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Per Franco Marini l’articolo 18 è un falso problema
Creato il 22 dicembre 2011 da Leone_antonino @AntoniLeoneDa dove dovrebbe iniziare il governo per riformare il mercato del lavoro, allora? «Si dovrebbe integrare il percorso delle crisi aziendali e gli esuberi previsti dalla legge 223 del 1991».
Una legge che porta la sua firma... «Per fare quella legge condussi da ministro del Lavoro una difficile trattativa con i sindacati e con Confindustria e trovai un punto di equilibrio. Prima di allora la cassintegrazione aveva di fatto una durata illimitata. Io convocai Confindustria e fui chiaro: "mettiamo un tetto alla cig, introduciamo la mobilità con la quale si rescinde il rapporto di lavoro, ma voi dovete accettare le condizioni di questa legge". E la 223 in tutti questi anni ha consentito di gestire le crisi di medie e grandi aziende senza mai obiezione alcuna né dei sindacati né dei datori di lavoro. Ha funzionato bene, con il limite che si rivolge solo ad aziende con più di 15 dipendenti».
La ministra Fornero è tornata a parlare del contratto unico. «È evidente che oggi occorre una riforma che allarghi la copertura degli ammortizzatori sociali ai lavoratori senza alcuna garanzie e allenti la rigidità in uscita. In Senato il Pd ha depositato due proposte sul contratto unico: una è quella di Ichino e una porta la prima firma di Nerozzi. Io mi ritrovo molto in questa ultima che prevede una fase di ingresso nel lavoro di tre anni durante i quali il contratto può anche risolversi, ma dopo i quali scatta il tempo indeterminato e con esso l'applicazione dell'articolo 18 ai vecchi e ai nuovi contrattualizzati. E questa è la differenza tra la proposta Nerozzi e quella Ichino, che invece fa una distinzione».
Fabrizio Cicchitto, Pdl, sostiene che a chiedere di rivedere l'articolo 18 è la Ue. «Ma che vuol dire? Lo sa, visto che si prende sempre la Germania ad esempio, che lì c'è una legislazione molto simile al nostro articolo 18? In Germania il datore di lavoro può licenziare per giusta causa ma poi davanti al giudice la deve dimostrare la giusta causa, altrimenti il lavoratore viene reintegrato».
Marini però non è che bisogna andare nel Pdl per trovare i sostenitori della revisione dell'articolo 18. Anche nel Pd ce ne sono, a partire da Ichino, appunto. Dicono che non può essere un tabù. «I tabù non piacciono neanche a me ed è naturale che nel Pd su cose di questo rilievo si discuta. L'ostacolo per la ripresa non è l'articolo 18 ma la eccessiva incertezza connessa alla spaccatura del mercato del lavoro. Completiamo la 223, poniamo fine a questa irragionevole frammentazione dei contratti che è diventata uno strumento per evitare, anche quando ci sono le condizioni per farlo, l'assunzione a tempo indeterminato».
Lei in un'intervista all'Unità lo scorso agosto invocava l'unione dei sindacati, che è arrivata oggi "grazie" alla manovra. Qualcuno l'ha definito un miracolo di Monti. «I miracoli risolvono i problemi e qui mi sembra che non ci siamo ancora. Certo, vedere le tre sigle confederali muoversi insieme mi fa un grande piacere. Capisco chi parla, in polemica con il governo, di miracolo di Monti, però anche i sindacati...».
Se la prende con Cgil, Cisl e Uil?
«No, non me la prendo con loro, ma quando dicono no al contratto unico poi hanno il dovere di andare al tavolo della trattativa per dire quale è la loro proposta per superare la spaccatura del mercato del lavoro».
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