuseppe Navarra nel film “Il re di Poggioreale”
Giuseppe Navarra, detto ‘o rre ‘e Puceriale, il re di Poggioreale, è il personaggio di cui ci occupiamo oggi per la rubrica “Figli illustri di Napoli“, la quale ritorna dopo la pausa estiva. Peppe Navarra, figura attorniata da parecchie ombre poiché si dice fosse un guappo, arricchitosi con traffici poco chiari tra Marsiglia e il capoluogo partenopeo, ha conosciuto la popolarità negli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale, per essere stato l’artefice del ritorno a Napoli del Tesoro di San Gennaro, formato da un gran un numero di pezzi aggiuntisi l’uno all’altro attraverso i secoli. Raccogliendo i doni del popolo, il quale lo istituì al fine di ringraziare il santo per aver fermato l’epidemia di peste, e di sovrani, è il tesoro più ricco e prezioso esistente al mondo, più di quello della Regina Elisabetta II del Regno Unito e degli Zar di Russia. Tutti i vari dominatori ed occupatori di Napoli si sono sottomessi e hanno fatto donazioni al santo, perfino Napoleone Bonaparte, che in Italia fu protagonista di razzie di opere d’arte e oggetti di valore.
Con lo scoppiare del secondo conflitto armato mondiale, il Tesoro di San Gennaro fu portato in Vaticano per proteggerlo sia dalle bombe, sia dalle depredazioni, ma terminata la guerra il papato non ne voleva proprio sapere di adoperarsi per restituirlo alla città di Napoli, che è proprietaria, lo ricordo, della Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro. Le motivazioni ufficiali facevano riferimento al grande valore della collezione, e ai rischi del suo trasporto in una situazione dove, complici la povertà e la fame derivanti dalla guerra, il numero di banditi era molto elevato; nella sostanza invece, è plausibile anche la volontà di tenere nel Vaticano quei preziosi.
Napoleone Bonaparte: anche egli si sottomise a San Gennaro
Dopo i vari dinieghi alle continue richieste dell’arcivescovo Alessio Ascalesi, Peppe Navarra decise di prendere in mano la situazione e ottenne da costui due autorizzazioni scritte affinché potesse caricare il Tesoro e portarselo via. Giunto a Roma assieme al novantenne Principe Stefano Colonna di Paliano, il Re di Poggioreale lo caricò con le sue mani, letteralmente, pezzo per pezzo sui suoi mezzi e partì per Napoli, dopodiché si perse ogni sua traccia e non si ebbero notizie di lui. Tutti erano convinti che il guappo lo avesse rubato e critiche e malcontento serpeggiavano in tutta Napoli, tutte le ricerche effettuate in larghe aree del Lazio e della Campania furono inutili, finché il 5 Gennaio 1947 arrivò nella città un telegramma contenente la richiesta di informare i Napoletani che il giorno seguente il Tesoro sarebbe stato riconsegnato.
Il 6 Gennaio Peppe Navarra fece ingresso a Napoli, dopo dieci mesi, restituendo il Tesoro di San Gennaro integro ed intatto, spiegando che per evitare intoppi e rischi aveva dovuto fare un lungo giro praticando strade secondarie e poco battute. Rifiutò ogni ricompensa, anche da parte dell’arcivescovo Ascalesi, chiedendo soltanto di essere ricordato come colui che aveva riportato il Tesoro a casa, con la preghiera di poter baciare l’anello e di dare il denaro ai poveri.
Ma perché Navarra era detto “Il re di Poggioreale”? Perché una volta comprò tre sedie dorate, una per sé, la più grande, e le altre due per la moglie e il figlio, seduti sulle quali ricevevano la gente bisognosa che chiedeva aiuto, persone che spesso egli sfamava, soprattutto in tempo di guerra. Il modo preciso in cui riusce ad aiutare tutti è poco noto, è generalmente riconosciuto che derubasse l’esercito alleato, e che facesse del contrabbando, comportandosi un po’ come un Robin Hood partenopeo, che in ogni caso non aveva nulla a che vedere con la figura del camorrista moderno, violento e avido.
È questa dunque la storia d’ ‘o rre ‘e Puceriale, una storia che trova estrema attualità grazie alle questioni sorte nell’ultimo periodo circa il trasporto a Milano, per l’Expo 2015, dei Bronzi di Riace, di alcuni reperti provenienti dagli Scavi Archeologici di Pompei e, soprattutto, per quel che riguarda Napoli in senso stretto, le Sette opere di Misericordia, dipinto del Caravaggio custodito al Pio Monte della Misericordia, che il Vaticano avrebbe chiesto o vorrebbe chiedere per il proprio stand all’esposizione universale.