di David Incamicia
"Non possiamo capirlo; ma possiamo e dobbiamo capire da dove nasce e stare in guardia. Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario". Sono le sconvolgenti parole di Primo Levi, macigni che opprimono l'animo per quanto dirette e semplici. E sempre attuali se si pensa, specie nel nostro Paese, a come la conoscenza dei fatti quotidiani venga oggi manipolata di continuo per bieche ragioni di potere.
E' anche per questo che il "ricordo" di avvenimenti lontani, seppur drammatici, sta coll'andare del tempo divenendo sempre più un'arduo esercizio retorico, quasi meccanico, limitato al fugace atto celebrativo. Può valere per turpi avvenimenti come l'Olocausto, che testimoniano efficacemente la "catastrofe antropologica" (per citare la recente perifrasi del Card. Bagnasco) del genere a cui apparteniamo, o per importanti ricorrenze laiche della nostra storia come il 150° dell'Unità d'Italia. Se non si è in grado di "pesare" la gravità del passato come si può essere capaci di leggere e interpretare il presente?
Ho accostato volutamente due pagine in apparenza dissimili, il "Giorno della Memoria" che cade oggi e l'intero 2011 dedicato ai primi 150 anni di unità nazionale. Perchè nel sangue non ci sono solamente dolore e morte ma sopravvive e si perpetua il potere di migliorare noi stessi, di rifuggire dalla negazione della Verità per esaltare la Giustiza e la Libertà, valori risorgimentali e argini ai totalitarismi di ieri e di oggi. E allora voglio a modo mio celebrare questa giornata prendendo in prestito l'alto intervento di Renzo Gattegna, Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane:
Il 27 gennaio del 1945 furono aperti i cancelli di Auschwitz, il campo di concentramento e di sterminio costruito dai nazisti nella Polonia occupata, dove persero la vita oltre un milione di ebrei, tra cui molte migliaia di ebrei italiani.
Il Giorno della Memoria, che il 27 gennaio del 2011 celebriamo per l’undicesima volta, è stato istituito per non dimenticare la Shoah e le altre vittime dei crimini nazisti, monito affinchè quanto avvenuto non si ripeta mai più, per nessun popolo, in nessun tempo e in nessun luogo.
In Italia, la tragedia della Shoah colpì il popolo ebraico con le leggi razziali del ’38 e, successivamente, con le deportazioni, iniziate con l’occupazione nazista avvenuta dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Anche altre persone e categorie furono perseguitate dal regime, “colpevoli” di una diversità di idee, di valori, di appartenza etnica o religiosa.
Tale volontà liberticida e antidemocratica rappresentò un vero e proprio passo indietro rispetto alle conquiste e alle idee di libertà e democrazia che nel secolo precedente erano state alla base dei moti che portarono all’unità d’Italia, interruzione ventennale di un processo di ritrovata dignità e piena integrazione per gli ebrei italiani, il cui filo venne ripreso subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale.
L’Italia unita aveva significato per la minoranza ebraica l’emancipazione, la chiusura dei ghetti, l’agognata raggiunta parità con gli altri cittadini dopo secoli di emarginazione. Una libertà e una uguaglianza che appunto il fascismo negò solo pochi decenni dopo, nel 1938, con l’emanazione delle leggi razziali, funesto presagio di quanto avverrà, tragicamente, in seguito.
Il 17 marzo del 2011 ricorreranno i 150 anni dalla proclamazione dell’Unità. Una data che ci sta molto a cuore anche perché a quel processo storico gli ebrei presero parte con forza, convinzione e passione.
In oltre due millenni di presenza nella penisola gli ebrei, quando è stato loro permesso, hanno preso parte alla vita e alla storia del Paese, con un ruolo rilevante nelle sue evoluzioni politiche, sociali, culturali. Nel caso del Risorgimento, l’adesione degli ebrei italiani fu generalizzata: vi parteciparono dall’attività cospirativa mazziniana sino alla presa di Roma. Il 20 settembre 1870 fu proprio un ufficiale ebreo piemontese a dare l’ordine di aprire il fuoco. Come ha detto la storica dell’Università La Sapienza di Roma Anna Foa, nella prolusione pronunciata poche settimane fa di fronte al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione del VI Congresso dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, l’emancipazione degli ebrei fu “un momento qualificante della costruzione del nuovo Stato italiano, e lungi dal rappresentarne una sorta di conseguenza marginale, ne segnò profondamente il percorso, divenendone, con il connesso principio della tolleranza di tutti i culti religiosi e poi con quello dell’uguaglianza dei culti di fronte alla legge, uno dei pilastri basilari.” Esiste, continua la Foa, “un’intima assonanza culturale ed ideale fra ebrei ed unità d’Italia.”
A centocinquant’anni di distanza, i valori sui quali si fonda il nostro Paese, positivi da un punto di vista ebraico, rimangono validi e attuali. Basi solide in grado di garantire i diritti dei singoli, specie nelle società sempre più aperte e multiculturali che si vanno formando.
Crediamo che le radici dello Stato italiano siano profonde e nobili. Non è retorico ricordarle nel Giorno della Memoria, accanto alla occasioni di celebrazione, all’omaggio ai testimoni che ancora sono con noi e al doveroso ricordo dei Giusti: perché le ideologie totalitarie che perpetrarono la Shoah e gli altri crimini contro l’umanità durante la seconda guerra mondiale erano agli antipodi delle idee di libertà degli individui e democrazia che portarono all’Italia unita.
Oggi viviamo tempi difficili e sciagurati, dominati dalla propaganda e dalla finzione a tutti i livelli. Tempi nei quali chi si ostina ad esaltare imperituri principi, viene additato al pubblico ludibrio come demagogo e conservatore. Mentre chi trasforma arbitrariamente (e sovente illecitamente) l'evidenza, soggiogandola al proprio tornaconto, riesce ad affermarsi in larghi strati della società come "campione del liberalismo" o, nella peggiore delle ipotesi, come vittima del sistema.
Io non mi piego a questa deriva assai pericolosa e subdola e continuo a schierarmi dalla parte delle vere vittime e della ragionevolezza, anche a costo dell'emarginazione civile. Affinchè i martiri della storia, dopo il sacrificio, non subiscano pure l'oblio... Viva la Libertà, viva la Giustizia, viva l'Italia!
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