Il resto non conta, oggi preghiamo per la pace. Non perché cessino le ostilità – sarebbe solo tregua, quella – ma proprio per la pace: perché ai già tantissimi morti, in Siria, non se ne aggiungano altri; perché l’umanità che unisce prevalga sulla follia che divide. Perché ciò che di brutto e orribile è purtroppo stato, non oscuri la luce che già oggi può tornare che tutto il domani può illuminare: di speranza no, ma di sangue ne già abbiamo visto abbastanza. Il fatto poi che tutti abbiano – e che tutti abbiamo – delle colpe, non impedisca di vedere che a ciascuno può ancora arrivare il perdono.
Oggi quindi preghiamo per la pace. Ce lo chiedono Papa Francesco, i bambini della Siria e di tutti quei Paesi martoriati dalla guerra. Ma soprattutto ce lo chiede il buon senso, che ci dice quando tutto sembra perduto, in realtà, Dio c’è ancora. E con Lui la possibilità dell’Amore, di un appello lanciato come preghiera e che torna come carezza, che parte col timore che non ci sia più tempo e porta la certezza che non è mai troppo tardi. Dunque il resto, oggi, proprio non conta, perché preghiamo per la pace. Davanti al rischio di un nuovo conflitto, non basta infatti sperare che non ne inizino altri. Il male minore, cioè, non basta più: ci vuole il Bene. Per questo, chiediamo pace. In silenzio e, se serve, ad alta voce.