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RECENSIONE FILM “12 ANNI SCHIAVO”(12 YEARS A SLAVE) 20 febbraio 2014-
Terzo film di Steve Mc Queen questo “12 anni schiavo”, presentato con successo lo scorso settembre al Festival di Toronto e a natale scorso sull’isola azzurra nella manifestazione di cinema e cultura “CAPRI, HOLLYWOOD” riscuotendo successo e diventando motivo di dibattito e controverse opinioni. Un film crudo, cupo, selvaggio, un film che non si fa dimenticare, nulla aggiunge a ciò che già si è visto e detto sulla schiavitù e forse in maniera più incisiva (vedi DJANGO UNCHANED), ma comunque un film che fa discutere e che impressiona nonostante non vi siano particolari acuti, a prescindere è un bel film, non facile da guardare come tutti i film di Mc Queen regista e autore trai più quotati attualmente nel mondo, e i suoi film sono sempre un qualcosa di straziante e controverso, vedi HUNGER e SHAME. Adattamento del romanzo omonimo e biografico del vero SOLOMON NORTHOP che non è riuscito nella sua battaglia legale sostenuta e persa contro gli uomini che lo hanno rapito e fatto schiavo, non è riuscito a far valere i suoi diritti senza nessun riconoscimento. E’ la storia appunto di Solomon Northop, cittadino afroamericano, nato libero che nel 1841 preso con l’inganno attraverso un lavoro da fare a Washinghton, viene rapito e portato in una piantagione approfittando della diversità di legislazione in tema di schiavitù tra i vari stati americani dell’epoca. Questo incubo dura appunto 12 anni dal 1841 al 1853; 12 anni di sottomissione e violenze fisiche e psicologiche con la speranza sempre nel cuore di tornare libero. Un cast eccelso rendono il tutto veritiero, con il protagonista Chiwetel Ejiofor veramente molto bravo; il regista descrive l’inferno di Solomon in maniera nitida, lo schiavo privato di tutto, anche e soprattutto della parola passa di mano in mano, il mercante che lo vende, un incisivo Paul Giamatti, il primo proprietario, per l’epoca un illuminato pastore protestante, il bravo Benedict CUmberbatch; il secondo proprietario, il terribile ubriacone Michael Fassbender, violento e depravato, il quale prova e sfoga tutte le sue voglie sulla giovanissima schiava Patty, una eccellente Lupita Nyong; la sceneggiatura fa il suo, una eccellente sceneggiatura di John Ridley che mette la sua impronta e nasconde alcune sbavature del film; alla fine Solomon conosce un architetto, Brad Pitt, venuto a costruire una capanna nel parco del suo padrone, lo sente parlare di libertà per gli schiavi, un attivista antischiavismo, e decide di parlargli; dopo poco lui sarà libero. Un film corposo, ben girato, a volte da la sensazione di essere distaccato, un po’ freddo, come se il regista non affondi volutamente mai il colpo, un po’ ossequioso magari verso il pubblico. Comunque un bellissimo film anche se forse rimane una meravigliosa incompiuta.
DANIELA MEROLA