Il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri ha riferito alle Camere la situazione del sistema giudiziario italiano, nell’ambito dell’annuale relazione sull’amministrazione della Giustizia. Cancellieri ha definito il sistema giudiziario come un sistema “in sofferenza”, nonostante i numerosi interventi degli ultimi anni.
Il ministro ha puntato il dito ancora una volta sulla lunghezza spropositata dei procedimenti giudiziari, fornendo dati più che allarmanti: “alla data del 30 giugno 2013 si contato 5.257.693 processi pendenti in campo civile e quasi 3 milioni e mezzo in quello penale. Siamo in presenza di un fenomeno imponente di dilatazione, in termini quantitativi, ma soprattutto qualitativi, del lavoro giudiziario provocato non solo da un aumento della litigiosità nel campo civile o dell’attività criminale in campo penale, ma anche dalle trasformazioni della società.
Cancellieri ha sottolineato poi come le inefficienze della giustizia non abbiano solo ricadute sociali, ma anche e soprattutto economiche, in particolare sulla situazione del debito pubblico: “i ricorsi per il riconoscimento della responsabilità dello Stato per i ritardi in materia giudiziaria, regolati dalla legge Pinto, costituiscono larga parte del contenzioso seguito dal Ministero. Numero ed entità delle condanne rappresentano annualmente ancora una voce importante del passivo del bilancio della Giustizia, la cui eliminazione va posta come prioritario obiettivo”.
Cancellieri parla poi della questione dell’indulto, evocata di recente da Giorgio Napolitano, insistendo sul fatto che “sulla concessione dei benefici penitenziari ogni decisione è assunta dal magistrato di sorveglianza. Al Parlamento resta la responsabilità di scegliere se ricorrere a quegli strumenti straordinari evocati dal Presidente della Repubblica e che certamente ci consentirebbero di rispondere in tempi certi e celeri alle sollecitazioni del Consiglio d’Europa”.
Infine, un invito, rivolto da Cancellieri al Parlamento e alle forze politiche: “l’attuale condizione di difficoltà in cui versa il sistema giudiziario non deve far prevalere l’erronea convinzione che le cose non possano migliorare, né costituire un alibi per l’immobilismo. Tutti possiamo contribuire a far si che l’ottimismo della volontà prevalga sul pessimismo della ragione”.