Mi piace che certe cose si facciano solo una volta o due l'anno, come le polpette di ciliege e i dolci di cachi.
Il cibo d'inverno deve essere caldo e accogliente, quello estivo fresco e energetico.
L'ho già detto, non sono molto esperta in dolci, anche perché non sono precisa, mi diverto a creare varianti, ad andare a occhio, ma i dolci no, sono convinta che vadano fatti secondo le regole e precisi. Perciò non mi vengono belli (in genere non riesco a fare piatti veramente belli, bado più all'odore, invece), ma non è solo il motivo geometrico della precisione. In realtà a me piacciono poco i dolci e pochi dolci e i mi piacciono i dolci poco dolci.
Ok, finito lo scioglilingua :)
Dunque amo lo strudel (ma farlo bene richiede ore e abilità che io non ho), torte acidule di mele, dessert budinosi e dolci al lievito, ma NON IL CIAMBELLONE!
Odio le parole ciambellone e minestrone. Ciambellone poi mi sa di preparato in scatola e di gonfiume di lieviti in polvere.
Ma amo molto certi dolci popolari e pesi, dolci da origini contadine.
Eccone uno. Lo preparava la mia (ormai "famosa") zia Maria, quella che è morta a 104 anni e che resuscitò per mangiare i fagioli.
Bene, cucinava poche cose ma mi ha insegnato le basi basiche della cucina domestica: "pesse coto e carne crua", aglio e olio sul pesce, cipolla sulla carne... e così via.
Ecco il suo dolce, che faceva tutto a occhio: la PINZA.
Ho commentato pochi giorni fa il post di Masimiliano DeGiovanni, dove propone una "pinza" emiliana rivisitata e corretta. Ma è un'altra cosa, e credo che ogni zona d'Italia abbia la sua pinza o pinsa, dolce o salata che sia.
Questa veneta è così (almeno a Venezia, Padova e dintorni), ed è fondamentalmente un dolce fatto di farina gialla da polenta e farina bianca (00 cara Lita) in pari quantitativo, zucchero non troppo, strutto e frutta secca tipo fichi ecc. Si mangiava per l'Epifania (cuocendola nel camino) quando si "bruciava la vecchia", si accompagna bene al vino rosso e dura qualche giorno.
Eccone la ricetta.
PINZA VENETA DELL'EPIFANIAIngredienti (riconfermati da un libro sacro della cucina veneta e appena modificati)
400 gr. di farina di mais gialla
350 gr. di farina 00
250 di burro (lo strutto sarebbe meglio, ma con i vegetariani in giro...)
1/2 litro di latte (può servirne anche poco di più, attenti)
150 gr. di zucchero bianco (ma è da provare con il mascobado)
40 gr. di pinoli
30 gr. di noci (sgusciate)
40 gr. di fichi secchi (morbidi)
50 gr di datteri o pasta di datteri
30 gr di uvetta ammollata nel liquore e acqua
1 manciatina di semi di anice (non li avevo e c'ho messo mezzo bicchierino di mistrà, anice, uzo... che forse è meglio e mia zia faceva così)
1 pizzico di sale
ci sta bene un po' di buccia d'arancia ma non l'ho messa
se serve pochissima acqua
Procedimento• In una terrina buttare le due farine, mescolarle e gettare il latte bollente (in due riprese), mescolando bene, sbollentando e impastando il tutto.
• Aggiungere il burro che avrete intiepidito poco (a casa mia noi bambine eravamo sempre addette all'intiepidimento del burro, tenendo i pacchetti ben chiusi sotto le braccia, insomma alle ascelle, non storcete il naso che eravamo inodori e il burro incartato, tutt'ora ho fatto così, mentre impastavo col mestolo). Mescolare bene aggiungendo anche lo zucchero e il pizzico di sale.
• Bisogna darci dentro di mestolo, mescolate con vigore (se serve aggiungete poco latte o acqua).
• Nel frattempo si tagliare a tocchetti datteri, fichi e noci, non briciole, 1 o 2 cm per lato... le noci meno.
• Unire all'impasto la frutta secca mescolando ben bene e anche il bicchierino di liquore (se non amate l'anice potete mettere grappa).
• L'impasto deve essere cremoso, morbido ma non liquido. Semmai aggiungete pochissima farina.
• Ungere una teglia da forno (ho usato una usa e getta da 8 porzioni di lasagne) appena imburrata e leggermente infarinata.
• Mangiare tiepida o fredda, buona per qualche giorno. E io l'ho già finita!
La preparazione è molto veloce, tutto compreso credo 20', poi durante la cottura potete fermarvi a leggere, se non dovete cuocere altre cose.
Per esempio oggi m'è venuta voglia della Brétécher (ne ho parlato anche qui) e così non posso che consigliare lei, i cui Frustrati hanno seguito il mio divenire adulta, dai vent'anni in su.
Non dimenticherò mai alcune pagine, come quei protagonisti di una serie di gag dopo la morte di Franco, che volevano andare in Spagna perché finalmente avrebbero parlato con il popolo liberato. Essendo due che usavano lo zucchero integrale, detto dagli amici loro, zucchero di sinistra, non capirono il solito amico che chiedeva di passargli "el azucar de isquierda"... e sì, cara Claire, ti prego parliamo ancora di zucchero di sinistra nella zuccheriera di Senigallia (mercatino milanese)... e dunque usate zucchero bianco per questa pinza, onore alla Brétécher!