Alcune persone rimangono fortemente scandalizzate dagli errori di uomini di Chiesa o di semplici cattolici, pensando che essi siano esenti dalla debolezza umana (dal peccato originale) e dalla coerenza interna tra ciò che credono e come si comportano.
In realtà sarebbe sufficiente chiedere loro se nella loro vita si sono sempre comportati onestamente e rettamente con gli altri, al di là di quello che pensano del valore dell’onestà, per capire che l’incoerenza e la debolezza è qualcosa che tutti hanno dentro. Si può e si deve dunque giudicare il male altrui, senza alcuna giustificazione, sempre consapevoli però anche della nostra incoerenza e del male generato da noi, anche se in misura minore. Ovviamente lo stesso discorso vale per uomini famosi e potenti, che di male ne hanno fatto in abbondanza, come ad esempio il dittatore argentino Videla, morto poche settimane fa e da sempre sedicente cattolico.
Su Ilsussidiario.net è uscito un interessante articolo di Horacio Morel, cattolico e avvocato al foro di Buenos Aires, che ha scritto: «La morte del dittatore, oltre al giudizio storico completo, tuttora in sospeso, interpella i cristiani cattolici. Videla si professò sempre cattolico, e lo manifestò pubblicamente, proprio come fecero tanti di coloro che egli perseguitò e fece uccidere. Inoltre (e questo è il punto) egli cercò di giustificare la sua azione politica e militare con il Vangelo, e almeno dovremmo concedergli di essere stato sincero nella sua convinzione di aver intrapreso una lotta contro Satana, allora associato o addirittura identificato con la “minaccia marxista”». Come conciliare dunque questa convinzione con i crimini atroci della dittatura?
Occorre innanzitutto capire la necessità, come disse Giovanni Paolo II fin dall’inizio del suo pontificato, che «la fede diventi cultura, cioè criterio di conoscenza e principio di azione di tutto lo sforzo umano. Una fede, anche sincera, che non diventa cultura è costantemente a rischio di trasformarsi in ideologia. Non è più il Fatto più grande di se stessi con cui confrontarsi e porre in questione tutto ciò che uno crede, pensa e fa, ma semplicemente un dispositivo argomentativo su misura per giustificare qualsiasi avventura personale o collettiva di stampo fondamentalista». E ancora: «Una fede ridotta a mera devozione, o anche semplice etica, senza uno spazio reale per il Mistero e separata dalla sicura guida storica della Chiesa − il Successore di Pietro e i Vescovi in piena comunione con lui − è alla mercé dell’interpretazione e della manipolazione».
Questo è un problema di tanti cattolici (adulti e non), non solo di Videla. Se la fede cristiana non diventa metro di paragone con tutto quello che facciamo e non viene costantemente sottomessa al magistero della Chiesa si arriva ad una religione-fai-da-te che può anche giustificare i crimini peggiori, in nome della propria fede. Infatti, come ha ricordato Papa Francesco, «è proprio la Chiesa che ci porta Cristo e che ci porta a Dio; la Chiesa è la grande famiglia dei figli di Dio», criticando coloro che dicono “Cristo sì, la Chiesa no”.
Deve comunque essere chiara una cosa: il cristiano che sbaglia, come il prete pedofilo, lo fa sempre tradendo il Vangelo. E’ su questa linea la riflessione di Vittorio Messori, che ha scritto: «ci sono pagine oscure nella storia della Chiesa ma sono dovute a cristiani che fecero cose sbagliate (o che oggi ci sembrano tali) non seguendo ma, al contrario, tradendo la loro fede». Lo stesso ha detto Benedetto XVI allargando il discorso alle colpe della Chiesa nella storia: «nella storia anche in nome della fede cristiana si è fatto ricorso alla violenza. Lo riconosciamo, pieni di vergogna. Ma è assolutamente chiaro che questo è stato un utilizzo abusivo della fede cristiana, in evidente contrasto con la sua vera natura».
La redazione