E’ripreso alla Camera il dibattito sul testamento biologico. Una legge importantissima che interessa tutti noi, viene discussa in piena estate e, a quanto pare, nel silenzio assoluto dell’informazione. Una legge crudele, che fa del male al cittadini, rischia di essere approvata dai Scilipoti decerebrati e dai cortigiani che credono a tutto.
“Meglio, cento volte meglio, nessuna legge, che questa pessima legge”.
La Camera, a maggioranza, ha già respinto le pregiudiziali di costituzionalità e la richiesta di sospensione su un testo che nega i principi di base di una Dichiarazione anticipata di fine vita.
Ora siamo al momento decisivo.
Mai un governo si era spinto a fare un uso così cinico di una materia tanto delicata, come quella che riguarda il fine vita. Una legge davvero saggia su questa materia richiede senso del limite della politica. Deve essere mite e deve tutelare due diritti: quello alla salute anche come bene comune e quello dell’autodeterminazione di ogni individuo in relazione alle cure e alle terapie alle quali accedere. Questa tutela si fonda su alcune premesse irrinunciabili.
- Il rispetto del consenso informato del paziente.
- Il riconoscimento della volontà, scritta e ripetuta nel tempo, di non essere sottoposto a forme di accanimento o a tecniche lesive delle propria dignità nel caso di uno stato vegetativo permanente e dell’incapacità irreversibile di intendere e di volere.
- La coerenza della norma con i principi sanciti nella Costituzione agli articolo 2, 3, 13 e 32, oltre che l’articolo 9 della Convenzione di Oviedo sui diritti del cittadino malato.
La nostra Carta Costituzionale difende sia chi voglia essere accompagnato con qualunque tecnica fino all’ultimo momento, sia chi maturi la convinzione di voler interrompere ogni terapia ritenuta inutile.
La Legge in discussione alla Camera nega in radice tali premesse. Sottrae alla persona la responsabilità di giudicare cosa sia compatibile con la propria dignità.
Offende il codice deontologico medico, impone sempre e comunque idratazione e nutrizione artificiali. Sequestra la libertà e la maturità del singolo.
Sono norme violente e sconosciute al resto d’Europa, indipendentemente dal colore politico dei governi.
Nessuno, soprattutto se fragile o in una condizione di solitudine, deve essere abbandonato a se stesso, nel momento della sofferenza, della cura e della morte.
Credo nell’alleanza terapeutica fra medici, famiglia e affetti, ma in quel momento indicibile di confine, l’ultima parola deve essere la “mia” o quella di un mio fiduciario.